...da "Avvenire" - Catholica - Mercoledi 27 Settembre 2000
L'EVENTO: L'incontro promosso da S. Egidio riafferma: sì al confronto tra fedi diverse, ma nella chiarezza delle identità
Ora il dialogo riparte da Lisbona

«Uomini e religioni» si chiude con un appello: costruire insieme la pace

Umberto Folena



LISBONA
. Ed eccola di nuovo tutta lì, schierata, la famiglia dei «cercatori di pace» Sono loro a definirsi così nell'appello finale che firmano e regalano a tutti, credenti e uomini di buona volontà del mondo intero. «È una comunità fatta di religioni, storie, lingue, sensibilità diverse. È la nostra ricchezza, e il nostro futuro».

Eccola di nuovo lì, dopo l'esordio di domenica mattina al Mosteiro dos Jeronimos. Dopo altre dodici occasioni uguali a questa in giro per il mondo, da Roma a Gerusalemme, da Varsavia a Bucarest, da Firenze a Venezia. Dopo, soprattutto, la preghiera delle religioni per la pace di Assisi 1986. Tutto cominciò da lì, come ricorda il Papa stesso nel suo messaggio. E tutto continua, anche nel nuovo secolo.

Cercano la pace innanzitutto accettando di essere diversi. E diversi lo sono davvero, sul palco azzurro in piazza del Municipio, tra la Baixa e il Chiado, nel ventre accogliente di una Lisbona che per tre giorni ha regalato sole e brezza di mare, una delizia. Diversi con i loro abiti diversi, le facce diverse, le lingue diverse. Diversi i nomi che danno a Dio, diverse le forme con cui lo onorano. Eppure dicono: questa diversità «è la nostra ricchezza». 

E nell'appello spiegano: «Il dialogo, l'amicizia, il rispetto reciproco hanno fatto emergere le differenze e le ricchezze di ognuno: questo non ci ha allontanato, anzi ci ha resi più vicini». Nessuna alchimia misteriosa. Ma l'interpretazione corretta della parola «dialogo». Che non è cedimento, debolezza, rinuncia, fino a ridurre tutto, fedi e religioni comprese, a un'indistinta marmellata.

Al contrario, il dialogo è privilegio di chi possiede a tal punto un'identità da non aver paura a confrontarla e metterla in gioco.

L'appello, a questo proposito, è chiaro: «La via per superare la diffidenza e i conflitti è il dialogo. Il dialogo non indebolisce l'identità di nessuno, ma provoca ogni uomo e ogni donna a vedere il meglio dell'altro e a radicarsi nel meglio di sé. Nulla è mai perduto con il dialogo. Tutto è possibile con il dialogo. Il dialogo, lo ripetiamo, è la medicina che cura le ferite della divisione e rigenera in profondità la nostra vita, mentre radica ognuno nella verità, nella testimonianza reciproca, nella carità e nell'amicizia».
Prima, erano intervenuti il primo ministro portoghese Antonio Guterres, il patriarca di Lisbona José da Cruz Policarpo e Andrea Riccardi.

Il cardinale Cassidy aveva letto il messaggio del Papa. Dopo, a sfidare il tramonto, la liturgia della luce con le fiaccole accese a significare: grazie, ricorderemo, arrivederci.
Arrivederci dove? «Uomini e religioni» edizione 2001 ha tre candidate. La prima è Palermo, dove Sant'Egidio vorrebbe fermarsi da tempo. La seconda è Barcellona, per un invito del presidente della Generalitat de Calalunya, Jordi Pujol, presente a Lisbona. Dove era presente il principe giordano El Hassan bin Talal, in qualità di moderatore della World Conference on Religion and Peace, che vorrebbe ospitare i «cercatori di pace» nella sua Amman.


Riccardi e amici, probabilmente, saranno felici dell'imbarazzo. Tutti li cercano. Perfino Bartolomeo I, patriarca ecumenico di Costantinopoli, ha inviato un cordiale messaggio al vescovo Vincenzo Paglia, presidente dell'incontro. 

I portoghesi, sensibili assai al destino delle loro due ex colonie africane, non dimenticano che cosa Sant'Egidio fece per la pace in Mozambico e vorrebbero che ripetessero il prodigio in Angola. Riccardi fa un passo, indietro senza però spegnere del tutto le speranze lusitane («Non vorremmo far da diversivo alle trattative, però seguiamo la situazione attentamente»). E tutti gli chiedono più volte, in più lingue nonostante la puntuale traduzione simultanea: ma la Dominus Jesus non vi ha davvero creato problemi? E l'inziatore della Comunità a spiegare, rispiegare, fino a sintetizzare così: «Noi non facciamo i pompieri. Qui da noi il clima è sempre sincero, le cose ce le diciamo tutte. Ma abbiamo anche un linguaggio comune, che non è gridato né conflittuale. L'ecumenismo e il dialogo? Diciamo che hanno tempi geologici. Possono verificarsi aggiustamenti e ripensamenti.

Ma il cammino è irreversibile». A proposito di sincerità: al documento accenna anche, al mattino, il segretario della Federazione luterana mondiale, Ishmael Noko: «Disappunto? Sì, un po'. Ma per abbandonare il dialogo ci vorrebbe ben altro. L'ecumenismo è un dovere, non una possibilità. Una necessità, non un'opzione tra le tante». E riprendeva a parlare, in termini quasi commossi, del cammino che ha condotto luterani e cattolici alla firma del documento della giustificazione.

Accanto a lui sedevano il cardinale Cassidy, il metropolita ortodosso Jeremias, presidente del Kek e il vescovo ortodosso Innokentij del Patriarcato di Mosca. Un vero poker d'assi ecumenico.

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