La radice, la strada
Gli appunti sintetici del dialogo tra Charles Sheer, rabbino della
Columbia University, e un gruppo di responsabili di Comunione e
Liberazione in Nordamerica, occasione di approfondimento della
coscienza della nostra storia
a cura di Maurizio Maniscalco
All'inizio di
gennaio 1999 si è svolta a Riverdale, New York, l'assemblea dei
responsabili di Cl in Nordamerica. Il 3 gennaio era presente anche
il rabbino della Columbia University, Charles Sheer. Con lui è nato
un dialogo a partire dall'intervento di don Giussani comparso su la
Repubblica del giorno prima («Noi siamo degli ebrei») e da The
Religious Sense (l'edizione inglese del primo volume del
PerCorso), che Sheer aveva letto in occasione della presentazione
del libro alla Columbia University. Ecco gli appunti sintetici di
quel dialogo
Charles
Sheer:
Il mondo in cui viviamo è totalmente secolarizzato. Dio, inteso
come guida per la singola persona, è molto lontano dalla nostra
cultura. L'altro giorno guardavo la televisione alle nove di
mattina: quello che si vede sono immagini di famiglia non come
qualcosa di sacro, ma come qualcosa che soddisfa pulsioni sessuali
senza ideali più alti. Abbiamo una battaglia molto dura da
combattere insieme. Cristiani ed ebrei hanno davanti a sé una
battaglia comune per una società dall'orizzonte più ampio.
In che modo si incontrano fede e ragione? Abbiamo molto lavoro in
comune da fare.
Spiritualmente voi siete ebrei, in larga misura. Se diciamo che Dio
protegge e guida le nostre vite, non sono imbarazzato nel dire che
spiritualmente voi siete ebrei. Tuttavia il linguaggio usato in
quell'articolo (de la Repubblica; ndr), il concetto di
Mistero, di Eucarestia, dell'Uno e Trino che vi guida, la capacità
di vedere questo come qualcosa da seguire è difficile per me e mi
mette a disagio. Quei concetti non hanno familiarità con la mia
esperienza religiosa, sono assolutamente estranei alla comunità
ebraica e sono un ordine del giorno scomodo.
Nella presentazione del nuovo libro (At the Origin of the
Christian Claim; ndr) voi non slegate il secondo volume
dal primo. Si possono presentare Gesù e gli Apostoli come modelli,
come una sfida a vivere un vita di valori ed etica: se presentate il
libro come una risposta a un qualche bisogno di salvezza, di
purificazione, di perdono dei peccati, questo non è veramente in
linea con i nostri interessi. Se foste stati alla mia tavola durante
lo Shabbat, avreste visto che queste non sono le cose di cui
parliamo. La parola pshat ("senso" in ebraico; ndr)
significa sciogliere i nodi, dipanare la matassa, è come quando
peli una cipolla, quando togli ogni suo strato per arrivare al
significato letterale, senza interpretazione. Drash (midrash
= interpretazione delle Scritture; ndr) è quando all'interno del
testo identifico certe idee. Possiamo discutere a livello di pshat.
Dove ci troveremo in disaccordo è sul drash. Leggendo Isaia, noi
non vi vediamo l'idea di Gesù. Non vi vediamo modelli di Cristo,
non vediamo alcuna significazione di Cristo nella storia del
sacrificio di Isacco o nella storia di Giacobbe in Egitto. Non
abbiamo lo stesso concetto di Messia che avete voi. È un termine
complicato. Noi non condividiamo l'interpretazione cristiana.
Possiamo trovarci d'accordo sullo pshat, ma saremo in
disaccordo sul drash.
Lorenzo Albacete:
Abbiamo il diritto di dare la nostra interpretazione al riguardo? È
offeso?
Sheer: Sarei
offeso, se non fosse che anche gli ebrei lo fanno. Per esempio, la
letteratura della midrash. L'atteggiamento prevalente alla
Columbia University è che tutto è relativo. Dovete tenerlo
presente, specialmente se volete presentare là il secondo libro di
don Giussani.
Albacete:
Quanto il Giudaismo moderno si riconosce come un prodotto, non tanto
di esseri umani, ma dell'azione di Dio, cioè della rivelazione?
Sheer: Mia
moglie contesta sempre la mia idea di rivelazione. La fede nella
rivelazione è cruciale nella nostra tradizione, come la comunità
sviluppa la sua religione. Io vengo da una tradizione ebraica di
rabbini da generazioni, e credo che vi sia un nocciolo centrale che
è stato rivelato.
Albacete: Io
intendevo la rivelazione come intervento di Dio nella storia,
appunto, nell'esistenza del popolo ebraico.
Sheer: Prima
ancora di consegnare i Dieci Comandamenti, nel libro dell'Esodo
(19,3) Dio parla a Mosè degli Ebrei che diventeranno un regno di
sacerdoti. «Voi sarete per me un tesoro unico sulla terra».
"Patto" è la parola più importante. Significa
chiaramente che ci sarà un regno di sacerdoti, una nazione santa.
Ci sono due modi per interpretare questo. Il primo: "scelto per
essere superiore, sopra"; il secondo: la nazione ebraica è
stata scelta esclusivamente per il servizio santo di Dio. Il patto
è una strada a due sensi. La legge è una rivelazione e allora
tutti la accettano. Prima dell'entrata nella Terra Promessa, c'è un
secondo patto, il patto Levitico, che include tutte le leggi.
Cristianesimo e Islamismo sono le nostre figlie.
Albacete:
Nella storia del popolo ebraico come si esprime il concetto di
redenzione?
Sheer:
Certamente c'è un concetto di redenzione e di sacrificio. I profeti
hanno un concetto di redenzione. I sacrifici per il popolo ebraico
furono un modo di cercare la redenzione. L'animale è sull'altare.
Giace lì al posto mio. Date un'occhiata al commento del Levitico
sulla Bibbia di Archer (riformata; ndr). La venuta di Gesù
è per salvare l'uomo dal peccato. Gli ebrei vedono la presenza di
Dio come parte di un patto. Dio come Redentore non fa parte della
concezione ebraica. La rivelazione è la rivelazione di Dio sul
Sinai come compagno. Il popolo rompe il patto. I profeti ti
ricordano che il rapporto con Dio è un patto. A noi sembra che una
certa parte della comunità ebraica pensasse: «Rompiamo il patto in
continuazione. Abbiamo bisogno di un accomodamento». "Dio come
redentore" sembra essere una risposta al fatto che non
riusciamo a mantenere il patto. Mentre noi, quando rompiamo il
patto, diciamo: okay, proveremo ancora domani.
Albacete:
Nel romanzo di Philip Roth La controvita, Zuckerman dice:
«Ma tra me e la devozione alla Chiesa vi è un mondo di sentimento
inconciliabile, una naturale e profonda incompatibilità. Io provo
le emozioni di una spia nel campo nemico e sento che sto
sorvegliando proprio i riti che incarnano l'ideologia che è stata
responsabile di persecuzione e maltrattamento degli ebrei».
Quant'è tipica questa reazione?
Sheer: Il
ruolo della Cristianità nel rendere possibile l'Olocausto è
complesso. Ci sono diversi libri (Parks, Hay) sull'argomento. Io non
sono uno specialista. Nei miei anni di liceo e università le teorie
suggerivano che esistevano alcuni concetti nel Cristianesimo che
hanno portato all'Olocausto. Gli ebrei erano diversi, reietti, non
da distruggere, ma un esempio della divina punizione per i non
credenti, da chiudere nei ghetti, marchiati, considerati sporchi,
puzzolenti. Si diceva che il sangue dei bambini uccisi dagli ebrei
formasse macchie sull'Eucarestia. Queste si chiamavano infamie di
sangue, specialmente nel Medio Evo, e portarono al concetto che gli
ebrei sono esseri inferiori. Ma i dignitari ecclesiastici, i papi
delle Crociate e i vescovi spesso salvarono gli ebrei intervenendo e
utilizzando le loro cattedrali per proteggerli dal basso clero e dal
popolo. Supporre che ciò (le credenze medioevali) sia confluito
nell'ideologia nazista porta a deduzioni che non intendo
approfondire.
Non si può formulare una tesi coerente su ciò che accadde nelle
varie comunità per quanto riguarda gli ebrei durante la Seconda
Guerra Mondiale.
Chiaramente la Cristianità ebbe un ruolo nei preparativi di alcuni
degli eventi che si verificarono durante l'Olocausto. Ma dire che il
Cristianesimo ne è responsabile richiede una serie di passi che non
ho intenzione di fare. Molti tra le SS erano Luterani battezzati. È
sorprendente come persone che venivano dallo stesso ambiente si
comportassero in modo diverso. In Danimarca salvarono l'intera
comunità danese trasferendola in Svezia via mare. Anche la
comunità italiana salvò molti ebrei. Gli ebrei furono accolti nei
monasteri. Quando studiavo alla scuola rabbinica vivevo con una
famiglia il cui padre aveva trovato rifugio in un monastero in
Italia. Gli davano cibo kosher e gli permettevano di dire le
sue preghiere e di osservare i giorni sacri. Che cosa ha favorito
quella differenza di comportamento? Mia moglie è nata in un campo
di concentramento. Molti della sua famiglia morirono. Io sono un
ebreo americano di terza generazione. Tutta la mia famiglia si
salvò, eccetto un cugino. Qualcuno, nella famiglia di mia moglie,
sarebbe molto colpito dal sapere che io sono qui, ma io mi sento
molto a mio agio a parlare davanti a un gruppo di cristiani. Parlare
di questo, per loro, è molto doloroso.
Albacete:
Molti cristiani si sono detti sorpresi della critica da parte degli
ebrei di alcune espressioni della nostra fede; per esempio, la
dichiarazione di "scuse" del Vaticano, la canonizzazione
di Edith Stein, e quella del cardinale Stepinac, il convento e le
croci ad Auschwitz. Qual è la sua reazione a questi eventi?
Sheer: Per
quanto riguarda la questione di Edith Stein, io sono con voi,
perché se qualcuno decide di essere cattolico, è unicamente una
sua scelta. Quanto alle "scuse", ce ne sono state diverse,
la prima nel 1975. È necessario leggerle una per una per capirne il
significato, ma questo non è il mio campo. Sempre, quando si ha a
che fare con un comitato, ci sono quattro versioni e non si ottiene
mai la versione che soddisfa le richieste di tutti. Per quanto
riguarda le croci ad Auschwitz, sembra che qualcuno si sia
appropriato del nostro dolore. Certamente voi desiderate ricordare i
molti cristiani che sono stati uccisi dai nazisti, perché hanno
salvato degli ebrei o per la loro fede. Tuttavia io non posso fare a
meno di sentirmi a disagio, perché Auschwitz ha un significato
particolare per gli ebrei; si ha la sensazione che abbiate forzato
la mano.
Debbie: Qual
è l'origine della vostra esperienza di popolo, di una comunità
unita dove tutti si aiutano?
Sheer: Lo
studio di buone famiglie cattoliche italiane!
Teresa:
Recentemente ho letto la storia dei Maccabei, che combattevano per
il loro tempio. Qual è il significato della dimora di Dio per voi,
il tempio?
Sheer: Prima
di tutto vi è differenza tra il tempio e la sinagoga. Io sono un
ebreo ortodosso e per me il tempio è quello di Gerusalemme. Ma gli
ebrei liberali chiamano la sinagoga "tempio". Devo
spiegare la vicenda dei Maccabei. Nel mondo moderno la religione non
è parte della nostra identità. Nel mondo antico le cose non erano
così; non c'era dicotomia tra secolare e religioso. Solo nei tempi
moderni si è sviluppata una separazione. I Maccabei si ribellarono
non soltanto per avere la loro sinagoga, ma anche per proteggere la
loro intera eredità culturale, perché gli ebrei potessero
continuare a essere ebrei. Combattevano per poter essere religiosi,
non per la loro libertà religiosa di credere o meno, come nella
Rivoluzione Americana. Non era una questione di libertà
dall'oppressione, o di libertà di scegliere ciò che volevano fare.
C'è una libertà positiva nello scegliere ciò che vuoi, e c'è una
libertà dall'oppressione. I Maccabei non sono i precursori della
Rivoluzione Americana. L'idea di libertà religiosa è differente. I
Maccabei lottavano perché gli ebrei potessero essere ebrei.
Dio risiede nel tempio? Della preghiera di dedicazione nel Secondo
libro dei Re, vi sono diverse interpretazioni. Qualcuno cerca di
rivederne il testo, ma io non mi sento di tagliare nulla. In quel
passaggio c'è una descrizione del tempio come santuario di Dio.
Quando vado al Muro del pianto - che era in realtà un muro di
sostegno, e non parte del tempio, che è sul sito della moschea - ho
la percezione della presenza di Dio. Ho la stessa esperienza
religiosa, la sensazione della presenza di Dio simile a quella
descritta ne Il senso religioso. Ma ci sono differenze nel
nostro concetto di Mistero.
Joe:
Mi ha molto colpito quello che ha detto circa gli ebrei come il
popolo di Dio e a riguardo del patto che esso ha con Dio. Coloro che
non sono di origine ebraica, sono destinati a unirsi al vostro
patto, oppure come potrebbero vivere?
Sheer: Guarda
i comandamenti di Noè. I rabbini lottarono sul concetto del perché
esistessero gli altri popoli. La Bibbia non inizia con l'Alleanza,
ma con il libro della Genesi. Dio può stringere patti con molte
genti diverse. Forse che Dio dice qualcosa circa le altre genti?
Secondo la drash, i rabbini elaborarono sette comandamenti
per i non ebrei. L'unico in forma scritta è nel Libro della Genesi (9),
ed è il comandamento di non uccidere. I rabbini identificarono
anche i seguenti comandamenti: non commettere adulterio, credere,
non essere blasfemi, onorare i genitori, avere tribunali, non
adorare divinità pagane (per quanto si possa definire l'adorazione
pagana).
Il codice di Noè è per tutta l'umanità. Ci sono paralleli ovvi
con i Dieci Comandamenti e con il primo patto. Ma il secondo patto
sul Monte Sinai fu con i soli ebrei.
Chris:
Sono un insegnate di scuola superiore. Il popolo ebraico sembra aver
mantenuto un'identità negli Stati Uniti, a differenza dei
cristiani. Come fanno gli ebrei a preservare la propria identità di
popolo?
Sheer: Prima
di tutto, sono contento di sentire quanto dice, sebbene io veda
ebrei contrarre matrimoni con persone di altre religioni e
assimilarsi. Quello che lei dice è proprio ciò che sto cercando di
fare alla Columbia University, dove la maggior parte degli studenti
sembra desiderare solamente di essere uno o una "della"
Columbia University, invece che un ebreo o una ebrea. Uno dei motivi
per cui abbiamo preservato la nostra identità è perché noi siamo
una cultura completa e un'eredità, e non semplicemente una
religione. Se io mi convertissi al cattolicesimo, dovrei studiare il
catechismo e parlare con un prete. Io partecipo a una comunità di
fede, ma osservare i Dieci Comandamenti non è essere ebreo. Gli
ebrei sono un popolo con una cultura. Coloro che si convertono
all'ebraismo diventano figli di Abramo e Sara. Il giorno dello Shabbat
io faccio molte cose che molte persone non sono disposte a fare: non
ricevere telefonate né usare l'elettricità, andare alla sinagoga,
fare una passeggiata e godere della natura. Stranamente, un ebreo
può mangiare prosciutto durante lo Yom Kippur ed essere
ancora ebreo. Per gli ortodossi, si diventa ebrei al momento del
parto, perché quello è il momento preciso nella storia
testimoniato dall'intera comunità. I riformisti credono che ci sia
una discendenza da parte di padre, ma per gli ortodossi questo non
è testimoniato dalla comunità. Tuttavia anche noi ci stiamo
americanizzando. Essere ebreo significa avere una famiglia e una
continuità storica. Anche gli italiani e gli irlandesi hanno forti
legami con le loro famiglie. Inoltre gli ebrei sono abituati a
vivere nelle avversità e nella persecuzione. Quando vedo un
cristiano portare la sua croce sono felice, perché in questo modo
testimonia che tiene alle tradizioni. Ho degli studenti ebrei
ortodossi che sono orgogliosi di indossare il loro yarmulk
in classe e in pubblico, perché questo è ciò che sono. Questo è
il motivo per cui il Dalai Lama sta corteggiando gli ebrei, perché
anche i tibetani sono un popolo perseguitato.
Albacete: Per
finire, desidero ricordare l'articolo di don Giussani su la Repubblica:
«La nostra non è presunzione, bensì uno stupefatto paragone, per
cui a noi poveri uomini comuni il Mistero di quella persona si è
comunicato, sì che guardando la storia come ha raggiunto noi in
paragone con la storia degli ebrei, saremmo più felici di chiedere
ai nostri fratelli ebrei di perdonarci la nostra certezza, mentre ad
essi è riservato ancora di portare pondus diei et aestus (cioè
tutto il peso della storia) nella vita».
(Traduzione a cura di Marta
Fornasier)
Fonte: "Tracce"/Febbraio
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