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dall' Osservatore
Romano 24 Marzo 2000 |
-A Gerusalemme, nel Luogo della prima Eucaristia e
dell'istituzione del Sacerdozio, la palpitante preghiera di Giovanni Paolo II e la firma
della Lettera ai Sacerdoti per il Giovedì Santo del 2000-
"Cristo è morto,
Cristo è risorto
Cristo ritornerà"
Dal raccoglimento di mercoledì, presso la Grotta di Betlemme, a quello di oggi, giovedì
23 marzo, nel Cenacolo. Dalla preghiera nel luogo in cui Cristo ha preso carne tra gli
uomini, alla Santa Messa nel Luogo dove Egli ha offerto la sua carne per la salvezza del
mondo. È questo raccoglimento interiormente intimo il filo conduttore che lega il
pellegrinaggio giubilare di Giovanni Paolo II in Terra Santa. E lega, in modo del tutto
singolare, la sosta presso la Cappella della Natività alla Santa Messa nel Luogo della
prima Eucaristia: un evento davvero eccezionale, un momento di straordinario
raccoglimento.
È un raccoglimento profondamente cristocentrico, quello di Giovanni Paolo II. La Chiesa
è sempre cristocentrica, ma in questo Luogo lo è in modo ineffabile. Lo si percepisce,
lo si respira, lo si tocca. È il Luogo che parla. Da questo Luogo prorompe la
storia: la Storia della salvezza. Un Mistero, una Realtà. E qui quel "Dono e
Mistero" sul quale abbiamo tanto riflettuto nel 50° di sacerdozio di Giovanni Paolo
II acquista un sapore e un contenuto misteriosamente nuovi, mai provati prima. Lo abbiamo
avvertito all'inizio della Celebrazione Eucaristica, nella preghiera introduttiva recitata
dal Papa (che pubblichiamo integralmente in questa pagina). In quella preghiera c'è tutta
la storia della Chiesa. E c'è la storia di questo sacerdote che è ritornato qui, quale
Successore di Pietro, portando con sé nel cuore tutti i sacerdoti del mondo. Per loro,
sull'altare dove ha celebrato la Santa Messa, Giovanni Paolo II ha firmato la Lettera per
il Giovedì Santo del Duemila. È come se l'avesse consegnata a ciascuno nel Luogo dove
Gesù ha istituito l'Eucaristia.
"Desidério desiderávi...".
Ardentemente ho desiderato
visitare come pellegrino questo luogo santo
per celebrare l'Eucaristia.
Qui, dove il Signore Gesù,
la notte in cui si consegnò volontariamente
alla sua passione,
istituì il sacerdozio ministeriale
e ci lasciò nel suo corpo e nel suo sangue
il memoriale della sua morte gloriosa.
Qui, durante la cena, egli avendo amato i suoi,
che erano nel mondo, li amò sino alla fine,
e ci lasciò l'esempio del servizio e della carità
con la lavanda dei piedi.
In questo luogo santo
promulgò il comandamento nuovo dell'amore
e promise il dono dello Spirito.
Il Risorto ha varcato le porte di questo spazio sacro
il giorno di Pasqua ed è apparso ai suoi discepoli,
annunziando la pace e la gioia.
È questa la camera alta dove Maria,
la Madre di Gesù, i discepoli e le donne, perseveravano unanimi...
...nella preghiera, in attesa del dono dall'alto.
È questo il luogo dell'effusione dello Spirito Santo
il giorno di Pentecoste.
Ecco perché sono voluto ritornare,
come Successore di Pietro,
alle scaturigini della Chiesa,
al luogo dell'ultima Cena e della prima Eucaristia,
dove il Cristo Risorto si è reso presente
e lo Spirito Santo è stato comunicato agli apostoli.
Con questi sentimenti rendo lode al Padre
che mi dona la grazia di celebrare
il memoriale del Signore
in questo luogo santo,
in questo anno giubilare,
anno intensamente eucaristico,
portando nel cuore
gli stessi sentimenti di Cristo Gesù
nella sua preghiera sacerdotale
per l'unità e la santità della Chiesa.
Invito tutti ad unirvi con me,
con umiltà e purezza di cuore,
nella celebrazione dei santi misteri.
Giovanni Paolo II, preghiera introduttiva della Santa Messa
nel Cenacolo, Gerusalemme 23 marzo
Parole di saluto del Papa ai Rabbini Capi d'Israele presso
Hechal Shlomo
La Chiesa condanna
l'antisemitismo e ogni forma di razzismo
perché in contrasto con i principi del cristianesimo
Il Santo Padre - nella mattina
di giovedì 23 marzo - ha compiuto una visita di cortesia ai due Rabbini Capi di Israele,
Meir Lau e Mordechai Bakshi-Doron, presso la Sede del Gran Rabbinato, a Gerusalemme.
Queste le parole del Santo Padre in una nostra traduzione italiana:
Molto Reverendi Rabbini Capi,
è con grande rispetto che vi faccio visita qui oggi e vi ringrazio per avermi ricevuto
a Hechal Shlomo. Questo incontro ha un significato veramente unico, che - spero e
prego - condurrà a maggiori contatti fra Cristiani ed Ebrei, volti a raggiungere una
comprensione sempre più profonda del rapporto storico e teologico fra le nostre
rispettive eredità religiose.
Personalmente, ho sempre desiderato essere annoverato fra coloro che, da entrambe le
parti, operano per superare i pregiudizi e per garantire un riconoscimento sempre più
ampio e pieno del patrimonio spirituale condiviso dagli Ebrei e dai Cristiani. Ripeto ciò
che ho detto in occasione della mia visita alla Comunità ebraica di Roma, ossia che noi
Cristiani riconosciamo che l'eredità religiosa ebraica è intrinseca alla nostra fede:
"Siete i nostri fratelli maggiori" (cfr Incontro con la Comunità ebraica
della città di Roma, 13 aprile, n. 4). Speriamo che il popolo ebraico riconosca che la
Chiesa condanna totalmente l'antisemitismo e ogni forma di razzismo perché in radicale
contrasto con i principi del cristianesimo. Dobbiamo cooperare per edificare un futuro nel
quale non vi sia più antigiudaismo fra i Cristiani e anticristianesimo fra gli ebrei.
Abbiamo molto in comune. Insieme possiamo fare molto per la pace, per la giustizia e
per un mondo più fraterno e umano. Che il Signore del cielo e della terra ci conduca a
un'era nuova e feconda di rispetto reciproco e di cooperazione, a beneficio di tutti!
Grazie.
Il saluto del Santo Padre al Presidente Weizman
"Il mio
pellegrinaggio è un viaggio della speranza:
che il XXI secolo porti nuova solidarietà tra i popoli del mondo"
Giovanni Paolo II - nella mattina di giovedì 23 marzo - ha compiuto una visita di
cortesia ad Ezer Weizman Presidente dello Stato di Israele, nel Palazzo Presidenziale di
Gerusalemme. All'inizio dell'incontro il Presidente Weizman ha rivolto al Papa parole di
ringraziamento, sottolineando il significato del suo pellegrinaggio quale evento che
richiama il valore del dialogo e della pace.
Queste le parole pronunciate dal Santo Padre in una nostra traduzione italiana:
Signor Presidente,
Ministri del Governo,
Membri della Knesset,
Eccellenze,
Le sono molto grato, signor Presidente, per l'accoglienza che mi ha riservato in
Israele. Entrambi portiamo in questo incontro lunghe storie. Lei rappresenta la memoria
ebraica, che va oltre la storia recente di questa terra fino al viaggio unico del suo
popolo attraverso i secoli e i millenni. Vengo come una persona la cui memoria cristiana
risale a duemila anni fa, alla nascita di Gesù in questa stessa terra.
La storia, come dicevano gli antichi, è Magistra vitae, maestra di vita. È per
questo che dobbiamo essere decisi a guarire le ferite del passato, affinché non si
riaprano più. Dobbiamo operare per una nuova era di riconciliazione e di pace fra gli
ebrei e i cristiani. La mia visita costituisce il pegno che la Chiesa cattolica farà
tutto il possibile per garantire che questo non sia solo un sogno, ma una realtà.
Sappiamo che la vera pace in Medio Oriente sarà solo il frutto della comprensione
reciproca e del rispetto fra tutti i popoli della regione: Ebrei, Cristiani, Musulmani. In
questa prospettiva, il mio pellegrinaggio è un viaggio della speranza: la speranza che il
XXI secolo porti una nuova solidarietà fra i popoli del mondo, nella convinzione che lo
sviluppo, la giustizia e la pace non si ottengono se non per tutti.
Edificare un futuro più luminoso per la famiglia umana è un compito che ci riguarda
tutti. È per questo che sono lieto di salutarvi, Ministri del Governo, membri della
Knesset e Rappresentanti Diplomatici di molti Paesi, che dovete prendere e attuare
decisioni che influiranno sulla vita dei popoli. È mia fervida speranza che un autentico
desiderio di pace ispiri tutte le vostre decisioni. Con questa mia preghiera, invoco
abbondanti benedizioni divine su di Lei, Presidente, sul suo Paese e su tutti voi che mi
avete onorato della vostra presenza. Grazie.
Il discorso pronunciato al Mausoleo di Yad Vashem, il
Monumento alla Memoria
Mai più sentimenti
antiebraici fra i cristiani
Mai più sentimenti anticristiani fra gli ebrei
"Sono venuto per rendere omaggio ai
milioni di ebrei che furono uccisi nell'Olocausto"
Giovanni Paolo II - nella
mattina di giovedì 23 marzo - ha visitato il Mausoleo di Yad Vashem, a Gerusalemme. Ad
accoglierlo era, tra gli altri, Ehud Barak, Primo Ministro dello Stato di Israele. Questo
il discorso del Papa in una nostra traduzione italiana:
|
Le parole dell'antico Salmo sgorgano dal nostro cuore:
"Sono diventato un rifiuto.
Se odo la calunnia di molti,
il terrore mi circonda;
quando insieme contro di me congiurano,
tramano di togliermi la vita.
Ma io confido in te, Signore; dico: "tu sei il mio Dio"" (Sal 31,
13-15). |
1. In questo luogo della memoria, la mente, il cuore e l'anima provano un estremo
bisogno di silenzio. Silenzio nel quale ricordare. Silenzio nel quale cercare di dare un
senso ai ricordi che ritornano impetuosi. Silenzio perché non vi sono parole abbastanza
forti per deplorare la terribile tragedia della Shoah. Io stesso ho ricordi
personali di tutto ciò che avvenne quando i Nazisti occuparono la Polonia durante la
Guerra. Ricordo i miei amici e vicini ebrei, alcuni dei quali sono morti, mentre altri
sono sopravvissuti.
Sono venuto a Yad Vashem per rendere omaggio ai milioni di Ebrei che, privati di tutto,
in particolare della loro dignità umana, furono uccisi nell'Olocausto. Più di mezzo
secolo è passato, ma i ricordi permangono.
Qui, come ad Auschwitz e in molti altri luoghi in Europa, siamo sopraffatti dall'eco
dei lamenti strazianti di così tante persone. Uomini, donne e bambini gridano a noi dagli
abissi dell'orrore che hanno conosciuto. Come possiamo non prestare attenzione al loro
grido? Nessuno può dimenticare o ignorare quanto accadde. Nessuno può sminuirne la sua
dimensione.
2. Noi vogliamo ricordare. Vogliamo però ricordare per uno scopo, ossia per
assicurare che mai più il male prevarrà, come avvenne per milioni di vittime innocenti
del Nazismo.
Come poté l'uomo provare un tale disprezzo per l'uomo? Perché era arrivato al punto
di disprezzare Dio. Solo un'ideologia senza Dio poteva programmare e portare a termine lo
sterminio di un intero popolo.
L'onore reso ai "gentili giusti" dallo Stato di Israele a Yad Vashem per aver
agito eroicamente per salvare Ebrei, a volte fino all'offerta della propria vita, è una
dimostrazione che neppure nell'ora più buia tutte le luci si sono spente. Per questo i
Salmi, e l'intera Bibbia, sebbene consapevoli della capacità umana di compiere il male,
proclamano che non sarà il male ad avere l'ultima parola. Dagli abissi della sofferenza e
del dolore, il cuore del credente grida: "Io confido in te, Signore; dico: "tu
sei il mio Dio"" (Sal 31, 14).
3. Ebrei e Cristiani condividono un immenso patrimonio spirituale, che deriva
dall'autorivelazione di Dio. I nostri insegnamenti religiosi e le nostre esperienze
spirituali esigono da noi che sconfiggiamo il male con il bene. Noi ricordiamo, ma
senza alcun desiderio di vendetta né come un incentivo all'odio. Per noi ricordare
significa pregare per la pace e la giustizia e impegnarci per la loro causa. Solo un mondo
in pace, con giustizia per tutti, potrà evitare il ripetersi degli errori e dei terribili
crimini del passato.
Come Vescovo di Roma e Successore dell'Apostolo Pietro, assicuro il popolo ebraico che
la Chiesa cattolica, motivata dalla legge evangelica della verità e dell'amore e non da
considerazioni politiche, è profondamente rattristata per l'odio, gli atti di
persecuzione e le manifestazioni di antisemitismo dirette contro gli ebrei da cristiani in
ogni tempo e in ogni luogo. La Chiesa rifiuta ogni forma di razzismo come una negazione
dell'immagine del Creatore intrinseca ad ogni essere umano (cfr Gn 1, 26).
4. In questo luogo di solenne memoria, prego ferventemente che il nostro dolore per la
tragedia sofferta dal popolo ebraico nel XX secolo conduca a un nuovo rapporto fra
Cristiani ed Ebrei. Costruiamo un futuro nuovo nel quale non vi siano più sentimenti
antiebraici fra i Cristiani o sentimenti anticristiani fra gli Ebrei, ma piuttosto il
reciproco rispetto richiesto a coloro che adorano l'unico Creatore e Signore e guardano ad
Abramo come il comune padre nella fede (cfr Noi Ricordiamo: una riflessione sulla
Shoah, V).
Il mondo deve prestare attenzione al monito che proviene dalle vittime dell'Olocausto e
dalla testimonianza dei superstiti. Qui a Yad Vashem, la memoria è viva e arde nel nostro
animo. Essa ci fa gridare:
"Se odo la calunnia di molti, il terrore mi circonda;
io confido in te, Signore; dico: "tu sei il mio Dio"" (Sal 31,
13-15).
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