rotolo.jpg (4733 byte) Le Scritture
e l’epoca di Gesù - 6

Il vangelo dell'infanzia di Gesù (Luca 1-2)

Nel quadro dei nostri tentativi di vedere come il Nuovo Testamento sia impregnato di cultura e religiosità giudaiche, accostiamoci ora al vangelo di Luca. 

Questo vangelo è una composizione letteraria originale che si differenzia dagli altri tre, soprattutto per due motivi: il primo è che, nonostante che anche Luca si affidi a quella traccia narrativa fondamentale seguita da Marco e da Matteo, tuttavia, egli arrangia la sua opera e il suo progetto teologico in modo personale; il secondo motivo è che il vangelo lucano è la prima parte di un dittico, cioè di una composizione storica in due parti, di cui la seconda è il libro degli Atti degli Apostoli. In altri termini, Luca ha voluto presentare la persona e il messaggio di Gesù Cristo situandoli in un disegno di storia della salvezza, che, partendo dall’antica storia d’Israele, trova il suo culmine nell’evento dell’apparizione storica di Gesù di Nazaret (vangelo) e si continua negli eventi dopo di lui, riguardanti la nascita della Chiesa (Atti degli Apostoli).

I primi due capitoli del vangelo lucano sono in questo piano teologico molto importanti, perché impostano immediatamente il progetto che vuole perseguire l’autore. Innanzi tutto, egli dice nel prologo (1,1-4) che intende fare con la sua narrazione una seria opera d’informazione circa i fatti avvenuti e testimoniati ampiamente, ma ancora bisognosi di essere confermati da un’indagine, diremmo noi oggi, scientifica, cioè basata sulla ricerca di testimoni e di fonti attendibili. 

Dopodiché, Luca ci fa entrare subito nell’atmosfera della storia d’Israele così come si svolgeva al tempo di Erode, re della Giudea; più precisamente, egli c’introduce nell’ambiente sacerdotale del culto, nel quale viene presentata la figura del sacerdote Zaccaria nel suo turno di servizio liturgico al tempio di Gerusalemme. Zaccaria, insieme a sua moglie Elisabetta, discendente del primo sommo sacerdote, Aronne, fratello di Mosè, rappresenta la parte più autorevole e più devota del popolo di Dio: “Entrambi erano giusti agli occhi di Dio, e seguivano in modo irreprensibile tutti i comandamenti e le norme del Signore” (1,6). Ma essi, purtroppo, non avevano figli, perché Elisabetta era sterile. Che cosa vuole dirci Luca con queste notizie? 

Egli vuole presentarci Elisabetta come l’ultima matriarca dell’Antico Testamento, perfettamente simile a coloro che l’hanno preceduta, Sara madre d’Isacco, Rebecca madre di Giacobbe, Rachele madre di Giuseppe, la moglie di Manoah madre di Sansone e Anna madre di Samuele, dando alla luce, nonostante la loro sterilità, gli eletti di Dio. Difatti, a questo scopo mira il primo episodio del vangelo: l’arcangelo Gabriele annuncia al sacerdote Zaccaria, durante lo svolgimento delle sue funzioni, che presto la moglie darà alla luce un figlio che sarà ricolmo di Spirito Santo e avrà la stessa potenza del profeta Elia, di colui cioè che, ritornando, avrebbe inaugurato gli ultimi tempi della storia, secondo le antiche profezie (1,13-17, vedi Mal 3,23-24). È l’annuncio della nascita di Giovanni Battista. Zaccaria mostra qualche perplessità, non crede, perciò viene punito col diventare muto (vv.18-20). 

A questa prima annunciazione segue, quasi a far coppia con essa, una seconda annunciazione. Stavolta destinataria è una giovane vergine di Nazaret, Maria. Anche a Maria viene detto da Gabriele che concepirà e partorirà un bambino, il figlio delle profezie, il messia davidico, il figlio di Dio (vv. 28-33). La domanda di spiegazione che fa Maria non è incredulità, ma serve a indicare la sua situazione di verginità, quindi d’impossibilità di concepire senza intervento umano. 

Anche Maria quindi si situa sulla linea delle matriarche d’Israele (vedi il v.37 e Gen 18,14), ma nel contempo, nel segno della sua verginità e non della sterilità, ella indica il passaggio ad una nuova realtà storica, ad una nuova fase della storia della salvezza. 

Maria non è più la sterile, ma la vergine di Sion, figura del popolo di Dio, che esulta per la visita del suo Signore tra gli uomini (cf. Sof 3,14-18). In altre parole, mentre Zaccaria rappresenta l’Antico Testamento, Maria rappresenta il Nuovo Testamento e, mentre il primo rimane muto per l’incredulità (non bisogna dimenticare la componente apologetica di chi presenta le ragioni teologiche del cristianesimo), la seconda diviene, attraverso la sua accettazione del piano di Dio (v.38), la possibilità dell’accesso della Parola di Dio nella storia, che completa il senso dell’Antico e gli permette di parlare o di spiegarsi apertamente, come avviene significativamente nel conferimento del nome di Giovanni al figlio (vv.59-66). 

Allorché Zaccaria dà prova della sua fede muta, attraverso la scrittura del nome del figlio (v.63), egli viene immediatamente premiato e può di nuovo parlare, espondendo dinanzi a tutti, col canto del “Benedictus”, il senso della storia della salvezza e soprattutto il significato che essa al presente ha negli eventi che vanno svolgendosi.

Questo continuo mettere in relazione l’Antico col Nuovo Testamento si prolunga nelle figure di Giovanni Battista e di Gesù. Di entrambi vengono narrate la nascita e la circoncisione (1,57-59 e 2,7.21ss), di tutt’e due sono state annunciate dall’angelo grandi cose, come abbiamo già visto; di entrambi si riferisce rapidamente lo svolgimento della vita successiva: di Giovanni è detto che “cresceva e si fortificava nello spirito” (1,80); di Gesù, invece, che “cresceva in sapienza, in grandezza e in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini” (2,52). 

Come si può constatare, la bravura di Luca sta nel conciliare due pilastri della fede cristiana. Da un lato, egli vuole conciliare la nuova realtà con l’antica, dalla quale essa scaturisce e nelle cui letture si riesce a scorgere; dall’altra, egli vuole stabilire la differenza della nuova realtà, che s’impone come superiore, così come superiore dev’essere quella fase della storia nella quale Dio non si limita più a mandare i suoi messaggeri, bensì entra lui stesso nella figura del “bambino di Betlemme” (2,1-20).

(indice) (continua)


| indietro | | home | | inizio pagina |