C’è molta soddisfazione e sollievo in Israele per la decisione del
Nunzio apostolico, mons. Antonio Franco, di presenziare alla cerimonia
inaugurale della Giornata della Memoria della Shoah, tenutasi ieri
(domenica 15) sera, negli ambienti del Monumento Nazionale di "Yad
Va-Shem". Il Rappresentante Pontificio è receduto così dalla scelta
precedente di non essere presente, per protesta contro l'esposizione
nell'attiguo Museo della Shoah di una fotografia del Servo di Dio, papa
Pio XII, accanto a quelle dei dittatori fascisti, con una
scritta
accusatoria, che gli attribuisce pesanti responsabilità per non essersi
attivato - sempre secondo la stessa "didascalia" - a condannare con più
energia e più esplicitamente la tirannia nazista, e per salvare gli
ebrei dallo sterminio. La nuova decisione dell'alto prelato sarebbe stata motivata dalla
"disponibilità” "rivedere" il testo offensivo dimostrata in extremis
dall'Istituto commemorativo.
Così hanno riferito i media israeliani. Gli
stessi opinano che l'evoluzione della posizione vaticana – dato che
nessuno crede che si sia trattato, né all'inizio né dopo, di
un'iniziativa autonoma del Nunzio - sia dovuta anche alle reazioni
preoccupate di personaggi ed organismi, cattolici ed ebraici, ,
impegnati nel dialogo tra cattolici ed ebrei e stimati dalle Autorità
ecclesiastiche. Il loro messaggio sarebbe stato questo: è giusto e
doveroso protestare con vigore contro le calunnie e le offese
gratuitamente recate al Servo di Dio, ma non dovrebbe essere questo il
modo. Autore dell'insulto è la direzione di "Yad Va-Shem" come
istituzione particolare, ma la cerimonia non è affare di tale
istituzione, anche se essa lo ospita, e boicottarla non potrà non ferire
le sensibilità di un intero popolo - il che certamente sarebbe del tutto
estraneo, anzi contrario, alle intenzioni del rappresentante pontificio
e dei suoi Superiori.
È quasi certo che l'attività diplomatica per rimediare all'offesa
della "didascalia" continuerà con forza, ma per altre vie. In vista di
questo proseguimento, il clamoroso gesto prima annunciato dal Nunzio
potrebbe ancora rivelarsi utilissimo: esso avrebbe convinto la parte
israeliana della grave importanza che la Chiesa attribuisce alla
questione, e della necessità che vi si ponga rimedio con urgenza.
Mons. Franco al SIR, perché non vado allo
Yad Vashem
Il delegato apostolico di Gerusalemme e Palestina, mons. Antonio
Franco, non parteciperà all’annuale cerimonia di commemorazione della
Shoah, che si terrà la prossima settimana allo Yad Vashem, il museo
dell’Olocausto a Gerusalemme. A confermarlo al Sir è lo stesso Nunzio
che così spiega “questa dolorosa rinuncia”: “ho scritto una lettera al
direttorato dello Yad Vashem spiegando che già l’anno scorso avevamo
fatto presente la nostra difficoltà per la foto con didascalia di Pio
XII presente nel memoriale” (la didascalia riferisce della posizione,
ritenuta ambigua, del pontefice sull’uccisione degli ebrei durante
l’Olocausto, ndr). “Nella risposta alla mia lettera che vedo oggi su
alcuni giornali israeliani – prosegue mons. Franco – si dice che non
si può cambiare la verità storica. I fatti non si possono cambiare ma
di questi si è data un’interpretazione contraria anche a molte altre
verità storiche e soprattutto a tutta un’altra storiografia che
interpreta in altro modo”.
“Mi
fa male andare allo Yad Vashem e vedere Pio XII così presentato –
dichiara mons. Franco - e questo ho fatto presente nella lettera.
Forse si potrebbe togliere la foto o cambiare la didascalia. Ma
certamente il Papa non può essere messo in mezzo a uomini che
dovrebbero vergognarsi per quanto compiuto contro gli ebrei. Pio XII
non dovrebbe vergognarsi per tutto quello che ha fatto per la salvezza
degli ebrei, messo in risalto da fonti storiche”. “La mia lettera, che
segue una simile dello scorso anno, chiedeva un’attenzione al
problema. Tuttavia tengo a precisare che la mia assenza alla cerimonia
non significa mancanza di rispetto per il ricordo e per le vittime di
questa tragedia. Questo è fuori discussione. Leggendo oggi i giornali
– conclude il Nunzio - mi rifiuto categoricamente di dire che c’è
della responsabilità della Chiesa cattolica e della Santa Sede nel non
aiutare gli ebrei, con tutto quello che è stato fatto. Quella foto
offende tutta la Chiesa cattolica. E questo l’ho voluto fare
presente”.
Testo della didascalia sotto la foto
di Pio XII a Yad Vashem:
“La reazione di Pio XII
all’uccisione degli ebrei durante la Shoà è una questione controversa.
Nel 1933, quando era Segretario di Stato vaticano, si attivò per
ottenere un Concordato con il regime tedesco per preservare i diritti
della Chiesa in Germania, anche se ciò significò riconoscere il regime
razzista nazista. Quando fu eletto Papa nel 1939, accantonò una lettera
contro il razzismo e l’antisemitismo preparata dal suo predecessore.
Anche quando notizie sull’uccisione degli ebrei raggiunsero il Vaticano,
il Papa non protestò né verbalmente né per iscritto. Nel dicembre 1942,
si astenne dal firmare la dichiarazione degli Alleati che condannava lo
sterminio degli ebrei. Quando ebrei furono deportati da Roma ad
Auschwitz, il Papa non intervenne. Il Papa mantenne una posizione
neutrale per tutta la guerra, con l’eccezione degli appelli ai
governanti di Ungheria e Slovacchia verso la fine. Il suo silenzio e la
mancanza di linee guida costrinsero il clero d’Europa a decidere per
proprio conto come reagire”.
v.anche
Innumerevoli le
testimonianze: Pio XII ordinò di aprire i conventi per proteggere
gli ebrei
Rabbino americano difende la Chiesa cattolica
La croce e la sinagoga. Ebrei e cristiani a confronto
PIO XII, Giovanni XXIII e i bambini ebrei salvati in Francia
Paolo VI al Comitato internazionale di collegamento tra Chiesa ed
ebraismo mondiale
Comunicato della Commissione per i rapporti religiosi con l'ebraismo
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