Innumerevoli le testimonianze: Pio
XII ordinò
di aprire i conventi per proteggere gli ebrei
Moltissime
testimonianze dell’opera di assistenza agli ebrei si trovano nel libro
di Antonio Gaspari pubblicato da Editorial Planeta in Spagna nel 1999
con il titolo “Los Judíos, Pío XII y la Leyenda Negra”, e distribuito
in Italia dalla Editrice Ancora, lo stesso anno, con il titolo
“Nascosti in convento”
Ha suscitato molto clamore la dichiarazione
rilasciata martedì dal Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone,
secondo cui il Pontefice Pio XII, il 25 ottobre 1943, firmò una
circolare in cui chiedeva a tutti gli istituti religiosi di aprire le
porte per accogliere gli ebrei perseguitati. Questo documento
smentisce in maniera definitiva la teoria di alcuni commentatori
critici, i quali sostengono che i Vescovi, le religiose, i religiosi e
i tantissimi cattolici che a rischio della propria vita salvarono gli
ebrei dallo sterminio, lo fecero senza che l'allora Pontefice ne fosse
minimamente a conoscenza.
In realtà, ancor prima di questa rivelazione, sono emerse
innumerevoli prove di come l’intera opera di assistenza orchestrata
dalla Chiesa cattolica nel tentativo di porre in salvo gli ebrei
perseguitati fu decisa e ordinata dal Papa Pio XII in persona.
Il canonico di Assisi, monsignor Aldo Brunacci, ha raccontato e
scritto in interviste e libri che “il terzo giovedì del settembre
1943, dopo la consueta riunione mensile del clero che aveva luogo nel
Seminario Diocesano, il Vescovo mi chiamò in disparte nel vano
antistante la cappella e mostrandomi una lettera della Segreteria di
Stato mi disse: ‘Dobbiamo organizzarci per prestare aiuto ai
perseguitati e soprattutto agli ebrei, questo è il volere del Santo
Padre Pio XII. Il tutto va fatto con la massima riservatezza e
prudenza. Nessuno, neppure tra i sacerdoti deve sapere la cosa”.
Brunacci, che insieme al Vescovo di Assisi, monsignor Giuseppe Placido
Nicolini, è stato riconosciuto come “Giusto tra le Nazioni” dallo Yad
Vashem, ha sostenuto di aver visto la lettera inviata dalla Segreteria
di Stato vaticana.
A conferma di ciò vi è anche la testimonianza che il professor Emilio
Viterbi, docente dell’Università di Padova, un rifugiato ebreo ad
Assisi, rilasciò il 6 gennaio del 1947, in occasione del settantesimo
compleanno di monsignor Nicolini.
“Degli innumerevoli episodi che si potrebbero citare per illuminare
sull’indefessa e santamente umanitaria azione che il Clero di Assisi
ha compiuto a favore degli ebrei perseguitati sotto l’alta guida del
suo Vescovo mons. Placido Nicolini che col più grande amore ed
altissimo zelo ha così seguita la filantropica volontà del Santo
Padre”, disse in quell'occasione.
Il professor Viterbi raccontò che: “Durante l’ultimo periodo
dell’occupazione tedesca il suo Vescovado era diventato asilo di
un’infinità di profughi e perseguitati, ciò nonostante quando mi recai
da lui per chiedergli se, in estreme eventualità, avesse potuto
ospitarmi assieme alla mia famiglia, egli con la sua grande semplicità
e col suo sorriso bonario mi rispose: ‘Non ho di libere che la mia
stanza da letto e lo studio, ma posso benissimo arrangiarmi a dormire
in quest’ultimo. La stanza da letto è a vostra disposizione'”.
Una storia simile la raccontò anche suor Ferdinanda dell’Istituto
delle Suore di San Giuseppe di Chambéry, a Roma. La religiosa rivelò
che “fu il Pontefice Pio XII che ci ordinò di aprire le porte a tutti
i perseguitati. Se non ci fosse stato l’ordine del Papa sarebbe stato
impossibile mettere in salvo tanta gente”.
Il 17 marzo 1998 suor Ferdinanda ricevette dall’Ambasciata israeliana
a Roma la medaglia di “Giusto tra le Nazioni” per aver contribuito
alla salvezza di tanti ebrei durante l’occupazione nazista di Roma.
In quell’occasione per confermare le intenzioni di Pio XII, suor
Ferdinanda mostrò una lettera del Cardinale Segretario di Stato Luigi
Maglione inviata alla reverenda Madre Superiora il 17 gennaio 1944, in
piena occupazione nazista.
Nella lettera il Segretario di Stato, a nome del Pontefice Pio XII e
in riferimento ai tanti ebrei nascosti nell’Istituto, scrisse: “La
Santità Sua paternamente grata, implora perciò su cotesti così diletti
figli le ineffabili ricompense della divina Misericordia, affinché,
abbreviati i giorni di tanto dolore, conceda ad essi il Signore un
sereno, tranquillo e prospero avvenire”.
“Intanto, in segno di particolare benevolenza, la Santità Sua,
riconoscente verso codeste dilette Suore di San Giuseppe di Chambéry
per l’opera di misericordia che esercitano con tanto cristiana
comprensione, invia ad esse e ai cari rifugiati la confortatrice
Benedizione Apostolica”, continuava la missiva.
Di come la Segreteria di Stato vaticana fosse in diretto contato con i
conventi che nascondevano gli ebrei, ha raccontato suor Maria
Piromalli, dell’Istituto Pio X che si trova a Roma, in Piazza S.
Pancrazio 44.
Nell’Istituto, fondato da don Guanella e gestito dalle Figlie di Santa
Maria della Provvidenza, furono nascosti 44 ebrei tra uomini e donne.
Suor Maria Piromalli ricordò che Pio XII “ha lanciato un appello a
tutti gli istituti religiosi di Roma per soccorrere gli ebrei” e
aggiunse che ad avvertire il suo Istituto fu don Emilio Rossi.
Nell’opera dell’Archivio Segreto Vaticano, pubblicata nel 2004 con il
titolo “Inter Arma Caritas. L’Ufficio Informazioni Vaticano istituito
da Pio XII (1939-1947)”, risulta che don Emilio Rossi fosse il
Segretario dell'Ufficio Informazioni per i prigionieri di guerra,
della Segreteria di Stato, ovvero l'ufficio che si occupava
dell’assistenza agli ebrei.
[Moltissime testimonianze dell’opera di assistenza agli ebrei si
trovano nel libro di Antonio Gaspari pubblicato da Editorial Planeta
in Spagna nel 1999 con il titolo “Los Judíos, Pío XII y la Leyenda
Negra”, e distribuito in Italia dalla Editrice Ancora, lo stesso anno,
con il titolo “Nascosti in convento”]
v.anche
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