Documento vaticano: "NOI RICORDIAMO: Una
riflessione sulla Shoà" |
Il testo che segue è un ampio commento
Chi fosse interessato può leggere il Testo integrale del documento
Nella sua breve lettera di accompagnamento al documento vaticano sulla Shoà, indirizzata al Card. Cassidy, presidente della Commissione per i rapporti religiosi con lebraismo, Giovanni Paolo II ricorda innanzi tutto di avere egli stesso parlato con "profondo rammarico", e in numerose occasioni, delle sofferenze del popolo ebreo durante la Seconda Guerra Mondiale. Egli definisce la Shoà una "macchia indelebile della storia" del nostro secolo. Non si può - dice il Papa - celebrare autenticamente il Giubileo ed entrare con spirito rinnovato nel terzo millennio dellera cristiana senza: "purificare i cuori attraverso il pentimento per gli errori e le infedeltà del passato". I figli e le figlie della Chiesa sono invitati, dunque: " a mettersi umilmente di fronte a Dio e ad esaminarsi sulle responsabilità che anchessi hanno sui mali del nostro tempo". Sempre nella lettera al card. Cassidy, il Papa esprime la sua "fervida speranza che il documento Noi ricordiamo: una Riflessione sulla Shoà aiuti veramente a guarire le ferite delle incomprensioni ed ingiustizie del passato" affinché non sia mai più possibile in futuro "lindicibile iniquità della Shoà"! Il Papa termina la sua lettera
auspicando che, con laiuto di Dio, Ebrei e Cattolici possano lavorare insieme per un
mondo in cui venga rispettato il diritto alla vita e riconosciuta la dignità di ogni
essere umano, creato ad immagine e somiglianza di Dio. Il Documento Il documento è diviso in 5 parti: 1. La tragedia della Shoà e il dovere della memoria. Lindicibile tragedia della Shoà, dello sterminio programmato del popolo ebraico da parte dei nazisti non potrà mai essere dimenticato! Abbiamo tutti il dovere della memoria !
Dobbiamo ricordare, innanzi tutto che il popolo ebreo, a causa della sua fede nel Dio unico e alla sua adesione agli insegnamenti della Toràh, ha sempre sofferto nel corso dei secoli, tribolazioni e schiavitù. Soprattutto, il "massacro" di sei milioni di ebrei avvenuto nel nostro secolo, al centro della cristianissima Europa, "va oltre - dice il documento - la capacità di espressione delle parole".
Nella terza parte, il documento vaticano rileva il bilancio negativo delle relazioni tra ebrei e cristiani durante duemila anni di storia del cristianesimo, e parla di "gruppi esagitati di cristiani" che , quando il cristianesimo diventò in diverse nazioni religione di stato, di maggioranza, distruggevano templi pagani e sinagoghe. Ci sono state, inoltre, erronee interpretazioni del Nuovo Testamento - fermamente condannate dal Concilio Vaticano II - che, fino ai giorni nostri, hanno generato ostilità verso gli ebrei. Discriminazione generalizzata, antigiudaismo, diffidenza, violenze, saccheggi e massacri degli ebrei da parte dei cristiani che "predicavano lamore verso tutti, compresi i nemici". Minoranza ebraica presa come capro espiatorio! Viene ricordato che il razzismo propugnato dal nazionalsocialismo in Germania è stato condannato da parte della Chiesa cattolica di quella nazione. Con la sua Enciclica in lingua tedesca (Mit brennender Sorge) Pio XI aveva condannato lantisemitismo come inaccettabile... "Spiritualmente siamo tutti semiti!", aveva detto (6 settembre 1938). La prima Enciclica di Pio XII, Summi Pontificatus, del 20 ottobre 1939, metteva in guardia contro il razzismo e la deificazione dello Stato che potevano condurre all "ora delle tenebre". Il punto forse più controverso dellintero documento è proprio questo in cui si parla di Pio XII. Ci sono state molte contestazioni e obiezioni al riguardo. A questo proposito, ricordiamo quanto ha detto il Cardinal Cassidy in una sua recente Conferenza stampa a Londra: "Noi non diciamo che questa sia lultima parola sui vescovi tedeschi e neanche su Pio XII... Quello che noi diciamo (di Pio XII) è che non fu lui il "cattivo" (di questa storia). Toccherà alla storia giudicare se abbia fatto o no tutto quello che avrebbe dovuto fare." (Avvenire, 14 maggio 98).
Il documento Vaticano spiega la differenza tra "lantisemitismo, basato su teorie contrarie al costante insegnamento della Chiesa circa lunità del genere umano...e i sentimenti di sospetto e di ostilità perduranti da secoli che chiamiamo antigiudaismo, dei quali purtroppo, anche dei cristiani sono stati colpevoli".
La decisione del regime nazionalsocialista di sterminare lintero popolo ebraico fu, secondo il documento, "opera di un tipico regime moderno neopagano. Il suo antisemitismo aveva le proprie radici fuori del cristianesimo e, nel perseguire i propri scopi , non esitò ad opporsi alla Chiesa perseguitandone pure i membri". A questo punto, il documento si domanda quale peso abbiano potuto avere i pregiudizi antiebraici nella persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti: " Il sentimento antigiudaico rese forse i cristiani meno sensibili, o perfino indifferenti, alle persecuzioni lanciate contro gli ebrei dal nazionalsocialismo quando raggiunse il potere?". E una domanda questa sempre attuale. Certi sentimenti non sono facili da estirpare, sono come alcuni virus latenti nei portatori sani che, ad un certo punto, possono scatenarsi e causare la morte. Abbiamo però anche il dovere di ricordare che molti cristiani, anche a rischio della propria vita, hanno salvato un gran numero di fratelli ebrei dalla deportazione e dalla morte. Il documento cita giustamente quanto è stato fatto da vescovi, preti, religiosi, laici, e dallo stesso Pio XII, per salvare centinaia di migliaia di vite di ebrei. Dopo avere citato la condanna dellantisemitismo espressa dalla Dichiarazione del Concilio Vaticano II Nostra Aetate , il documento sulla Shoà fa sue le parole di Giovanni Paolo II alla Comunità ebraica di Strasburgo: "Ribadisco nuovamente insieme con voi la più ferma condanna di ogni antisemitismo e di ogni razzismo, che si oppongono ai principi del cristianesimo".
La quinta ed ultima parte del documento vaticano inizia con un pressante invito ai cattolici affinché rinnovino "la consapevolezza delle radici ebraiche della loro fede" ricordando che "gli ebrei sono nostri cari ed amati fratelli e che, in certo senso, sono veramente i << nostri fratelli maggiori >>". Ed esprime il "profondo rammarico (della Chiesa) per le mancanze dei suoi figli e delle sue figlie in ogni epoca". Si tratta - dice infine il documento - di un atto di pentimento, di quella teshuva necessaria per "trasformare la consapevolezza dei peccati del passato in fermo impegno per un nuovo futuro nel quale non ci sia più sentimento antigiudaico tra i cristiani e sentimento anticristiano tra gli ebrei". A cura di Vittoria SCANU |