Le
relazioni tra ebrei e cattolici
"Dopo
la Dichiarazione Nostra aetate
del Concilio Vaticano II, scrive Giovanni Paolo II, sono stati fatti
molti progressi - ed io ne gioisco - in favore di una migliore
reciproca comprensione e di una riconciliazione tra le nostre due
comunità."
La lettera di Giovanni Paolo II è stata letta, il 18 gennaio 2002,
dall'arcivescovo di Parigi, Il Cardinale Jean Marie Lustiger,
davanti ai 1.500 partecipanti al colloquio sui rapporti
Ebraico-Cattolici. "Un testo simile, vi dichiara il Papa,
costituisce un punto di partenza, una base e ed una bussola per le
relazioni future.
Dopo
i dolorosi avvenimenti che hanno segnato la storia dell'Europa,
specialmente nel corso del XX secolo, bisogna dare un nuovo slancio
alle nostre relazioni, affinché la tradizione religiosa, che ha
ispirato la cultura e la vita del Continente, continui a far parte
della sua anima, permettendole così di mettersi al servizio della
crescita di tutto l'uomo e di ogni uomo".
... "Per mezzo delle loro rispettive identità, gli Ebrei e i
Cristiani sono legati gli uni agli altri e devono perseguire la
cultura del dialogo come l'ha elaborata il filosofo Martin Buber.
È
nostro compito trasmettere alle nuove generazioni le nostre comuni
ricchezze e valori, affinché mai più l'uomo disprezzi il suo
fratello nell'umanità e siano mai più portati guerre o conflitti
in nome di una ideologia che disprezza una cultura o una religione;
al contrario, le differenti tradizioni religiose sono chiamate a
mettere al servizio di tutti il loro patrimonio, in vista di
edificare insieme la casa comune europea, unita nella giustizia, nella
pace, nell'equità e nella solidarietà. Allora comincerà a
realizzarsi la parola di Dio data attraverso il profeta (cf. Is 11,
6-9)".
Nel
suo discorso di apertura dell'incontro di Parigi, Henri Hajdenberg
aveva qualificato Giovanni Paolo II come "Papa della
riconciliazione" tra Ebrei e Cattolici, dopo la "prima
rivoluzione dottrinale" costituita dal Vaticano II ...
"Giovanni Paolo II avrà compreso la dimensione dei due
maggiore avvenimenti per il popolo ebraico nel cuore del XX secolo,
la Shoah e la rinascita dello Stato di Israele."
"Siamo arrivati ad un momento storico in cui un vero dialogo
interrotto dopo due millenni può cominciare di nuovo", da
dichiarato da parte sua il cardinale Jean Marie Lustiger.
L'arcivescovo di Parigi ha augurato che Ebrei e Cristiani non si
contentino di "regolare contenziosi che rinascono
incessantemente" ma "discutano in modo nuovo" di
questioni teologiche quali "il peccato, il male, la sofferenza,
l'elezione e la redenzione".
Il gran rabbino di Francia Samuel-René Sirat, che partecipa, il 24
gennaio alla Giornata di preghiera per la Pace ad Assisi, ha
lanciato un appello alla comunità ebraica perché essa scelga
"l'opportunità storica" di questo dialogo. "Non è
più il momento, egli dice, di chiudere con il catenaccio le porte
del ghetto intellettuale e spirituale nel quale alcuni vorrebbero
farci vivere".
Dal versante dei partecipanti ebrei, dal primo giorno, la sera del
28 gennaio, si è fatta sentire una differenza di tono tra il Gran
rabbino René Samuel Sirat, vice presidente della Conferenza europea
dei rabbini, molto ammirato dell'opera di Giovanni Paolo II, e
Michel Friedman, vice presidente del Congresso Ebraico
Europeo.
Per
quest'ultimo, "le più lunghe radici dell'antisemitismo si
trovano in quel che è stata la Chiesa ufficiale in Europa durante
centinaia d'anni". "I tedeschi che hanno ucciso gli ebrei,
ha affermato, erano cristiani ed esseri umani, i collaborazionisti
francesi che hanno ucciso gli ebrei erano anch'essi cristiani ed
esseri umani".
Egli ha quindi chiesto alla Chiesa cattolica di aprire i suoi
archivi sul periodo 1933-45, "per conoscere la verità".
"Ciò è necessario, egli ha spiegato, per un dialogo onesto e
franco nel rispetto dell'uguaglianza". È il problema
dell'apertura di tutti gli archivi della Santa Sede su questo
periodo che è stato, tra l'altro, all'origine dell'arrestarsi dei
lavori della Commissione mista di ricerca sulla Seconda guerra
mondiale, il 24 luglio 2001.
Riportiamo questa parole di Samuel Sirat, che afferma di non essere
sul punto di "convertirsi al cattolicesimo come il Gran rabbino
di Roma nel 1945" ma di voler semplicemente
"interpellare" la sua comunità e chiederle: "ascolta
la voce dell'amicizia".
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[Fonte:
Notiziario del 31.1.2002, infocatho.cef.fr - Traduzione
dall'originale francese della Redazione LnR]
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