Israele annunzia la ripresa dei negoziati con la Santa Sede

La visita, non annunciata in precedenza, di una delegazione israeliana alla Segreteria di Stato è segno di un nuovo clima positivo fra lo stato d’Israele e la Santa Sede.

 
Gerusalemme – La Commissione di lavoro bilaterale permanente Santa Sede – Israele si è incontrata questa mattina (13 dicembre 2006) presso il ministero israeliano degli Esteri. Alla fine dell’incontro, che si è svolto “in un’atmosfera di grande cordialità”, le delegazioni hanno approvato un comunicato congiunto in cui parlano di “progresso” nei colloqui, esprimono “un impegno comune per velocizzare i negoziati” e fissano il prossimo incontro per il 29 gennaio del 2007. I negoziati mirano a concludere l'Accordo detto “economico”, richiesto dall'Accordo fondamentale del 1993, per tutelare lo statuto fiscale della Chiesa in Israele e salvaguardare i luoghi santi ed altre proprietà ecclesiastiche.

Anche in Israele è disponibile la conferma del sorprendente annuncio fatto ieri da diplomatici israeliani a Roma, nel corso di una conferenza stampa, e cioè che il governo israeliano e la Santa Sede si sono accordati per tenere nel dicembre e gennaio prossimi alcuni incontri della Commissione di lavoro bilaterale permanente, dopo che il governo Olmert aveva evitato di fare ciò sin dall’inizio del suo incarico, la scorsa primavera.

I rappresentanti del ministero israeliano degli Esteri, guidati dal direttore generale, hanno appena concluso una visita – non annunciata in precedenza – alla Segreteria di Stato della Santa Sede, nel Palazzo vaticano. La notizia è stata accolta con sollievo e cauto ottimismo negli ambienti ecclesiali.

La cancellazione delle sessioni di negoziati previste per il maggio scorso da parte del governo israeliano aveva creato molte preoccupazioni fino a temere che i negoziati, richiesti dall’Accordo fondamentale del 1993 fra Santa Sede ed Israele, iniziati l’11 marzo del 1999, protrattisi fino ad ora, potevano essere sospesi a tempo indefinito, con conseguenze incalcolabili sia per le istituzioni cattoliche in Israele che per le relazioni bilaterali, fondate interamente sull’Accordo e sulla sua attuazione.

Non è chiaro cosa abbia spinto il governo a cambiare atteggiamento in modo improvviso, anche se si sa che il Vaticano non ha mai abbandonato i suoi sforzi diplomatici (anche se discreti).

In più, viene spesso ricordato nei media che la Chiesa cattolica americana, alcuni influenti elementi del governo Usa – nel Dipartimento di Stato, Congresso e nella stessa Casa Bianca – hanno di continuo incoraggiato Israele ad essere fedele al suo impegno verso la Chiesa cattolica e la Santa Sede.

Fra gli altri, un’organizzazione non governativa fondata da poco – “The Church and Israel Public Education Iniziative”, che si propone di informare e sostenere le relazioni fra la Chiesa cattolica e la società israeliana – ha iniziato ad informare gli americani sul significato che ha per loro, come cattolici e come americani, lo sviluppo delle relazioni fra Chiesa e Israele, basate sull’Accordo fondamentale.

Il presidente dell’organizzazione, il francescano David-Maria A. Jaeger, dice ad AsiaNews: “L’annuncio della ripresa dei dialoghi è molto importante, dà una ragione per rinnovare la speranza”. Il p. Jaeger ammette di essere felicemente “contento” per l’annuncio israeliano sulla imminente ripresa dei colloqui.

Il francescano - anch’egli negoziatore navigato, molto rispettato ovunque per il ruolo che ha svolto nell’aiutare a formare lo storico accordo del 1993 – aggiunge: “Qualunque siano le difficoltà, con il dialogo si può risolvere tutto; senza di esso non si risolve nulla”.

Come si sa, il futuro accordo, per la maggior parte, è teso a salvaguardare la proprietà della Chiesa sui propri luoghi di culto, e confermare (forse in una forma più aggiornata) le tradizionali esenzioni fiscali, che per secoli hanno permesso che le donazioni dei cattolici di tutto il mondo siano usate interamente per il sostenimento della vita e della testimonianza della Chiesa in Terra Santa, cosa che comprende il suo servizio a favore dei poveri, l’educazione e la salute.


Accordi efficaci tra Israele e Santa Sede eliminerebbero incomprensioni nella società civile

Afferma il sacerdote francescano David Jaeger, giurista ed esperto di tematiche sul Medio Oriente

Israeliani e cattolici guardano con profonda attesa la celebrazione, a dicembre e nel gennaio prossimo, di alcuni incontri della Commissione bilaterale permanente Israele-Santa Sede, volti alla regolamentazione di questioni chiave nel rapporto tra Chiesa e Stato.

Il 27 novembre una delegazione del Governo israeliano ha fatto visita alla Santa Sede per rinnovare l'invito a Benedetto XVI a recarsi in Israele e per stabilire un’agenda di negoziati. Il rappresentante israeliano Aaron Abramovich ha spiegato in seguito che erano stati fissati due incontri per superare le attuali divergenze nell’applicazione dell’Accordo Fondamentale tra la Santa Sede e lo Stato di Israele.

Il primo incontro, questo mese, sarà tra esperti del Vaticano e di Israele; il secondo si celebrerà a gennaio a livello di interlocutori con rango di ministri.

Il 30 dicembre 1993 è stato firmato l’Accordo Fondamentale tra la Santa Sede e lo Stato di Israele; sono state così stabilite relazioni diplomatiche tra le parti.

Il 10 novembre 1997 la Santa Sede e Israele hanno firmato un secondo e significativo trattato con cui lo Stato di Israele ha riconosciuto la personalità giuridica della Chiesa e di tutti i suoi organismi.

Entrambi gli Accordi sono stati ratificati e sono entrati in vigore sulla base di un piano internazionale, rispettivamente il 10 marzo 1994 e il 3 febbraio 1999. Finora, però, nessun accordo è stato tramutato in legge dello Stato di Israele, nonostante gli anni trascorsi.

Giurista ed esperto in temi relativi al Medio Oriente, padre David Jaeger ha parlato ai microfoni della “Radio Vaticana” delle prossime due riunioni.

Il sacerdote ha detto di auspicare che “si possa arrivare al tanto sospirato accordo”, perché “i negoziati vanno avanti ormai dall’11 marzo 1999 ed hanno come finalità di regolare questioni importantissime per la vita della Chiesa e nei rapporti tra Stato e Chiesa”.

“I rapporti di per sé sarebbero amichevoli”, ma “con la ripresa dei negoziati è evidente a tutti che i rapporti si troveranno in uno stato migliore – ha osservato –. Credo che tutti – sia israeliani che cattolici – siano ora ansiosi, affinché questi rapporti arrivino ad avere una stabilità amichevole, che la conclusione degli accordi potrà dar loro”.

“Anzitutto – ha avvertito – si dovrebbe arrivare all’accordo che si sta ora negoziando, che ha l’intenzione di assicurare alla Chiesa la proprietà dei Luoghi Santi che le appartengono, e di confermare le esenzioni fiscali, riconosciute anche dal diritto internazionale”.

“La Chiesa avrebbe così guadagnato sicurezza giuridica ed economica ed al contempo eliminato praticamente tutte o quasi tutte le cause eventuali di attrito o di incomprensione con la società civile”, ha detto padre Jaeger.

Riguardo alla questione, in sospeso da anni, “dello statuto legale dell’Accordo Fondamentale del 1993” – che “sembra o risulta non abbia ancora ottenuto effetti legali in Israele” – “si richiede una legge di applicazione”, ha sottolineato infine il francescano.
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[Fonti: AsiaNews 28 novembre - Zenit 7 dicembre 2006]


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Achille Silvestrini, Il Vaticano e Israele