rosecorner72.jpg (10874 byte)

Qualche volta le storie importanti si intrecciano, le esperienze si incontrano e la trama della vita fa emergere i "punti luce", le affinità, le consonanze...

È il caso della Rosa Bianca e di Guardini, i giovani studenti ed il professore, i "martiri" della libertà contro il nazismo e uno dei pochi intellettuali a non genuflettersi alla tirannide hitleriana.

Discorso tenuto da Romano Guardini 
all'Università di Monaco il 12 luglio 1958
Commemorazione dei giovani antinazisti
Tubinga, 4 novembre 1945
Perchè versammo il sangue degli ebrei?
Agli studenti di Tubinga, 1952 (noi tedeschi e le nostre colpe)
È una lettura del passato che contiene profonde riflessioni emblematiche e significative anche per il nostro tempo



Non si conobbero da vivi, non si parlarono, non si scrissero. Qualcuno tra gli studenti conosceva i libri di Guardini, altri ne avevano solo sentito parlare eppure le loro storie, le loro esperienze si incontrano e sembrano illuminarsi a vicenda.

Sono proprio i cinque studenti di Monaco ed il loro professore, falciati dalla cieca macchina della tirannide assassina che offrono lo spunto e l’occasione a Guardini, dopo la guerra, di riflettere con lucida intelligenza ed acuta profondità sul valore del loro gesto, sugli ideali che li mossero, sul peso che ebbero le loro vite sulla storia che venne dopo.

La breve storia della Rosa Bianca attrae in modo singolare proprio per la modernità e in un certo senso l'atemporalità delle sue caratteristiche fondamentali.
Cinque ragazzi tra i 21 e i 25 anni a cui si aggiunge nella fase finale un professore. Arma usata: unicamente le parole dei loro sei volantini. Obiettivo politico: il rovesciamento del regime hitleriano, ma senza una strategia "adulta" di conquista del potere, e lontani dalle tattiche appartenenti al mondo della politica organizzata.
E ancora: confessioni religiose diverse ma forte condivisione di un nucleo di valori legati a un cristianesimo radicale e non istituzionale.

E ancora: percorsi diversi (da chi ha aderito alla Hitlerjugend e poi se ne è allontanato nauseato, a chi non si è mai lasciato irreggimentare) ma una stessa sensibilità nei confronti della insopportabile pretesa omologatoria della propaganda nazionalsocialista: e l'arte, la musica, l'amicizia, il dialogo tra amici come antidoti esistenziali all'oppressione poliziesca della dittatura.

Un fascino senza tempo emana dunque dalle parole dei loro volantini - "Strappate il mantello dell'indifferenza", "Ogni popolo merita il governo che tollera", "Ognuno vuol liberarsi da questa complicità, ciascuno cerca di farlo ma poi ricade nel sonno con la più grande tranquillità di coscienza. Ma egli non può scagionarsi: ciascuno è colpevole, colpevole, colpevole!".

Un fascino che in Germania si è tradotto in decine di saggi e centinaia di articoli e interviste, in centinaia di scuole dedicate ai fratelli Scholl e agli altri protagonisti di quella lotta non violenta, e un'autorevolezza storica e politica attribuita concordemente alla Fondazione Weisse Rose che di quel messaggio è custode, interprete e promotrice attraverso i superstiti e i familiari delle vittime.

Le due riflessioni di Guardini dedicate alla Rosa Bianca sono state raccolte e tradotte in italiano in un libro curato da Michele Nicoletti per l’editrice Morcelliana di Brescia. Non inganni l’esile formato della pubblicazione e la circostanza commemorativa in cui le due riflessioni presero vita. Si tratta di vere e proprie meditazioni filosofiche, lucidissime e profonde, ben accompagnate dall’introduzione di Nicoletti e dall’appendice di Ghezzi, che scavano dietro il cieco muro dei numeri e dei fatti per far riemergere il senso, il valore, il motivo delle loro vite; vite sacrificate, stroncate senza esitazione da una giustizia-farsa al servizio della dittatura, vite "perse" per difendere parole assurde in periodo di tirannide, ma decisive oggi come allora: Libertà, Giustizia, Verità.

Le due meditazioni guardiniane, titolate rispettivamente La bilancia dell’esistenza e Viva la Libertà riescono infatti a farci capire che la storia si tesse anche sotto la superficie dei nudi fatti, e che le battaglie in difesa di alcuni valori non sono finite con la fine della guerra. Coordinate e complementari più di quanto possa apparire inizialmente, seppur distanti alcuni anni fra loro, queste due riflessioni cercano infatti di misurare non con il metro breve della cronaca, ma con quello un po’ più lungo della storia la vicenda della Rosa Bianca e dei suoi morti, non soltanto per restituirli ad una corretta interpretazione storiografica, ma anche, e direi soprattutto, per ricordare a ciascuno che anche sul sacrificio di questi studenti si è costruito il mondo in cui viviamo. Sulla bilancia dell’esistenza il loro sangue ha riscattato a caro prezzo la libertà di ciascuno, quella stessa libertà che, secondo Guardini, deve ancora essere custodita e difesa da nuovi pericoli e nuove insidie, forse più subdole e striscianti, ma per questo non meno pericolose.

Di sconcertante chiarezza sono infatti le considerazioni che sviluppa Guardini nel ricordare ai suoi ascoltatori allora, ai suoi lettori adesso, che se esistono dittature che si impongono dall’alto con la forza, esistono anche dittature che si sviluppano dal basso, che vengono per così dire dal di dentro, quando l’uomo nella sua soggettività individuale desidera, chiede di essere sollevato dal peso della sua libertà, soprattutto nella sua connessione fondante con la responsabilità.


Romano Guardini, La Rosa Bianca, introduzione di M. Nicoletti, appendice di P. Ghezzi, Brescia Morcelliana 1994.

È interessante conoscere che La Rosa Bianca conserva echi nelle coscienze di persone del nostro tempo e ha unito molte "buone volontà" di oggi.



| home | | inizio pagina |