"Nella
relazione interpersonale non si tratta di pensare insieme
all'altro, bensì di essere di fronte. La vera unione o il
vero insieme, non è un insieme di sintesi ma un insieme
di faccia a faccia."
E. Levinas: Etica e Infinito Città Nuova 1984 |
Nell'analizzare il cammino
compiuto in questi 50 anni dobbiamo tenere presente quante
difficoltà, quante impostazioni soprattutto teologiche la Chiesa
ha dovuto e deve superare per rendere possibile una nuova
rispettosa relazione con gli Ebrei; e da parte ebraica quanti
disperati ricordi di menomazioni, persecuzioni e anche torture
debbono essere superati per capire ed accettare questo felice
cambiamento.
L'Ebreo in realtà sente -
come osserva Paolo De Benedetti (2) -
che "l'origine dell'antisemitismo serpeggiante è ancora e
sempre la Chiesa Cattolica, o meglio un po' tutte le Chiese
Cristiane, che non sono mai riuscite a definirsi, se non in
opposizione a qualcosa, cioè all'Ebraismo."
Il nostro secolo: i primi anni 50
Questo secolo di
cui vogliamo ricordare i secondi 50 anni nasce purtroppo con una
eredità di un nuovo antisemitismo, sviluppatosi verso la metà
del sec. XIX, che aveva avuto il suo culmine nel processo Dreyfus
in Francia, l'atmosfera non era e non poteva essere delle
migliori.
Per dare un'idea ricordo le
parole di Pio X nel gennaio 1904 a Teodoro Herzl che chiedeva
l'appoggio Vaticano per l'insediamento degli Ebrei in Palestina:
"Gli Ebrei non hanno riconosciuto Nostro Signore, perciò non
possiamo riconoscere il popolo ebraico". E più avanti nella
stessa conversazione: "Favorire gli Ebrei nel possesso dei
Luoghi Santi, questo proprio non possiamo farlo".
Parole che erano state precedute da quelle del Segretario di Stato
Cardinale Merry del Val: "Finché gli Ebrei negano la divinità
di Cristo, noi non possiamo pronunciarci in loro favore"(3).
Al
margine e in contrapposizione a queste posizioni purtroppo
ufficiali, negli anni venti, ed esattamente tra il 1926-28 si era
formata a Roma l'associazione Amici d'Israele con il fine
di diffondere una migliore comprensione dell'ebraismo,
associazione fondata da Antonio van Asseldonk procuratore generale
dei canonici di Santa Croce e da Francisca van Leer ebrea olandese
convertita al cristianesimo. Sviluppatasi rapidamente
l'associazione contava tra gli aderenti 19 cardinali, 279 vescovi
e 3000 preti di tutte le parti del mondo. Il suo programma si
riferiva essenzialmente ai problemi fondamentali
dell'antisemitismo teologico: popolo deicida, conversioni, e
chiedeva già allora l'abolizione della preghiera "pro perfidis
judaeis" (bisognerà aspettare papa Giovanni XXIII). L'associazione fu condannata dalla Chiesa con decreto del 25 marzo
1928. Ancora una volta si nota che doveva succedere l'orrore della
Shoah perché la Chiesa arrivasse a sentire le. necessità di
ripensamenti.
Intanto
nel 1927 in Inghilterra si era formata l'Associazione di Londra
di ebrei e cristiani. Nel 1928 negli Stati Uniti nasce la Conferenza
nazionale di Cristiani ed Ebrei.
Da parte ebraica si possono ricordare le posizioni di
apertura prese fino dalla fine del secolo passato da Elia
Benamozegh, e poi quelle dei filosofi Martin Buber e Franz
Rosenzweig (4).
Gli
anni trenta, caratterizzati dall'affermarsi del nazionalsocialismo in Germania (1933) e dall'inizio delle
legislazione razziale antiebraica in Germania e, in Italia, sono
nella Chiesa gli anni del pontificato di Pio XI e poi per tutti
gli anni della guerra quelli del pontificato di Pio XII.
Di
Pio XI si ricorda sempre la sua frase a un gruppo di pellegrini:
"L'Antisemitismo è inaccettabile; spiritualmente siamo tutti
semiti". Ma c'è anche altro. Il 20 luglio 1933 veniva
siglato il concordato con la Germania di Hitler; lo firma il
Segretario di Stato di Pio XI Eugenio Pacelli, il futuro Pio XII.
Concordato diventato già nel 1935 un pezzo di carta senza valore,
in quanto il disprezzo verso la Chiesa di Roma da parte dei
nazisti diventava sempre più manifesto e violento. E così nel
1937 è pronta l'enciclica Mit Brennender Sorge (Con
ardente pena) diffusa e letta in tutte le Chiese di Germania la
domenica delle palme del 1937 a dispetto della Gestapo. Pio XI vi
denunciava implicitamente la persecuzioni contro "la razza
ebrea". E nel 1938 durante la visita di Hitler a Roma
Pio XI si ritira
a Castel Gandolfo e fa chiudere i Musei Vaticani.
Parlare adesso di Pio XII,
delle sue così dette simpatie verso la Germania
nazionalsocialista, del suo inizio di pontificato con l'esclusione
della pubblicazione dell'ultima enciclica di Pio XI; poi dei suoi
eventuali silenzi in relazione agli orrori perpetrati dai nazisti
durante la guerra, porterebbe lontano. Ricordo solo per sincerità
storica che nel 1943, dopo la caduta di Mussolini, alla richiesta
della abrogazione delle leggi razziali, la Segreteria di Stato si
oppose con queste parole tramite padre Tacchi
Ventura: "Secondo i principi e la tradizione della chiesa
cattolica, la legge razziale ha bensì disposizioni che vanno
abrogate, ma ne contiene pure altre meritevoli di
conferma".(5)
Dal 1946 al
1997
Nel 1946, subito dopo la fine
della guerra si forma l'International Council of Christians and
Jews. Nell'agosto dello stesso anno si realizza a Oxford una
riunione su Libertà, Giustizia e Responsabilità. Nella
conclusione tra l'altro si scrive: "La recente storia mostra
che un attacco all'ebraismo è un attacco ai principi fondamentali
dell'ebraismo e del cristianesimo su cui poggia la nostra società
umana costituita".
Sono i prodromi
della riunione di Seelisberg del 1947 in cui si stabiliscono e
diffondono 10 punti
basici per le relazioni con gli ebrei tracciando un primo
ripensamento. Fra i membri eminenti della riunione vi erano Jules
Isaac e Jacques Maritain. Era il 30 luglio-5 agosto 1947, il lemma
della riunione era: Conferenza internazionale straordinaria per
combattere l'antisemitismo. J. Isaac proponeva 18 punti, ne furono
approvati 10, alcuni dei quali ripresi poi nella Nostra
Aetate. J. Isaac lamentava di non aver potuto farvi introdurre
il "mea culpa". Scrivevamo nell'introdurre il testo dei
10 punti: ''Il presente documento è stato scelto come punto di
partenza per la nostra raccolta a causa della sua importanza
storica: dopo tanti secoli di incomprensione e di diffidenza nei rapporti tra ebrei e cristiani, esso può essere considerato come
il primo importante tentativo di conversione, capace di dar
vita a un nuovo atteggiamento"(6) .
Un
anno dopo nell'agosto 1948 si realizza ad Amsterdam una grande
Assemblea (preparata da oltre un decennio): due grandi filoni del
movimento ecumenico d'ispirazione soprattutto protestante ed
anglicana (Fede e Costituzione; Vita e Azione) si
fondono dando origine al Consiglio Ecumenico delle Chiese con
sede a Ginevra. Il tema trattato: Disegno di Dio e disordine
dell'uomo ha un particolare riferimento all'antisemitismo e
alle persecuzioni contro gli ebrei, ma insiste ancora sulla
missione di evangelizzazione verso il popolo ebraico.
Seguono
altre riunioni negli anni cinquanta in varie città di Germania e
Francia fino al 1961 con la riunione del Consiglio Ecumenico
delle Chiese a Nuova Delhi, in cui viene emanata una
risoluzione relativa all'ebraismo: "L'antisemitismo è un
peccato contro Dio e contro l'uomo".
L'epoca
del Concilio Vaticano II è ormai arrivata. L'incontro tra
Giovanni XXIII e Jules Isaac smuove definitivamente le acque in
modo che nel Concilio venga inserito qualcosa di nuovo sull'ebraismo
e sugli ebrei. Il cammino che porta alla dichiarazione Nostra
Aetate n.4 sarà lungo e non facile; anche se la morte di
Giovanni XXIII e le nomina di Paolo VI non interrompono
assolutamente i lavori. Ci sarebbe molto da dire e molto è già
stato scritto e raccontato compresa la lunga difficile e sofferta
partecipazione del Cardinale Bea il grande costruttore di questa
dichiarazione. È il 28 ottobre 1965 "La via a una
visione nuova del rapporto Chiesa-Israele è aperta"
"Per
la prima volta nella storia un concilio ecumenico affrontava in
maniera esplicita il rapporto prevalso per diciannove secoli.
Certamente questo documento appariva per alcuni aspetti svigorito,
rispetto alle redazioni precedenti...; inoltre può esservi
qualche ambiguità nel fatto di avere inserito questo testo nel
contesto più ampio di una dichiarazione sulle religioni non
cristiane, non rendendo giustizia al rapporto fra la Chiesa e
Israele, che viene qui affermato... Questo testo appare dettato da
circostanze storiche e soprattutto dalla cattiva coscienza dei
cristiani di fronte all'antisemitismo del passato..."(7).
In
campo cristiano le ripercussioni della pubblicazione della
dichiarazione si fanno sentire non solo in ambienti cattolici.
Seguono infatti dichiarazioni del Consiglio protestante belga nel
1967; del Consiglio Ecumenico delle Chiese anche nel 1967.
Nel 1968 La
Conferenza dei vescovi latino-americani organizza un
Colloquio ebraico cristiano a Bogotà. Nel 1970 il Concilio
Pastorale della Chiesa Cattolica olandese pubblica un progetto
di rapporto sulle relazioni fra ebrei e cristiani, mentre il
Sinodo della chiesa riformista olandese pubblica le
Proposte per una riflessione teologica su Israele Popolo,
Terra, Stato.
Intanto, sempre nel 1970
si costituisce a Roma, il Comitato Internazionale di
collegamento fra cattolici ed ebrei. Di questo Comitato, che
continua ad essere attivo e la cui ultima riunione è stata
proprio a Roma nel marzo di questo anno, ricordo due momenti
importanti. La riunione a Roma nel 1988 in cui nella presentazione
del libro contenente i testi delle 12 sessioni (8) il Cardinale
Willebrandt ha sottolineato 5 punti programmatici nel cammino
intrapreso:
1) l'impegno contro l' antisemitismo;
2) riflessione sulla Shoah;
3) un dialogo maturo;
4) un fondamento ed una speranza religiosa comuni, riconoscendo
reciprocamente
le proprie caratteristiche essenziali e differenze
sostanziali;
5) un comune impegno per le giustizia e la pace.
L'altro momento: la riunione
di Praga nel 1990 in
cui nella dichiarazione finale l'antisemitismo e il razzismo sono
presentati come un peccato contro Dio e contro l'umanità.
Ritornando agli anni settanta
bisogna ricordare nella Pasqua del 73 la Dichiarazione del
Comitato episcopale francese per le relazioni con l'ebraismo
che, anche se suscitò nel momento reazioni molto vivaci,
soprattutto per il riferimento alla realtà attuale d' Israele e
per il tentativo di interpretarla teologicamente, resta un
coraggioso documento che conserva ancora oggi pieno valore di
attualità.
Nel frattempo a Roma, pur
rendendosi conto che la Nostra Aetate n.4 ha avuto un suo impatto,
ci si è anche accorti che molto non è stato detto e deve essere
detto, e così il primo dicembre 1974 la Commissione per le
relazioni religiose della chiesa cattolica con l'ebraismo pubblica
gli Orientamenti e
Suggerimenti per l'applicazione della Dichiarazione Conciliare
Nostra Aetate n.4. Vi si dice fra l'altro:
"Condizione del dialogo è il rispetto dell'altro, così come
esso è, e soprattutto il rispetto della sua fede e delle sue
convinzioni religiose" e si sottolinea di sforzarsi di
"comprendere le difficoltà che l 'anima ebraica prova
davanti al mistero del Verbo incarnato, data la nozione molto
alta e molto pura che essa possiede della trascendenza divina
". Gli aspetti più positivi sono senz'altro : la condanna più
netta dell'antisemitismo, il ripudio di ogni teologia che
consideri negativamente l'ebraismo e il tentativo di avviare il
dialogo e la collaborazione tra cristiani ed ebrei. Già, perché
malgrado i documenti, le varie riunioni, alcuni sforzi ed incontri
di persone singole il dialogo non si era
creato ed in fondo, continuo a dire che ancora oggi non si è
arrivati al dialogo, ma solo a relazioni più o meno comprensive
tra singole persone . Ho ricordato all'inizio le difficoltà che
esistono de ambo le parti.
In seguito a questa
pubblicazione e a questa nuova e seria posizione della Chiesa
cattolica, la Chiesa evangelica di Germania pubblica il 24 maggio
1975 un suo Documento di lavoro: Cristiani ed Ebrei; è
ancora una tappa provvisoria. Alcuni mesi dopo il 20 novembre 1975
la Conferenza episcopale degli Stati
Uniti invia un Messaggio pastorale sulle relazioni
ebraico-cristiane, in cui si indicano due linee di
approfondimento: le origini ebraiche della chiesa ed il pensiero
di Paolo in Rom. 9-11. Ed ancora nel 78 il Sinodo delle Chiese
Evangeliche della Renania nel suo Sinodo dichiara e riconosce: Gli
avvenimenti degli anni 33-45 sarebbero impensabili se non ci
fossero stati i pregiudizi
e le decisioni prese dalla cristianità nel corso dei secoli"
(10).
Negli anni seguenti vari sono gli interventi dei Cardinali più
impegnati nel dialogo (Willebrandt, Etchegaray) sia in relazione
alla catechesi che allo stato d'Israele di cui la Chiesa ancora
non riconosce l'esistenza. Queste per esempio le parole del
Cardinale Etchegaray nel Sinodo del 4 ottobre 1983: "Finché
l' ebraismo rimarrà esterno alla nostra storia della salvezza
saremo alla mercé di riflessi antisemitici".
Intanto hanno
inizio gli anni di questo pontefice Giovanni Paolo II e con lui si
odono spesso parole indirizzate alle organizzazioni ebraiche ,
fino a quando nell'allocuzione per i rappresentanti della Comunità
ebraica della Germania federale (Magonza 17 novembre
1980)
pronuncia la frase, ripresa e ricordata oggi in molti incontri:
''Il popolo ebraico dell'Antica Alleanza che non è mai
stata revocata", ammissione coraggiosa e di grande
conflittualità teologica.
Su questa linea e con la
citazione di questa frase nel 1985 la Commissione per i Rapporti
religiosi con l'ebraismo pubblica I Sussidi per une corretta
presentazione con il titolo: Ebrei
ed Ebraismo nella predicazione e nella catechesi della
Chiesa cattolica. Si potrebbe osservare che, se dopo 25
anni dalla Nostra Aetate n.4 si è sentita la necessità di
riaffrontare il tema così dettagliatamente, molti progressi forse
non erano stati fatti. Il documento porta la firma in primo piano
del Cardinale Willebrandt. Vi si dichiara tra l'altro: "Gesù
è ebreo e lo è per sempre " ; vi si riconosce che il
permanere d'Israele è un fatto storico e segno da interpretare
nel piano di Dio.
Ma vi si dice ancora: "In virtù delle sua missione
divina la Chiesa è la sola nella quale si trova tutta la
pienezza dei mezzi di salvezza; chiesa ed ebraismo non possono
essere presentati dunque come due vie parallele di salvezza".
Viene ancora reiterata l'affermazione che: "La chiesa è il
nuovo popolo di Dio"; mentre per quanto riguarda lo Stato
d'Israele appare solo una sottile frase.
Nello stesso anno è in pieno
sviluppo la questione del Carmelo ad Auschwitz, mentre a Roma si
ricordano i 30 anni della Nostra Aetate
con una grande riunione a
cui prendono parte rappresentanti cattolici ed ebrei delle varie
parti del mondo.
Può essere opportuno ricordare
alcune delle parole pronunciate dal Rev.do Edward Flannery in
quanto indicano quella che dovrebbe essere la presa di posizione
positiva in questo tentativo di avvicinamento: "Una fioritura
del dialogo ebraico-cristiano si è sviluppata solo nel solco
della Nostra Aetate grazie al suo invito di dialogo ed alla
generosa risposta da parte delle sfere responsabili ebraiche....
Esperienza ricca di successi; ma d'altra parte non è stata
nemmeno povera di fallimenti... Obiettivo finale del dialogo
ebraico-cristiano è la riconciliazione". Ha ricordato poi
che già prima della Shoah ben 10 milioni di ebrei sono stati
uccisi in terre cristiane, ed ha concluso: "Quanto tempo ci
vorrà perché i punti acquisiti dagli studiosi ebrei e cristiani
discendano verso i pulpiti ed
i banchi di scuola, verso la gente ebrea e cristiana? Una
generazione o due? Possiamo attendere così a lungo?" (11).
Risultava chiaro che, per
quanti passi avanti fossero stati fatti in quel 1985, alla vigilia
della storica visita del pontefice alla sinagoga di Roma, di passi
ne mancavano ancora molti .
Ed ecco i1 1986. Quando il Pontefice si è recato alla Sinagoga di
Roma e c' è stato l'abbraccio con il rabbino di Roma Elio Toaff,
qualcuno ha pensato che la pace, il superamento delle inimicizie,
la riconciliazione fossero finalmente arrivate.
Le parole del
pontefice volevano essere significative specialmente per quanto si
riferisce al vincolo particolare che lega la Chiesa al popolo
ebraico: "La religione ebraica è in un certo qual modo intrinseca
alla religione cristiana. Abbiamo quindi verso di essa dei
rapporti che non abbiamo con nessun'altra religione".
Nell'ammettere poi indirettamente alcune responsabilità in
relazione all' antisemitismo, ha sottolineato la parola da
chiunque: "ripeto, da chiunque" per concludere
con l'affermazione che gli ebrei non sono "reprobi e
maledetti", anzi essi "rimangono carissimi a Dio: egli
li ha eletti con una vocazione irrevocabile".
Subito dopo, flussi in
contrasto con la visita, o forse solo per una affermazione di pace
fatta, ma anche di completa indipendenza, c'è stata le
beatificazione di Edith Stein (ne riparleremo più avanti) , la
visita in Vaticano del Presidente dell'Austria
Waldheim e il discorso un po' ambiguo fatto dallo stesso pontefice
a Miami alla comunità ebraica: un giuoco di equilibrio alla fine
del quale veniva promesso un grande documento sulla Shoah,
pubblicato appena nella primavera passata, cioè undici anni dopo.
Infine però, superato
l'ostacolo del Convento delle Carmelitane ad Auschwitz, a dicembre
del 93 si arriva al riconoscimento dello Stato d'Israele. Se si
ricorda quanto accennato all'inizio si deve riconoscere che questo
riconoscimento deve aver comportato un vero sforzo, un vero
superamento di idee preconcette.
Ritornando agli
anni immediatamente successivi alla famosa visita alla Sinagoga e
alle difficoltà continuate nell' approccio delle due parti,
ricordo alcune parole pronunciate dal Rabbino Toaff nel 1987
in un incontro nella sede delle Conferenza Episcopale Italiana soffermandosi appunto "sugli aspetti di
difficoltà e di fatica," denunciando con sincerità e
confidenza il suo disagio "nel constatare la permanenza di
espressioni di antisemitismo in alcune pubblicazioni librarie e
periodiche di autori cattolici, nelle quali vengono riproposte
vecchie e infondate accuse nei confronti del popolo, accuse
d'altronde superate dalle dichiarazioni conciliari e da successivi
pronunciamenti ufficiali." Ha lamentato inoltre
l'indifferenza e il silenzio con cui tali pubblicazioni sono
lasciate circolare in ambienti della Chiesa cattolica (12).
Del
resto riferimenti simili a questi del Rabbino Toaff si trovano in
un articolo del Cardinale Willebrandt: "Nonostante l'impegno
ormai più che venticinquennale diffidenze secolari incomprensioni
e in taluni casi pregiudizi culturali, religiosi e perfino
antireligiosi persistono e talora contribuiscono ad alimentare
polemiche e divisioni che amareggiano, quasi a voler dimostrare
che ebrei e cristiani non sarebbero affratellati dalla fede
nell'unico Dio Padre e Creatore e dai fondamentali precetti comuni
dell'amore di Dio e del prossimo (13) .
Ed ancora in una dichiarazione del Cardinale
Etchegaray in riferimento al problema teologico: "Fino a
quando la teologia non avrà risposto in modo chiaro e sereno al
problema del riconoscimento da parte della Chiesa della vocazione
permanente del popolo ebraico, il dialogo ebraico-cristiano rimarrà
superficiale ed amichevole, pieno di restrizioni mentali"
(14) .
Sempre nell' 89
per opera soprattutto della diocesi di Roma viene stabilita una
giornata annuale dell'ebraismo per il 17 gennaio, vigilia della
settimana ecumenica del cristianesimo .
La prima riunione si realizza il 17 gennaio 1990 nella
parrocchia Campitelli, nella zona, del vecchio Ghetto con la
presenza di Mons.Riva e del Rabbino Toaff.
In questi nostri anni '90
il cammino continua ora più attivo, ora meno attivo, secondo i
momenti e un po' anche secondo i cambiamenti politici; da non
dimenticare che nell' 89 avviene la caduta del muro di
Berlino.
Nel 1992 viene
pubblicato il Nuovo Catechismo in cui ancora troppe cose
continuano ad essere ispirate da 2000 anni di conflitto. Per
esempio: si propone come centrale la lettura tipologica del testo
biblico ebraico (n.130); si insiste che il fine dell'Antico
Testamento è preparare la venuta del Cristo, salvatore del mondo
(n.122) e si dice (n.140): "L'Antico Testamento prepara il
nuovo, il nuovo compie l'antico"(15).
Nel 1994 a cinquanta anni
dalla Shoah i vescovi ungheresi chiedono perdono al cospetto di
Dio per coloro che per opportunismo o viltà non hanno protestato,
permettendo l'umiliazione la deportazione e l'uccisione in massa
degli ebrei ungheresi.
Sullo stesso tono è nel 1995
la Dichiarazione dei vescovi tedeschi a 50 anni dalla liberazione
del campo di sterminio di Auschwitz. Cito alcune frasi:
"L'atteggiamento antiebraico esistente anche negli ambienti
della Chiesa ha contribuito al fatto che, durante gli anni del
Terzo Reich, i cristiani non hanno opposto all'antisemitismo
razzista la resistenza necessaria. Vi sono stati tra i cattolici
molte defaillances e colpe. Numerosi si sono lasciati sedurre
dall'ideologia del nazionalsocialismo e sono restati indifferenti
davanti ai crimini perpetrati contro gli ebrei e i loro beni.
Altri hanno prestato man forte ai criminali e sono divenuti essi
stessi dei criminali... E poi "La Chiesa che noi confessiamo
come santa e che veneriamo come un mistero è anche una Chiesa
peccatrice che ha bisogno di conversione"(16). Viene fatto di
osservare
che una tale dichiarazione non è apparsa ancora nemmeno nell'
ultimo documento: Noi ricordiamo la Shoah.
E così, seguendo un
ritmo di riunioni e conferenze si arriva alla dichiarazione del
Giubileo dell'anno 2000 (tertio millenio adveniente) con
alcune discussioni e malcontenti da parte ebraica circa alcune
forzature all'antica tradizione ebraica dello stesso Giubileo.
Per completare la parte
informativa mi riferisco ora ai gruppi secolari che si sono
sentiti coinvolti in questa revisione. Associazioni non ufficiali
sono sorte spontaneamente percependo la necessità di far
conoscere le proprie opinioni e di conoscersi mutuamente tra
diversi per porre fine a una incomprensione sfociata in inimicizia
non solo non giustificata, ma ingiusta.
Subito dopo la fine
della guerra nel 1948 Jules Isaac fonda a Aix en Provence e Edmund
Fleg a Parigi la prima Amicizia ebraico-cristiana. Alcuni
anni dopo, prima ancora del Concilio Vaticano II, per opera di La
Pira si forma la stessa associazione a Firenze (1960); nel
1961 in Spagna e nel 1962 in vari paesi dell'America Latina. Oggi
esistono tali associazioni in 28 paesi.
Intanto in Italia con il
Concilio si forma una Associazione di Attività ecumeniche (SAE)
molto attiva ancora oggi.
In Israele nasce il centro Interfaiths. Nel 1980 iniziano
nel monastero benedettino di Camaldoli i Colloqui annuali
ebraico-cristiani, arrivati oggi al XIX incontro.
Nello stesso tempo varie
Università cattoliche considerano l'oprortunità di organizzare
corsi sull'ebraismo invitando professori ebrei. A Roma, la
Pontificia Università Laterenense chiama all' insegnamento il
Rabbino Augusto Segre, la cattedra istituita nella facoltà di
teologia tratta: Ebraismo postbiblico ed è tuttora molto attiva.
Per quanto si riferisce al Rabbino Segre è importante ricordare
che insieme a Padre Rijck è stato l'iniziatore della lettura dei
Salmi a due voci: ebraica e cristiana nel centro Sidic di Roma.
Il centro Sidic di
Roma, cioè Centro di documentazione ebraico-cristiano, voluto
da Padre Rijck, primo direttore dell' ufficio del Vaticano per le
Relazioni ebraico-cristiane, gestito dalle Suore di Sion, è oggi
all'avanguardia per quanto si riferisce proprio a tali relazioni
Quanto alle Università
cattoliche, seguono l'iniziativa della Lateranense
nell'insegnamento dell'ebraismo le Università: Gregoriana,
Angelicum, Urbaniana.
Per completare
l'informazione ricordo alcune iniziative delle chiese protestanti
che hanno seguito il cammino di avvicinamento spesso anche più
intensamente della Chiesa Cattolica. Già nel Sinodo di Waissensee
nel 1950 si ha la prima dichiarazione ufficiale della Chiesa
evangelica di Germania che parla di corresponsabilità nella Shoah:
"dichiariamo la nostra colpa, la colpa del popolo tedesco
" .
Dal 1961, quindi ancora prima
del Concilio Vaticano II per opera di un gruppo di lavoro di
cristiani ed ebrei si sviluppa una forma di dialogo all'interno
del Kirchetag (grande raduno degli evangelici tedeschi),
caratterizzato appunto dall'incontro con interlocutori ebrei.
Nel 1975 il Consiglio delle
chiese evangeliche in Germania diffonde un importante studio sul
tema cristiani ed ebrei. Nel 1980 il Sinodo evangelico della
Germania approva una risoluzione Rinnovamento del rapporto tra
cristiani ed Ebrei: corresponsabilità e colpa della
cristianità tedesca nella Shoah - Israele popolo di Dio.
Infine da parte ebraica: oltre
la partecipazione alle varie iniziative e associazioni, è
opportuno ricordare che in alcune università ebraiche sono state
istituite cattedre per gli studi ebraico-cristiani, e in certi
seminari rabbinici vengono insegnati il Nuovo Testamento e la
letteratura cristiana antica. L'Università ebraica di Gerusalemme
da anni ha un accordo di scambio di studenti e non solo con
l'Istituto pontificio biblico
e l'Università Gregoriana.
Anche le
pubblicazioni mensili o trimestrali sono diventate numerose,
naturalmente non tutte e non sempre nella linea positiva; ma la
discussione può essere utile.
Anni 1997-1998-1999
Nell'estate
del '97 si realizza una interessante riunione a Graz (23-29
giugno) ; nell'autunno poi due importanti simposi.
A Graz l'incontro era
ecumenico cristiano con il tema:
Riconciliazione ecumenica europea; per la prima volta
erano presenti invitati ebrei tra cui la Presidente dell'Unione
delle Comunità ebraiche italiane Tullia Zevi e il Gran Rabbino di
Francia Samuel Sirat. Viene realizzato un Forum: Riconciliazione
senza teshuvah? in cui si è proposto tra l' altro che la
giornata del 17 gennaio "per lo sviluppo del dialogo
religioso ebraico-cristiano" si estenda a tutte le chiese
cristiane di ogni nazione (17).
I due Simposi: il
primo realizzato a settembre all'università Gregoriana aveva come
tema: Bene e male dopo Auschwitz ; il secondo (28
ottobre-2 novembre) sulle Radici antigiudaiche nel mondo
cristiano. Ad essi nel marzo 98 se ne aggiunge un terzo Noi
ricordiamo: una riflessione sulla Shoah.
Viene da domandarsi:
cosa è successo e cosa sta succedendo nel cristianesimo e
nell'ebraismo per indurci a prendere la decisione di tentare di
capovolgere quello che è stato un sistema di relazioni sbagliate
durante 2000 anni? Come e perché
gli uni e gli altri hanno realizzato di aver commesso per secoli
questo sbaglio enorme?
La prima parola che
sorge come risposta nella coscienza e nel dolore delle due parti e
che viene fatto di pronunciare è una sola Shoah=Sterminio; e
con essa sorge inevitabilmente il problema dell'antigiudaismo che
continua malgrado tutto, non
solo ad esistere, ma a fiorire; appunto il problema affrontato nel
novembre scorso.
È la coscienza
di orrori perpetrati da una civiltà da 2000 anni cristiana che ha
svegliato da parte cristiana ed ebraica un vasto movimento che in
alcuni è diventato quasi affannoso, non solo alla ricerca di
saperne di più, ma di capire e di scoprirsi all'improvviso, Anche
se indirettamente, responsabili di tante sofferenze troppo spesso
procurate in nome di un Dio che fino dal primo capitolo di Genesi
con la sua conclusione al cap.3 è solo un Dio di misericordia che
crea per amore e con amore copre le nudità di Adamo ed Eva nella
loro prima scelta umana.
Un Dio, la cui causa forse dal
momento dei campi di sterminio è in pericolo, come scrive il
filosofo Hans Jonas, e il suo destino è nelle mani dell'uomo:
"Perché Dio non ha più nulla da dare, dopo che si è
esposto interamente al divenire. Poiché ora tocca ali uomini
dare, affinché Dio non abbia troppo spesso a pentirsi di
aver concesso il divenire del mondo" (18).
Parole di filosofo che
ricordano quelle di Hetty Hillesum, vittima olandese della Shoah,
parole che nella loro semplicità fanno sentire la difficoltà
teologica del problema da affrontare "Se Dio non mi aiuta,
allora sono io che devo aiutare Dio" (19).
Ed ora,
questi ultimi anni, che con un certo chiasso un po' ingiustificato
sta annunciando reiteratamente il Giubileo del 2000, con le sue
importanti riunioni ha portato qualche nuova parola e quelle
posizioni che possano finalmente produrre un autentico dialogo
amichevole. Sono 50 anni oramai che cristiani ed ebrei stanno
lavorando insieme per diffondere comunicati e conoscersi
vicendevolmente; circa 100 dichiarazioni contro l'antigiudaismo
sono state fatte dalla chiesa cattolica e molte dalle altre
chiese. Il Cardinale Etchegaray da anni non si stanca di dire ai
suoi che bisogna chiedere perdono e sottolinea però che né 20 né
30 anni possono cancellare 2000 anni di incomprensione. Da
parte sua il Pontefice, cercando di mantenere un certo
equilibrio con alcune tendenze vaticane un po' troppo
limitate, non si stanca di parlare con affetto e stima
dell'ebraismo e degli ebrei.
I
tre incontri del 97 e 98 possono essere considerati un vero passo
avanti?
A
settembre 97 il simposio Bene e Male dopo Auschwitz svolto
all'Università Gregoriana alla presenza attiva di molte
personalità ebree e cristiane ha avuto anche molta affluenza di
pubblico. I vari interventi sono già stati pubblicati in italiano
delle Edizioni Paoline. Tra essi ricordo solo per brevità e perché
mi è sembrato che fosse tra i più centrati il concetto espresso
a conclusione della sua esposizione da Suor Maurena Fritz quando
ha detto che esiste una mancanza, un deficit alla risposta
etica della Shoah, insistendo poi che essenziale condizione per un
vero dialogo è che la Chiesa chieda ufficialmente perdono e dal
cuore, e che si muova da un concetto cristocentrico a un
concetto teocentrico dell'universo. Si tratta naturalmente
di un grosso problema teologico e di abbastanza difficile
soluzione per una Chiesa che si considera troppo spesso unica via
di salvezza.
Dopo questo simposio, alla fine di ottobre inizio di novembre
sessanta studiosi e teologi cristiani hanno discusso per tre giorni sull'antigiudaismo, soprattutto dal punto di vista
teologico. Scelta non facile perché, come ha scritto il Pastore
Daniele Garrone (presente al simposio come evangelico): "
Scegliere di riflettere sull'antigiudaismo implica la disponibilità
ad andare fino in fondo nell'esame delle specifiche responsabilità
della propria tradizione". Perché, mi riferisco ancora a
Garrone, nella riflessione sull'atteggiamento antiebraico durante
2000 anni, Auschwitz non chiama in causa soltanto il "comportamento"
ma anche la "dottrina": la negazione cioè degli
ebrei fatta a tavolino e sul pulpito che comporta l'annientamento
teologico di Israele davanti a Dio come popolo reietto, maledetto
deicida. "Il nazismo ha voluto eliminare fisicamente ciò che
era già stato liquidato sul piano spirituale."
Nello stesso periodo in Francia esprimevano il loro mea culpa i
vescovi francesi: Noi imploriamo il perdono di Dio e chiediamo al
popolo ebraico di ascoltare queste parole di pentimento".
Così a capo chino, davanti ai rappresentanti della comunità
ebraica hanno riconosciuto che il "silenzio" o meglio
l'accecamento della Chiesa di fronte alle persecuzioni antisemite
fu un "errore". La pianta velenosa dell'odio nei
confronti dell'ebreo - hanno spiegato - è cresciuta sul terreno
dei luoghi comuni antisemiti colpevolmente intrattenuti nel popolo
cristiano (20).
E proprio sulla stessa linea si sono espressi nell'apertura del
Convegno sul giudaismo il teologo George Cottier, sottolineando
che l'impegno del simposio è di analizzare i pregiudizi e le
opinioni pseudoteologiche che "sono serviti di pretesto per
le vessazioni ingiustificabili di cui è stato vittima il popolo
ebreo nel corso della storia", e che hanno soffocato
"in molti la capacità di reazione evangelica quando
sull'Europa si è scatenato l' antisemitismo (pagano e
anticristiano) del nazionalsocialismo" .
E aggiungo ancora le parole
del Cardinale Etchegaray che in apertura dei lavori ha
sottolineato: "Malgrado tutti i nostri sforzi il dialogo
resterà fragile e troppo superficiale finché non ci
interroghiamo in un modo più decisivo sulla natura religiosa del
legame che unisce le due comunità al livello stesso della propria
identità ".
L'ultimo documento, 16 marzo
1998, finalmente pubblicato: Noi ricordiamo: riflessione sulla
Shoah. Sottolineo il finalmente perché era stato annunciato
ben undici anni fa. La sua lettura non ha suscitato entusiasmo né
tra gli ebrei né in alcuni ambienti cristiani. Infatti ci si è
limitati a dire - dopo varie discussioni da varie parti e non solo
ebraiche - "riconosciamo che è un inizio di un cammino che
deve ancora essere percorso"; e qualcuno ha detto addirittura
che è stato una delusione.
Considerati i 50 anni
passati dalla Shoah e 30 dalla Nostra Aetate, Gerard Riegner ha
giustamente notato nella riunione del Comitato internazionale
di collegamento ebraico-cristiano tenuto a Roma poco dopo
l'uscita del documento: "Ho osservato con un certo dispiacere
che il documento evita di prendere una chiara posizione sulla
diretta relazione fra l'insegnamento del disprezzo verso gli ebrei
e il clima politico e culturale che ha reso possibile la Shoah".
Parole che si riferiscono alla parte in cui la dichiarazione
vaticana tenta di arrivare automaticamente a una netta separazione
tra l' antigiudaismo cristiano e l'antisemitismo nazista.
Paragrafo che ha suggerito a Paolo De Benedetti l'osservazione:
"L'antisemitismo altro non è che
la laicizzazione dell'insegnamento del disprezzo trasferito in
mondo secolarizzato, tecnico e a-teologico" (21).
Personalmente
sottolineavo in un incontro avuto per la Rivista Confronti:
"Ciò che ha un po' scosso è stato il volersi defilare per
poter defilare l'antigiudaismo dall'antisemitismo" ed
aggiungevo: "questo testo resterà parola vuota se non ci sarà
un grande sforzo di educazione, di apprendimento e di memoria
storica." Resta poi da parte la questione di Pio XII come è
vista nel documento e la frase in cui vengono responsabilizzati i
singoli e non la Chiesa "che non può essere accusata di
peccato."
Conclusione: questo documento
dimostra ancora una volta che il cammino è terribilmente lungo e
produce ancora ripensamenti.
Il 20 ottobre '99 è stata
costituita una commissione su Pio XII e la Shoah formata da
studiosi della Santa Sede e da un Comitato internazionale di
Leader Ebrei: in tutto sei storici tre di parte cattolica e tre di
parte ebraica.
A questo punto e a conclusione
del cammino compiuto in 50 anni sorge una prima domanda: il
riconoscimento del proprio errore che porta al pentimento, l'umiltà
di chiedere perdono pubblicamente, porterà alla conversione?
Conversione naturalmente dal
male al bene, conversione nel senso ebraico di teshuvah, ritorno a Dio, ritorno al bene, al rispetto dell'altro,
risposta nel dialogo; senza questa conversione il pentimento e la
richiesta di perdono possono anche
restare se non lettera morta un atto politico interessato.
Ma questa
conversione comporta per la Chiesa cambiamenti teologici, la
revisione di forzate interpretazioni; e questo è ancora sotto
molti aspetti preoccupazione solo di una piccola elite
intellettuale-religiosa che ha bisogno della collaborazione di noi
tutti se vogliamo che diventi una realtà quotidiana.
Ricordo ancora l'ultimo
avvenimento dell'anno 1998: la santificazione di Edith Stein,
uccisa ad Auschwitz perché ebrea e nella sua piena coscienza di
ebrea. Infatti le sue parole a sua sorella nel momento della
deportazione dal Monastero in Olanda verso la morte: "Andiamo
a morire per il nostro popolo", ed ancora "Se non posso
condividere la sorte dei miei fratelli e sorelle, la mia vita è
in un certo senso distrutta". E come ebrea è morta, martire
(testimone) insieme ai fratelli e sorelle ebrei. La sua
santificazione allora vuole essere un altro passo del processo di
cristianizzazione della Shoah?
Così questa santificazione
voluta dal pontefice fin dal 1987 ha riportato in pieno, proprio
attraverso le parole dello stesso pontefice, la questione della
conversione al cattolicesimo come unica via per raggiungere la
verità. Riporto le sue stesse parole. "Una giovane donna in
cerca della verità... è diventata una santa ed una
martire". Si santifica il suo martirio? Ma il suo martirio è
stato ugualmente quello di sei milioni di ebrei tra cui un milione
e mezzo di bambini e è inoltre quello di più di un
milione di zingari.
Dopo questo inizio il
pontefice ha così continuato: "Scoprì che la verità aveva
un nome: Gesù Cristo" e più avanti" alla fine del lungo
cammino le fu dato di giungere ad una constatazione sorprendente:
solo chi si lega all'amore di Cristo diventa veramente libero
".
A volte vorremmo - non
credo che sia volere troppo - una maggiore attenzione per una
suscettibilità che si è terribilmente affinata in secoli, se non
millenni, di atroci persecuzioni.
Ed osservo ciò perché
purtroppo malgrado tutto questo movimento, malgrado i progressi e
molta comprensione reciproca, gli stessi documenti continuano ad
essere poco diffusi e quello che J. Isaac ha chiamato
l'insegnamento del disprezzo continua
a circolare in scuole, Parrocchie, nell'insegnamento catechistico.
Cosa è mancato e manca allora
al di là dei documenti, delle buone intenzioni di alcuni? È
mancata la cosa essenziale: uno sforzo costante straordinario
dalle due parti che impegni le nostre forze e capacità aldilà
anche delle nostre sensibilità per educare. Educare
seriamente, onestamente senza travisamenti, considerando la parola
dell'uomo o di Dio - secondo la propria fede - per quello che è e
non per quello che vorremmo che fosse per nostri interessi
politici di supremazia e qualche volta addirittura per interessi
solo ed esclusivamente personali. Sforzi che in alcuni casi sono
serviti molto poco se ricordiamo quanti libri scolastici circolano
con frasi indegne riguardo agli ebrei per i quali troppo spesso
continua ad essere usato
il verbo al passato come se non fossero esseri vivi. Nel
1960 J. Isaac scriveva:"Se si vuole venire a capo dell'antisemitisrno
cristiano (due parole che accoppiate stridono) bisogna affrontare l'insegnamento perché esso è alla base di tutto, l'insegnamento
di tutti i gradi e sotto tutte le forme, la predicazione compresa.
Solo l'insegnamento può disfare ciò che l'insegnamento ha fatto".
Di fronte a questo
sforzo educativo che fino ad oggi si è rivelato non sufficiente
ci si domanda vicendevolmente:
-
abbiamo lavorato con tutta l'attenzione e la disponibilità che
una questione così seria e direi vitale merita?
-
quello che abbiamo fatto in questi anni lo abbiamo fatto per
amore dell'altro o solo per noi stessi? per scaricare le nostre
colpe o perché l'altro non sia più appartato e perseguitato?
-
siamo stati sempre sinceri o spesso ci siamo mossi con ambiguità
ricordando un giorno in piena Chiesa la Sinagoga del diavolo e un
altro giorno recitando insieme i salmi dei fratelli uniti?
-
in questo reciproco cammino di avvicinamento abbiamo avuto ed
abbiamo veramente come scopo l'idea di costruire insieme,
superando differenze e divergenze quel tikkun 'olam
o pace universale a cui aspiriamo come esseri umani e che per i
credenti è la promessa e il vero scopo dell'esistenza di questo
nostro mondo?
Molte sono le risposte
negative.
E allora di
fronte ai risultati ottenuti fino ad oggi, pur riconoscendo le
buone intenzioni, la buona volontà e l'impegno dalle due parti,
il percorso sembra lungo.
Noi ebrei siamo in attesa
dell'apertura degli archivi del Vaticano per poter capire come
sono andate molte cose; ed anche attendiamo un positivo risultato
teologico con il quale si arrivi al superamento della formula
secondo cui l'antisemitismo
è da attribuire solo ad "alcuni figli della Chiesa ",
quando sappiamo purtroppo bene che gli stereotipi e l'ideologia
del disprezzo nei confronti degli ebrei risalgono a lontani
pronunciamenti di padri della Chiesa, di papi, a decisioni di
concili; per esempio segno distintivo e ghetti.
Ci auguriamo a questo punto
che l'autocritica che le Chiese hanno iniziato continui ad essere
portata avanti con sincerità. In questo modo, come ha commentato
il Padre George Cottier, presidente della Commissione del
Vaticano, la Chiesa darà l'esempio: "spero che ora tutti si
interroghino sulle vicende drammatiche di questo secolo, culminate
nell' Olocausto".
E a questo bisognerebbe
aggiungere che il nostro comune fine, il vero scopo di questo
riavvicinamento, di questa riconciliazione deve essere il ricordo
del passato in vista soprattutto del futuro, perché mai più
possano succedere cose tanto terribili
e non solo agli ebrei e agli zingari, ma a qualunque uomo di
qualunque colore, di qualunque fede e cultura; che la
riconciliazione porti finalmente a quella umanizzazione che deve
essere il fine di ognuno di noi: non solo il non uccidere, ma il
semplice e infinito rispetto dell'altro.
_____________________________
Siamo lieti di poter aggiungere questo brano della stessa autrice,
che completa ulteriormente il quadro, essendo stato scritto l'anno
successivo [LnR]
" Ed eccoci a questo anno 2000, veramente cruciale proprio
per i percorsi di questo eventuale dialogo, con tutto il bene e
tutto il male. A marzo il documento di "mea
culpa" presentato con grande accuratezza, ma così
limitato da essere respinto se non ci fosse stata la visita del
pontefice in Israele e Palestina con le sue emozionate
parole a Yad Washem e il suo spettacolare
gesto al Muro occidentale.
E poi ecco la dichiarazione Dominus
Iesus [*] in cui la
gerarchia cattolica sembra ritornata al sec. XVI, all'epoca della
Controriforma e del Concilio di Trento, in cui sembra proprio che
l'ecumenismo cristiano sia sostanzialmente archiviato, questo
nonostante quanto affermi Giovanni Paolo II nel suo discorso per
la beatificazione di Pio IX e Giovanni XXIII (3/9/2000); e in cui
noi ebrei non esistiamo se non per farci convertire. Ma di fronte
a questo severo e duro giudizio è giusto ricordare che lo stesso
cardinale Cassidy, presidente del Pontificio Consiglio per l'unità
dei cristiani, nella riunione di Lisbona organizzata dalla Comunità
di Sant'Egidio, si è in un certo senso defilato dalle conclusioni
troppo drastiche della DI; e che dopo di lui altri prelati hanno
espresso i loro dubbi.
Abbiamo accennato alla beatificazione di Pio IX. Molti di noi
hanno considerato un affronto fatto a Giovanni XXIII nell'abbinare
lui, il papa dell'ecumenismo e del dialogo ebraico, con colui che
è stato definito "papa dell'oscurantismo" e che parlava
degli ebrei come "cani".
Concludo sottolineando ancora una volta che, perché si originasse
in questi 50 anni un avvicinamento ebraico-cristiano c'è voluta
la Shoà; e che i percorsi di questo avvicinamento sono ancora così
fragili, indecisi, ambigui che richiedono tutti gli sforzi da chi,
come noi, da 50 anni sta lottando perché questi percorsi sfocino
in un intendimento reciproco, in una vera riconciliazione che ci
porti a dialogare senza ferirci costantemente."
Lea Sestieri
______________________
[*] Riteniamo
utile e importante integrare con uno stralcio - riguardante
proprio la Dominus Jesus - tratto dal Comunicato comune
redatto a conclusione del XVII Incontro (New York, 1-3
maggio 2001) del Comitato Internazionale per il Collegamento
Cattolico Ebraico.
[a cura della Redazione di LnR]
""Uno dei difficili problemi trattati in questo XVII
incontro del Comitato Internazionale per il Collegamento è stata
la pubblicazione della Dominus
Iesus. Secondo il cardinale Kasper, "la Dominus Iesus è
un documento intra-cattolico, consacrato al dialogo interreligoso
e destinato ai teologi cattolici, in ordine ai problemi del
relativismo, del sincretismo, dell'universalismo e dell'indifferentismo.
Essa non entra nel quadro del dialogo tra Ebrei e Cattolici.
Bisogna in primo luogo notare che il rapporto tra la Chiesa e il
popolo ebraico è unico. In secondo luogo, la Dominus Iesus non
mette in discussione la salvezza degli ebrei. Come terzo punto,
l'Alleanza ebraica non è stata revocata e resta efficace per gli
Ebrei sul piano della salvezza. Come quarto punto, la Dominus
Iesus deve essere compresa correttamente nel contesto della Nostra
Aetate, delle encicliche del Papa e degli altri documenti
ufficiali della Chiesa riguardanti l'ebraismo. Come quinto punto,
non esiste nell'ambito della Chiesa alcuna attività missionaria
orientata verso la conversione degli ebrei. La Dominus Iesus non
è la fine del nostro dialogo. Essa è una sfida per il nostro
dialogo.""
Note
l) Jesus, ottobre 1997
2) Jesus, ottobre 1997, p.73
3) S. Minerbi Il Vaticano. la Terra Santa e il sionismo Bompiani
1988, pp.149-150
4) Elia Benamozegh, Morale ebraica, Morale cristiana
Carucci ed. 1977, Marietti ed.1997;
Israele e l'Umanità, Marietti ed.1990;
Martin Buber, Sette discorsi sull'ebraismo, ed.Israel,1923
Due tipi di fede, Ed. San Paolo 1995; Franz
Rosenzwaig, La stel1a della redenzione, Marietti
1985
5) Il Regno Attualità n.14/15 luglio 1987
6) L.Sestieri-G.Cereti, Le Chiese Cristiane e e l'ebraismo
1947-1982 Casa ed.Marietti 1983, p.1
7) Idem, p.73
8) International Catholic-Jewish Liaison Committee, Fifteen
years of Catholic-Jewish dialogue
1970-1985 , Libreria Ed Vaticana-Libreria Ed
Lateranense 1988
9) L.Sestieri-G.Cereti, Le chiese cristiane e l'ebraismo p.
179ss.
10) Idem, p.279ss.
11) La Salvezza viene dagli ebrei a cura di A. Cagiati,
Carucci ed. 1987; p.183 .
12) È di quest'anno il libro di Vitaliano Mattioli G1i ebrei e
la Chiesa (1933-45) edi to da Mursia e
che è stato infine ritirato dalla
stessa casa editrice a richiesta di istituzioni sia cattoliche che
ebraiche.
13) Osservatore Romano 1989
14) La Salvezza viene dagli ebrei a cura di A. Cagiati,
p.15
15) Rivista SIDIC n.2 1994
16) Rivista SIDIC n.1 1995
17) Qol n.68, n.69 Brunetto Salvarani, Israele a Graz
18) Hans Jonas, Tra il mille e l'eternità, Gottingen 1987
19) Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi, 1985 p.169
20) Adista 11/10/1997
21) Paolo De Benedetti, Considerazioni su Noi ricordiamo:
riflessioni sulla Shoah, Sefer n.82,
ap-giu.1988
Bibliografia
- Bea A. La Chiesa e il popolo ebraico, Morcelliana 1966
- Cagiati A. La salvezza viene dagli ebrei (Gv.4,22). Prospettive
cristiane di dialogo. Carucci
ed.1987
- Ebrei ed ebraismo nel mondo della scuola. Aspetti
didattico-formativi per le discipline
storico-sociali, a cura di A.Castelnuovo e L. Di
Nola. Ass. ebraico-cristiana 1994
- Falcone L., L'ebraismo e le scuola. Libro, popolo, terra!
L'identità ebraica nei testi scolastici.
Ed. Kinneret 1994
- Fabris R., Israele radice santa, Scritti su ebraismo e
cristianesimo, Morcelliana 1995
- Lapide P. Moltmann J., Israele e Chiesa: camminare insieme?
Un dialogo Queriniana 1982
- Laurentin R., L'église et les juives à Vatican II. Casterman
1967
- Martini C.Maria, Israele, radice santa Centro Ambrosiano
Vita e Pensiero 1993
- Mussner F., Il popolo della promessa. Città Nuova, 1982
- Neudecker R., I veri volti del Dio unico. Cristiani ed ebrei
in dialogo. Marietti 1990
- Segre A., Il popolo d'Israele e la Chiesa. Corso breve di
ecumenismo Vol.III, Centro pro Unione
1982
- Sestieri L. Cereti G., Le Chiese cristiane e l'ebraismo,
1947-1982. Marietti 1983
- Thoma C., Teologia cristiana dell'ebraismo. Marietti 1983
Riviste
- Bollettino dell'Amicizia ebraico cristiana di Firenze
- Confronti
- Il Regno
- Quaderni di Camaldoli. Colloqui ebraico-cristiani
- Qol
- Sefer
- Sidic