Ha cinquant'anni la Messa in ebraico 
Sara Fornari, su Avvenire 23 novembre 2005

Notizie sulle celebrazioni in ebraico a Roma
Censiti da Israele i cristiani di lingua ebraica   

A Gerusalemme la «kheilà», la piccola comunità dei cattolici che prega nella lingua di Gesù, ha festeggiato nei giorni scorsi la ricorrenza. Un singolare richiamo alle radici del cristianesimo


Ha festeggiato nelle scorse settimane a Gerusalemme i suoi cinquant'anni la kheilà, la comunità cattolica di espressione ebraica. Lo ha fatto insieme al Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, che per anni ha seguito personalmente questa realtà piccola ma estremamente significativa nel suo tener viva la memoria del legame tra il cristianesimo e le sua radici ebraiche. 

«La comunità si è formata a partire dal '48, quando, tra le famiglie che arrivavano in Israele, giunsero anche matrimoni misti», spiega padre Apollinare Szwed, polacco, 37 anni, francescano minore, che da poco più di un anno è responsabile per Gerusalemme della kheilà. Francofoni, tedeschi, europei dell'Est, per lo più coniugi di ebrei, per continuare a vivere la loro fede cristiana visitavano santuari o frequentavano scuole cattoliche. «Si tentò di fare qualcosa per aiutarli - continua padre Apollinare -. Ma l'unico elemento che li accomunava era il fatto, che in quanto residenti in Israele, parlavano l'ebraico». Dunque nel 1955 si avviò una cura pastorale «ad hoc» e si chiese al Vaticano di poter utilizzare questa lingua anche nella liturgia. Una concessione che, al tempo della Messa in latino, sembrava difficile. Ma da Roma arrivò l'assenso: l'ebraico poté essere utilizzato per alcune parti del rito perché, si disse, è una lingua antica della Chiesa. Dunque la kheilà ha in qualche modo anticipato la svolta conciliare della liturgia nelle lingue nazionali.

Le comunità di espressione ebraica in Israele sono oggi cinque: oltre a quella di Gerusalemme, ci sono quelle di San Pietro e San Giacomo a Jaffa, una ad Haifa e una a Beer Sheva. Ci sono poi le due comunità dei russi, i nuovi immigrati giunti in Israele a centinaia di migliaia negli anni Novanta: anche tra di loro ci sono alcuni cristiani, giunti qui perché discendenti di ebrei o coniugati con ebrei. Per la cura di questo gruppo particolare di cattolici il Patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, ha chiesto aiuto al primate di Polonia, Józef Glemp: sono dunque alcuni sacerdoti polacchi che parlano il russo, a seguire queste comunità. Che fanno da ponte con la kheilà: per i nuovi immigrati ora è più facile pregare in russo, ma i loro figli parleranno solo l'ebraico.

Una svolta molto importante per i cristiani di lingua ebraica è avvenuta nel 2003, quando il Papa ha nominato un vescovo ausiliare del Patriarca di Gerusalemme, per la cura pastorale di queste comunità di Terra Santa. Il Benedettino Jean Baptiste Gurion era diventato così il primo israelita vescovo nella terra di Gesù dai tempi apostolici. Una grave malattia, però, l'ha portato alla morte nel giugno scorso e finora non è stato nominato un successore. [ Risulta tuttavia che Benedetto XVI ha nominato monsignor Fouad Twal, Arcivescovo di Tunisi e Presidente della Conferenza Episcopale regionale dell’Africa del Nord, Vescovo coadiutore del Patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah.-ndR]

C'è infine il discorso, delicato, sui tsabarim, gli ebrei nativi di Israele che si sono accostati alla comunità. La kheilà non svolge attività di proselitismo, ma non chiude ovviamente le porte a chi autonomamente vi si avvicina. «Ognuno ha la sua strada - spiega padre Apollinare -. Un ragazzo, ad esempio, da anni sentiva un specie di chiamata che non riusciva ad identificare. Quando era in Europa entrava nelle chiese, cercava in vario modo contatti con il mondo cristiano. A Nôtre Dame a Gerusalemme, ha trovato una Messa in inglese della comunità filippina. Un carmelitano, poi, gli ha detto che a Haifa c'era una Messa in ebraico. Di lì l'han mandato qui». Un percorso comunque seguito con grande prudenza. «"La metterai la croce nella tua stanza?" chiedo ad esempio, perché so che a volte i primi a criticare sono i familiari - racconta il sacerdote -. Comunque molti vanno avanti e arrivano al Battesimo. 

Va anche detto che tra cattolici ed ebrei molto è cambiato dai tempi di Edith Stein o di Eugenio Zolli. Ora siamo molto più consapevoli della continuità che c'è tra di noi. Io dico che un ebreo che arriva al cristianesimo è un "ebreo pieno". Preferisco questa parola a "convertito", perché penso che accogliendo Gesù Cristo si ha la pienezza delle benedizioni promesse da Dio ai patriarchi. Del resto chi arriva qui spesso è un israeliano secolarizzate: di fatto scopre attraverso di noi che cosa vuol dire veramente essere ebrei».

La kheilà sorella di Roma                                                        torna su

L'idea di celebrare l'eucaristia in ebraico, almeno una volta al mese, è divenuta oggi realtà a Roma nell'ambito del gruppo che frequenta i corsi di Ebraico biblico promossi dal C.I.B.E.S. (Centro Internazionale Bibbia e Storia). Il gruppo ha partecipato per la prima volta alla Messa in ebraico il 16 ottobre 2004.

La celebrazione romana, cadenzata per ora da ritmi mensili (ogni sabato che precede la terza domenica del mese), viene vissuta in stretta comunione con la kheilà sorella di Gerusalemme, dalla quale vengono attinti anche i canti e lo stile della liturgia. È presieduta dal docente dei Corsi, Prof. Giovanni Odasso; l' occasione più recente, il 19 novembre 2005, per celebrare la festa di Cristo Re.


Seder seudat 
ha Adon

Viene utilizzato il testo (Seder seudat ha Adon - Ordo Missae hebraice, che è stato pienamente vocalizzato), nato dall'iniziativa di alcuni studenti dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme. È una rielaborazione del rito della messa secondo il testo attualmente in uso presso la comunità cristiana di lingua ebraica. L'edizione è stata curata da p. Pierbattista Pizzaballa (SBF) attuale Custode di Terra Santa, p. Massimo Pazzini (SBF) e p. Juan Esquivias (PIB). 

Chi scrive ha avuto la gioia di utilizzarlo anche lo scorso anno partecipando all'Eucaristia con la Comunità cristiana di lingua ebraica a Gerusalemme, in Rahov HaRav Kook, in un'atmosfera calda e avvolgente, che rendeva tangibile una Presenza....

La celebrazione romana ha luogo presso la cappella dell'Istituto delle Ancelle del Sacro Cuore, Via XX Settembre, 65/bis - Roma. (Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi alla Segretaria del corso, Angela Pak - tel. 068170961)


Sono 146.000 i cristiani in Israele di cui 27.000 "di espressione ebraica"   torna su
Arieh Cohen, su AsiaNews del 27 dicembre 2005

 
L'Ufficio statistico del Governo di Israele ha pubblicato i dati aggiornati circa il numero dei cristiani in Israele. Secondo questa agenzia dello Stato, ci sono in Israele (compresa Gerusalemme, ma non i Territori palestinesi occupati) 146.000 cristiani.

Di essi, 119.000 sarebbero membri della minoranza nazionale araba, e 27.000 sarebbero "non-arabi", in gran parte immigrati dall'ex-Unione sovietica. 

Questi 27.000 cristiani si dovrebbero piuttosto chiamare cristiani "di espressione ebraica", dice il francescano israeliano padre David-Maria A. Jaeger.

"Questa è una designazione più positiva e più informativa. Infatti essi fanno parte della maggioranza israeliana di espressione ebraica e rappresenterebbero un'occasione per la Chiesa di impiantarsi nella società israeliana, se solo ci fosse un'appropriata struttura ecclesiale per raccoglierli e per aiutarli nell'integrazione delle loro identità religiosa e nazionale".

Dopo più di 57 anni dalla creazione dello Stato di Israele, il padre Jaeger è sempre l'unico sacerdote cattolico "di espressione ebraica" nato e cresciuto in Israele.


v. anche:
::
Per saperne di più sul CIBES
:: Cristiani d'Israele, Vaticano ed altro
:: L'esperienza delle comunità di cattolici di tradizione ebraica

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