Breve analisi dei momenti essenziali dello sviluppo del dialogo ebraico cristiano Da tempo i cristiani hanno avviato un cammino di autocoscienza attraverso la scoperta delle radici ebraiche della loro identità. Poiché la fede di Gesù è radicata nella fede di Israele, i cristiani, anche se con ritardo, hanno ricominciato a guardare con interesse e stima l' esperienza spirituale ebraica. Il cammino che ha condotto all'incontro dei cristiani e degli ebrei è iniziato con la conferenza internazionale di Seelisberg del 1947 quando protestanti, cattolici ed ebrei hanno elaborato un documento: “I dieci punti di Seelisberg”, che ha rappresentato l'orientamento fondamentale nel successivo dialogo ebraico-cristiano. E benché non sia possibile ripercorrere le tappe di questo cammino, non possiamo evitare di ricordare documenti ed eventi che hanno segnato importanti fasi di svolta nel movimento di conoscenza e comprensione della fede ebraica. Per ciò che concerne l'ambito cattolico, bisogna richiamare il documento conciliare Nostra aetate, del 1965. Gli "Orientamenti e suggerimenti per l'applicazione della dichiarazione Nostra aetate", del 1974. Più recentemente sono stati redatti dalla Commissione per i rapporti con l'Ebraismo i "Sussidi per una corretta presentazione: Ebrei ed Ebraismo nella predicazione e nella catechesi della Chiesa cattolica " 1985, fino al recentissimo “Il popolo ebraico e le sue Sacre Scritture nella Bibbia cristiana” 2001. Bisogna sottolineare i numerosi pronunciamenti di Giovanni Paolo II sul rapporto Ebraismo-Cristianesimo a partire dal discorso nella Sinagoga di Magonza del novembre 1980, la storica visita alla sinagoga di Roma, del 13 aprile 1986 ed il commovente pellegrinaggio in Terra Santa culminato, il 26 marzo del 2000, nella domanda di perdono per le colpe dei cristiani presso il Muro Occidentale. Per parte ebraica, ha assunto recentemente particolare rilievo l'appello: dabru emet (direte la verità) firmato da 172 rappresentanti dell’ebraismo negli Stati Uniti, in Canada in Gran Bretagna e in Israele, testimonianza esemplare di una sincera volontà di dialogo, pubblicato da The New York Times del 10 settembre 2000. Occorre tuttavia continuamente promuovere la conoscenza della cultura ebraica per alimentare la coscienza del popolo cristiano e quella cosiddetta laica, all'impegno comune, nella soppressione dell'insegnamento del disprezzo, come lo chiamava Jules Isaac. Questo impegno trova uno specifico significato alla luce della verità fondamentale che "Gesù è ebreo e lo è per sempre". Chi incontra Gesù incontra l'ebraismo. Ma è importante fare due precisazioni. La prima è di ordine ermeneutico, poiché nel conoscere Gesù in quanto ebreo, secondo la prospettiva di alcuni autori dell'ebraismo moderno e contemporaneo nonché Gesù ebreo ortodosso, la spiritualità giudaica espressa nella Mishnah e nel Talmud, la fede viva di Israele espressa dagli studiosi ebrei più vicini a noi, possiamo acquisire criteri ermeneutici fondamentali per meglio approfondire la comprensione dell'umanità e dell'insegnamento di Gesù. Come ben ha osservato Gianpaolo Anderini: "Se l'ebraicità di Gesù non è un fatto marginale ma elemento determinante, solo l'ebreo può parlarmi di tale ebraicità, solo l'ebreo può portarmi a ricostruire l 'umanità di quell 'uomo, che non è data solo da quanto gli Evangelisti ci dicono di lui, ma anche e soprattutto dall'orizzonte di senso in cui la sua vita si è snodata dalla nascita, alla morte (alla risurrezione )". Molti studiosi ebrei in questi ultimi decenni si sono interessati nuovamente a Gesù di Nazaret, anzi questo movimento di riscoperta è considerato l'evento più importante dopo Auschwitz, tanto da parlare di una 'riappropriazione' di Gesù da parte del giudaismo del XX secolo .L’interesse incominciato durante Auschwitz con il 'Gesù e Israele' di Jules Isaac, è riconoscibile poi attraverso i lavori di moltissimi studiosi: Robert Aron, Shalom Ben-Chorin, David Flusser, Pinkas Lapide, fino al recente testo di Riccardo Calimani su Gesù ebreo. Una precisa realtà umana, connotata da una dimensione storica e culturale ben definita, che spesso non coincide con le immagini dell'uomo Gesù prodotte dai cristiani. La dimensione ebraica è stata spesso rimossa o ridotta o, più semplicemente, non conosciuta. Su Gesù si sono proiettati altri modelli di umanità, prodotti da altre culture e società. Questo figlio di Israele, proclamato Signore, come può parlare a tutti gli uomini, senza che questi ne alterino la sua originaria realtà storica, per adeguarla ai propri ideali di umanità, alle proprie aspettative umane e di fede? Considero propria dell'educazione interculturale la condanna di ogni forma di antisemitismo e antigiudaismo.Tuttavia lavorando talvolta a contatto con i giovani, mi sembra di notare che, in contesti socio-culturali poco sviluppati e segnati da strumentalizzazioni ideologiche, persistono forme velate di stereotipi e luoghi comuni sul mondo ebraico. La cultura religiosa può svolgere un ruolo estremamente utile per la conoscenza, la comprensione e il rispetto della differenza culturale, iniziando dall' elaborazione della propria identità personale e sociale. Proprio in queste ultime settimane ho chiesto ad alcuni ragazzi cosa loro sapessero dei farisei. Dalle circa 100 risposte raccolte, oltre la metà risultano erronee o evase. Di queste circa il 20% ripropongono lo stereotipo fariseo-ipocrita, fariseo nemico di Gesù, farisei che hanno voluto la morte di Gesù etc. Quali fonti di informazione o addirittura agenzie educative possono aver veicolato queste idee? Risulta interessante, a questo proposito, la ricerca svolta dall'Università Salesiana di Roma, tra gli studenti universitari e pubblicata su 'Orientamenti Pedagogici' circa il rapporto che sussiste tra la formazione degli stereotipi e l'influsso dei mass media. lo credo che il discorso ebraico su Gesù ci offra elementi per ripensare quelle pagine evangeliche nelle quali la tradizione cristiana, spesso d'impronta non ebraica, ha trovato giustificazione per condannare i farisei. Evocare i tratti della prossimità di Gesù alla cultura ed alla spiritualità dei maestri d'lsraele può avere valore per il discorso educativo della scuola laica e contemporaneamente estremo significato per la pastorale cristiana. Scrive il teologo cattolico Padre Leonard Swidler: "C' è stata da parte cristiana una storia di duemila anni piena di sospetti, denigrazione, oppressione, odio, rapine, omicidi e genocidio. E I 'orribile paradosso è che i cristiani proclamano di essere i seguaci di Gesù, di Rabbi Jeshua, che era ebreo. Essi affermano che egli mostra loro come vivere una vita veramente umana e perciò tentano di imitarlo. Parlano, anzi, dovrei dire a questo punto, parliamo, di imitatio Cristi. Ma quando odiamo gli ebrei, odiamo ciò che Gesù era, un ebreo. Odiamo allora ciò che secondo le nostre affermazioni cerchiamo di essere, quel genere di ebreo che è stato condotto alla conoscenza del vero Dio... “. Personalmente ho imparato ad amare l'ebraismo attraverso la Chiesa cattolica. Ed è in nome di questa appartenenza e della stima che nutro per la cultura e la spiritualità ebraica, che provo disagio e rammarico, quando nel contesto della trasmissione della fede cristiana, quelle ricchezze e quei valori spirituali non vengano debitamente riconosciuti e rispettati, ma vissuti e presentati come un possesso proprio ed esclusivo dei cristiani. Il pericolo è quello di dimenticare le commoventi parole di quel fariseo di Tarso che divenuto cristiano, parla del mistero di Israele alla comunità dei credenti di Roma: "...non sei tu che porti la radice ma la radice che porta te “ | home | | inizio pagina | |