Jules Isaac e le origini di Nostra Aetate
Prof. Marco Morselli

A quarant'anni dalla promulgazione della Dichiarazione conciliare "Nostra Aetate", pubblichiamo un'ampia ed emblematica rassegna ed interpretazione degli eventi più significativi che hanno contrassegnato la vita e l'esperienza di uno dei principali protagonisti del nuovo corso delle relazioni ebraico-cristiane. Si tratta di una nutrita integrazione del testo che costituiva la prefazione - già pubblicata su questo sito - al libro di Jules Iaac "Gesù e Israele"

1. Jules Isaac nasce a Rennes nel 1867, figlio di Léonie Massenbach di Strasburgo e di Edouard Marx Isaac, di Metz, un militare, figlio e nipote di militari. Il nonno di Jules, Isaac Marx, aveva partecipato alla Campagna di Russia, il padre di Jules aveva partecipato alla Guerra franco-prussiana. Ebrei laici, assimilati, avevano scelto la Francia della Rivoluzione che aveva fatto di loro dei cittadini a pieno titolo ed erano poi sinceramente e vigorosamente rimasti devoti alla Terza Repubblica.

Mentre il nonno si chiamava Isaac Marx, il padre sceglie di invertire nome e cognome e si ha così quel Marx Isaac al quale viene premesso un altro nome, francese, Edouard. Il nipote, Jules Marx Isaac lascerà poi cadere il Marx. Questa storia di nomi ha la sua importanza e aiuta a capire la dedica di Jésus et Israël: A mia moglie, a mia figlia martiri uccise dai nazisti di Hitler semplicemente perché si chiamavano ISAAC.

Edouard e Léonie hanno tre figli: Laure (n. 1867), Henriette (n. 1873) e Jules (n. 1877). I genitori muoiono quando Jules ha 13 anni. Posto sotto la tutela del cognato Salomon Blum, viene fatto entrare nel Collegio «Lakanal», dove conosce Charles Péguy (1873-1914), al quale rimarrà sempre molto legato.

A Péguy dedica la sua autobiografia Expériences de ma vie (Paris 1959). In una conferenza del 1950 così si esprime: «La vita e l’opera di Péguy portano testimonianza di quella solidarietà profonda tra Israele e la Chiesa di Cristo di cui è stato detto che è essenziale alla fede cristiana». E ancora dirà che è Péguy che gli ha trasmesso il bruciante e assoluto amore per la verità.

Isaac frequenta poi il prestigioso liceo «Henry IV» e, en classe de khagne, ha come professore di filosofia Henri Bergson.

Dopo aver fatto il suo servizio militare e aver ottenuto l’agrégation di storia, sposa Laure Ettinghausen, una pittrice. Nel 1903 nasce la figlia Juliette, nel 1907 il figlio Daniel e nel 1918 il figlio Jean-Claude.

Partecipa alla Prima guerra mondiale per quattro anni, trascorrendo 30 mesi in trincea, e viene ferito a Verdun. Racconta la guerra alla sua sposa in lettere quasi quotidiane. Sono conservate presso il Fondo Jules Isaac della Biblioteca «Méjanes» di Aix-en-Provence e sono state recentemente pubblicate.

Nel dopoguerra lavora alla riconciliazione tra Francesi e Tedeschi e inizia a riflettere sul diritto dell’uomo alla pace. Le sue considerazioni sul rapporto tra scienza, tecnica e etica ono documentate nel suo epistolario con Albert Einstein.

Professore di storia, nel 1906 inizia a lavorare a un manuale, il Malet-Isaac, sul quale hanno studiato quattro generazioni di Francesi. Sarà anche tradotto in spagnolo e adottato in America Latina; viene ancora ristampato. Nel 1936 Isaac viene nominato Ispettore generale del Ministero dell’educazione nazionale.

Radiato dall’insegnamento e ridotto in miseria dalle leggi razziste del 1940, scrive una critica del governo collaborazionista di Vichy con Les oligarques (Paris 1945). Cerca rifugio prima a Aix-en-Provence, poi a Clermont-Ferrand. La sua biblioteca è distrutta, i suoi libri, frutto del lavoro di una vita, vengono ritirati dalle librerie e inviati al macero. Anche qui: è il nome del secondo Patriarca sulle copertine ad essere inaccettabile.

Il 7 ottobre 1943 la catastrofe: Jules lascia la sua stanza d’albergo per andare dal barbiere. Al ritorno apprende che la Gestapo ha perquisito la stanza e portato via Laure. La figlia, il cognato e uno dei figli erano già stati arrestati.

I poliziotti hanno lasciato un messaggio: se il marito non si consegna, la moglie e i figli ne subiranno le conseguenze. Jules è sconvolto. Quando decide di recarsi negli uffici della Gestapo sono ormai chiusi per l’ora tarda.

Il giorno dopo gli viene recapitato un messaggio di Laure: «Mon ami, garde-toi pour nous, aie confiance et finis ton oeuvre que le monde attend». Sono parole alle quali non ci si può sottrarre. Isaac si mette a scrivere Jésus et Israël. Lo nasconde, a rischio della vita, e gli procura i libri di cui ha bisogno Germane Bocquet, partigiana cattolica, ora insignita del titolo di «giusta tra le nazioni».

Jules Isaac saprà solo nel 1945 cosa è successo. Il treno era partito il 28 ottobre ed era arrivato ad Auschwitz due giorni dopo. Solo il figlio Jean-Claude farà ritorno. Il nome Isaac però non sopravvive: sceglierà di chiamarsi Jean-Claude Janet.

2. Quando la sua esistenza era ormai alle soglie della vecchiaia, minacciata ed errante, sconvolta e perseguitata, Isaac inizia a chiedersi: come è possibile? Come è possibile nel cuore dell’Europa, nel cuore del Novecento, una simile barbarie? Come è stata possibile la Shoah nell’Europa da secoli cristiana? La sua sconvolgente scoperta è che l’insegnamento del disprezzo, capillarmente diffuso per secoli, e che ha il suo culmine nel mito del popolo deicida, ha contribuito a preparare e rendere possibile la distruzione degli Ebrei d’Europa.

Jésus et Israël è «il grido di una coscienza indignata, di un cuore lacerato». Si compone di 21 argomenti e di una conclusione pratica, che così riassumiamo:

  1. La religione cristiana è figlia della religione ebraica.
  2. Gesù è ebreo.
  3. Ebraica è la sua famiglia, ebrea è sua madre Maria (Miryam), ebraico è l’ambiente nel quale vive.
  4. Gesù è circonciso.
  5. Il suo nome è Yeshua. Cristo è l’equivalente greco di Messia.
  6. Il Nuovo Testamento ci è pervenuto in greco, ma Yeshua parlava in ebraico e aramaico.
  7. Nel I secolo la vita religiosa in Israele era profonda e intensa.
  8. L’insegnamento di Yeshua si è svolto nel quadro tradizionale dell’ebraismo.
  9. Yeshua ha osservato la Torah.
  10. E’ un errore voler separare il Vangelo, la Buona Notizia, dall’ebraismo.
  11. La Diaspora ebraica ha avuto inizio molti secoli prima della nascita di Yeshua.
  12. Non si può affermare che il popolo ebraico nella sua totalità abbia rinnegato Yeshua.
  13. Secondo i Vangeli, ovunque Yeshua sia passato, tranne rare eccezioni, è stato accolto con entusiasmo.
  14. Non si può affermare che il popolo ebraico abbia respinto il Messia.
  15. Yeshua non ha pronunciato una sentenza di condanna e di decadenza d’Israele.

Gli argomenti dal 16 al 20 sono dedicati al tema del popolo deicida: «In tutta la Cristianità, da 18 secoli, si insegna correntemente che il popolo ebraico, pienamente responsabile della crocifissione, ha compiuto l’inspiegabile crimine del deicidio. Non vi è accusa più micidiale: in effetti non vi è accusa che abbia fatto scorrere più sangue innocente».

  1. Israele non ha respinto Yeshua né lo ha crocifisso. Yeshua non ha respinto Israele né lo ha maledetto.
  2. Conclusione pratica: necessità di una riforma, redressement, dell’insegnamento cristiano.

3. Nel 1942 Jules Isaac aveva iniziato a leggere il Nuovo Testamento, in greco, e aveva allora fatto una scoperta sorprendente: l’insegnamento tradizionale della Chiesa ha tradito i Vangeli. Nel suo Carnet du lépreux scrive: «J’ai lu les Evangiles. (...) Et les ayant lus, scrutés, honnêtement, minutieusement, en ce qui concerne Israël et la position de Jésus par rapport à Israël, je suis arrivé à cette convinction que la tradition reçue ne cadrait pas avec le texte évangélique, qu’elle le débordait de toutes parts. Et je suis arrivé à cette convinction que cette tradition reçue, enseignée depuis des centaines et des centaines d’années par des milliers et des milliers de voix, était la source première et permanante de l’antisémitisme, la souche puissante et séculaire sur laquelle toutes les autres variétés d’antisémitisme – même les plus contraires – étaient venues se greffer»

Egli considerava la scrittura di Jésus et Israël come «une tâche à accomplir (…) une mission sacrée. Je m’y attelai désespérément, de toutes mes forces déclinantes, tendu à l’ extrême : vraie course contre la montre, car la maladie avec le désespoir me tallonait».

Nel 1946, mentre era intento a scriverne l’ultima parte, che tratta dell’accusa di deicidio, scopre in una libreria di Aix-en-Provence il libro Jésus en son temps di Daniel- Rops, che avrebbe goduto di uno straordinario successo editoriale. Gli occhi gli cadono sul commento al di per sé già inverosimile grido: «Che il suo sangue ricada su di noi»: «Ce dernier voeu du peuple qu’il avait élu, Dieu, dans sa justice, l’a exaucé. Au long des siècles, sur toute la terre où s’est dispersée la race juive, le sang retombe et, eternellement le cri du meurtre poussé au prétoire de Pilate couvre un cri de détresse mille fois répété. Le visage d’Israël persécuté emplit l’Histoire, mais il ne peut faire oublier cet autre visage sali de sang et de crachats, et dont la foule juive, elle, n’a pas eu pitié. Il n’appartenait pas à Israël, sans doute, de ne pas tuer son Dieu après l’avoir méconnu, et, comme le sang appele mystérieuseent le sang, il n’appartient peut-être pas davantage à la charité chrétienne de faire que l’horreur du pogrom ne compense, dans l’équilbre secret des volontés divines, l’insoutenable horreur de la Crucifixion». Ecco una prima teologia cristiana della Shoah ! Jules Isaac non riesce a dominare la sua indignazione.

Nel 1947 il libro è terminato, ma non ancora pubblicato. In agosto si tiene a Seelisberg una Conferenza di cristiani ed ebrei per la quale Isaac prepara 18 punti che serviranno come base dei 10 punti di Seelisberg.

Nell’aprile 1948 Jésus et Israël viene pubblicato e contemporaneamente (tra febbraio e maggio) si costituisce il primo gruppo di «Amitié judéo-chrétienne».

Il 14 maggio nasce lo Stato d’Israele. La rinascita dopo 20 secoli di una sovranità ebraica in Eretz Israel mette in crisi la teoria della maledizione del popolo d’Israele, costretto dal castigo di Dio a un perpetuo errare.

Sempre nel 1948 Isaac partecipa a un incontro dell’ «International Council of Christians and Jews» e segue da lontano i lavori del «World Council of Churches».

Nel 1956 esce Genèse de l’antisémitisme (ripubblicato anche nel 1998) che è dedicato A mes chers amis chrétiens, et plus particulièrement à mes chers amis catholiques, à tous ceux qui ont répondu loyalement à mon appel des années 1946-47. Il libro affronta il tema dell’antisemitismo dell’Antichità e del Medio Evo, degli autori pagani e cristiani, e, con la nascita dell’Impero cristiano di Costantino, del costituirsi di un sistema di esclusioni, interdizioni, vessazioni che Isaac chiama le système d’avilissement. Per il periodo 135-425 può ora utilizzare il libro di Marcel Simon Verus Israel (Paris 1948); il titolo richiama la tesi cardine della teoria della sostituzione secondo la quale il vero Israele è la Chiesa. Confrontando i due antisemitismi, quello pagano e quello cristiano, Simon osserva: «Le second revêt, du fait qu’il est entretenu par l’Eglise, un caractère officiel, systématique et cohérent, qui a toujours fait défaut au premier. Il est au service de la théologie et nourri par elle (...) il poursuit un but très précis : rendre les juifs odieux».

Nel 1962 viene pubblicato L’enseignement du mépris, un’opera più breve, tale da poter raggiungere un pubblico più vasto, in cui vengono riprese alcune tesi di Jesus et Israël. Interessante è che ora Isaac ha potuto utilizzare i Manoscritti scoperti a Qumran.

4. Il 16 ottobre 1949 Jules Isaac ha un breve incontro con Pio XII a Castel Gandolfo, durante un’udienza pubblica. Era a Roma come turista quando un sacerdote, padre Marie-Benoit, gli suggerisce di chiedere udienza. Per una singolare coincidenza, l’udienza viene fissata nello stesso giorno in cui, 6 anni prima (16 ottobre1943), era avvenuta la deportazione degli ebrei dal Ghetto di Roma. Gli ebrei romani avevano sperato allora nell’intervento del Papa, che invece non ci fu.

L’incontro dura pochi minuti, Isaac lascia al Papa il testo dei 10 punti di Seelisberg, che il Papa non conosceva e che promette di leggere. «Il parait assez ému», scriverà Isaac, ma il colloquio non sembra avere avuto conseguenze.

L’incontro con Giovanni XXIII avviene il 13 giugno 1960. Questo lo stato d’animo con cui Isaac si presenta: «J’ai conscience de parler au nom des martyrs de tous les temps: Mes épreuves, les deuils, les raccomandations suprêmes que j’ai reçues m’ont confirmé que c’était vraiment une mission sacrée. J’ai survécu pour l’accomplir». Viene ricevuto in un’ udienza privata di 20 minuti, al termine della quale consegna al Papa un Dossier e chiede se può nutrire qualche speranza. «Vous avez droit à plus que de l’espoir» è la risposta del Papa. L’incarico viene affidato al cardinale Bea.

Giovanni XXIII muore il 3 giugno 1963, Jules Isaac tre mesi dopo. Né l’uno né l’altro hanno assistito alla pubblicazione di Nostra Aetate.

La Dichiarazione Conciliare viene promulgata nel 1965. Il punto 4 ha questo straordinario inizio: Scrutando il mistero della Chiesa: ossia scrutando al suo interno, non al di fuori di sé. Scrutando il mistero della Chiesa il Concilio ricorda il vincolo con cui il popolo del Nuovo Testamento è spiritualmente legato con la stirpe di David. La Chiesa non può dimenticare di aver ricevuto la Rivelazione per mezzo d’Israele. Non può dimenticare di essere l’ulivo selvatico che è stato innestato sull’ulivo buono che è Israele. Non può dimenticare che degli ebrei sono l’adozione a figli e la gloria e l’Alleanza e la Legge e il culto e le promesse. Non può dimenticare: per secoli e millenni la Chiesa ha dimenticato, è come se stesse svegliandosi da un lungo sonno. La Chiesa ricorda che ebrei erano gli Apostoli e i moltissimi discepoli che per primi hanno annunciato al mondo il Vangelo. Quanto è stato commesso durante la Passione non può essere imputato né indistintamente a tutti gli ebrei allora viventi, né agli ebrei del nostro tempo. Gli ebrei non possono essere presentati come maledetti e respinti da Dio. La Chiesa deplora gli odi e le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell’antisemitismo. La Chiesa promuove e raccomanda la mutua conoscenza e stima, da conseguire tramite gli studi biblici, teologici e un dialogo fraterno.

Che effetto produssero queste parole in coloro che le lessero? Ascoltiamo il pastore F. Lovski: «Nous étions, il y a dix ans (ossia all’inizio degli anni Sessanta) ancore empétrés, les uns et les autres, de citations antijuives des Pères ou des Réformateurs, hargneuses et méchantes. Or, la Déclaration du Concile ne repose que sur les Ecritures et ne cite qu’elles. Elle balaie tous les commentaires. Ella a été composé uniquement à partir de la Bible. (...) Ce peuple d’Israël que nous avons persécuté, calomnié, chassé et humilié, nous contraints tous à la repentance (teshuvah), puisque nous n’avons pas su aimer nos frères chrétiens, et lui moins encore. Le peuple d’Israël nous oblige au renouvellement de la foi, et à l’approfondissement du mystére (qui rinvia a La Foi chrétienne di de Lubac) car nous ne sommes encore qu’au seuil de la compréhension de la miséricorde divine envers son peuple tout entier». Tout entier è sottolineato : il senso è che comprende non solo la Chiesa, ma anche Israele.

5. Nostra Aetate 4 è l’inizio di un percorso di teshuvah. Ma dove condurrà tale percorso? Se l’Alleanza con Israele non è mai stata revocata, se Rav Yeshua ben Yosef non ha abolito la Torah, se la Cristianità non si è sostituita a un Israele maledetto o comunque decaduto siamo di fronte alla necessità di ridefinire la relazione tra Israele e le Chiese.

L’abbandono della teologia della sostituzione e la purificazione dell’insegnamento del disprezzo rendono possibile un riconoscimento: l’Alleanza è stata estesa alle nazioni. Il che non priverebbe i cristiani dell’ essere testimoni della loro fede davanti a Israele, anzi, per la prima volta, renderebbe la loro testimonianza credibile.

L’orizzonte del riavvicinamento non è dunque la conversione finale d’Israele, come per secoli i cristiani hanno sperato, ma la reintegrazione d’Israele al centro della Cristianità. Per usare l’immagine poetica del grande filosofo medioevale Yehudah haLewy, come il cuore rispetto al corpo, così è Israele rispetto all’umanità.

L’esilio d’Israele non è effetto della maledizione divina per il terribile peccato del deicidio, il Santo, benedetto Egli sia, santifica il Suo Nome radunando gli esiliati d’Israele (Ez 36, 23-24).

Ebrei e cristiani, possiamo lavorare insieme al tiqqun del mondo e attendere insieme la venuta (o il ritorno) del Messia, consapevoli che esiste un legame inscindibile tra la Redenzione d’Israele e la Redenzione dell’umanità. Quale sarà il suo volto, sarà una sorpresa per tutti.
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Note

[1] È ora disponibile il bel libro di A. Kaspi, Jules Isaac ou la passion de la véritè, Plon, Paris 2002, dal quale ho molto imparato. Kaspi è presidente della «Association des Amis de Jules Isaac» che è proprietaria del Fondo Jules Isaac depositato presso la Biblioteca «Méjanes» di Aix-en-Provence e pubblica «Les Cahiers de l’Association des Amis de Jules Isaac».

[2] J. Isaac, Un historien dans la Grande Guerre. Lettres et carnets 1914-1917, Colin, Paris 2004.

[3] Il libro è stato ripubblicato da Calmann-Lévy nel 1989, insieme a Paradoxes sur la science homicide  (1936) e  Nous les revenants (1919).

[4] J. Isaac, Jésus et Israël, Albin Michel, Paris 1948; 3° ed. Fasquelle 1959. Da allora il libro non è più stato ripubblicato in Francia. E stato tradotto in inglese (New York 1971) e in italiano (Firenze 1976 e Genova 2001).

[5] Riportato in Kaspi, op. cit., pp. 180-181.

[6] op. cit., p. 177.

[7] op. cit., p. 186.

[8] op. cit., p.  226.

[9] A. Kaspi, op. cit., p. 233. Nel corso di una conversazione con Maria Vingiani, l’amica italiana di Jules Isaac, ho appreso quanto segue. Una prima udienza, fissata per il giorno 9, venne annullata, molto probabilmente per decisione del cardinale Ottaviani, potente Prefetto del Santo Uffizio. La seconda udienza, quella del 13, venne concessa seguendo altri canali, con l’intervento di Maria Vingiani che già a Venezia aveva avuto modo di conoscere bene il Patriarca Roncalli e il suo Segretario mons. Capovilla.

[10] F. Lovsky, La déchirure de l’absence. Essai sur les rapports entre l’Eglise du Christ et le peuple d’Israël, Calmann-Lévy, Paris 1971, p. 257.

[11] Kuzarì, II, 36. Yehdah haLewi, Il Re dei Khàzari, a c. di E. Piattelli, Bollati Boringhieri, Torino 1991, p. 95.



v. anche, di Marco Morselli:
Aimé Pallière e l'ebraismo
Prefazione a: C. Roth, Storia dei marrani, Ed. Marietti, sett. 2003
Prefazione al libro di Jules Isaac: "Gesù e Israele"
La mistica ebraica
Elia Benamozegh, L'origine dei dogmi cristiani, a cura di Marco Morselli

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