Tra i numerosi interventi e dimostrazioni di solidarietà per Israele, in reazione alle recenti deliranti dichiarazioni del Presidente iraniano, non vogliamo far mancare il nostro contributo attraverso questo intervento del nostro caro compagno di viaggio, di esperienza e di "sentire" Don Franco Galeone di Caserta, che ha esteso a noi la comunicazione da lui inviata ai maggiori quotidiani nazionali


Antisionismo allo scoperto in Iran
che dolcezza ingannevole: un soave volto femminile a fianco dell'espressione dell'odio più cupo!

Gentile Redazione,

conosciamo ormai tutti il vero pensiero e il reale programma dei dirigenti iraniani, che si chiamano ayatollah Ali Khamenei, presidente Mahmoud Ahamadinejad, il Consiglio dei guardiani, i Pasdararan … secondo i quali lo Stato d'Israele va "cancellato" e basta, è in atto il "complotto ebraico", e sono tutti sionisti quegli italiani che hanno partecipato alla fiaccolata di Roma a difesa di Israele, organizzata dal Foglio di Giuliano Ferrara. Alle luce di queste ultime minacce da parte dei teocratici mussulmani, vorrei esporle alcune mie riflessioni, che spero trovino spazio nel suo giornale:

1. Il popolo ebraico non è incline alla violenza

Fin dagli inizi della sua storia il popolo di Israele, dalla poca geografia e dalla molta storia, è stato costretto ad affrontare innumerevoli tentativi sia di distruzione totale che di assimilazione religioso-culturale, da parte degli altri popoli ben più numerosi e potenti. Nella tradizione ebraica la guerra è il male più grande, al quale ci si può piegare solo per salvare la fede e la vita del popolo, dopo aver fatto tutto il possibile per scongiurarla. Pochi si sono resi conto dello "sforzo immane fatto, in questo secolo, dal popolo ebraico su se stesso per accettare la sfida della violenza" (Guido Fubini). Messi di fronte all'alternativa dello sterminio totale, gli ebrei hanno dovuto rompere la tradizione centenaria della non-violenza, costata loro, già prima di Hitler, milioni di vittime. Si sono uniti ai partigiani di tutta Europa; praticamente disarmati, hanno affrontato i tedeschi nel ghetto di Varsavia; sono insorti nel campo di sterminio di Sobibor e persino ad Auschwitz...

2. Gli israeliani hanno paura

Un minuscolo Paese di 4.2 milioni di abitanti (di cui circa 680.000 arabi, drusi ecc.), su una superficie di 20.700 kmq, privo di risorse naturali, è circondato da oltre 218 milioni di musulmani, su una superficie di 13.987 kmq, che possiedono i più importanti pozzi petroliferi del mondo. La superficie dei Paesi arabi è 650 volte quella d'Israele, la popolazione dei Paesi arabi è 50 volte quella d'Israele. La densità di popolazione dei Paesi arabi è 4.2 abitanti per kmq; quella d'Israele ne conta 202 per kmq. Hanno paura perché, al contrario dei loro nemici che possono perdere tutte le guerre e sopravvivere, Israele è con le spalle al mare: se perde una sola battaglia, sparisce per sempre dalle carte geografiche, come si augurano i dirigenti iraniani. Hanno paura perché le bombe nei mercati e supermercati, stazioni e aeroporti, autobus e scuolabus, bidoni della spazzatura agli angoli delle strade, scuole e università, fanno ogni anno centinaia di vittime civili. E l'effetto psicologico di questo stillicidio, il sentirsi sempre un potenziale bersaglio, è terribile. Hanno paura perché gli estremisti palestinesi non hanno affatto rinunciato ad occupare tutta la Palestina. I loro volantini continuano a proclamare: "Colpiremo col coltello tutti gli israeliani fino a che la bandiera dell'Islam non sventolerà su tutta la Palestina". Ma gli israeliani hanno paura soprattutto perché troppo spesso sono stati lasciati soli.

4. Gli israeliani non sono imperialisti né guerrafondai

Dopo le vicende degli anni ‘40, l'errore grave del mondo arabo è stato quello di non riconoscere Israele come Stato. Questo mancato riconoscimento non è rimasto sul piano diplomatico, ma si è tradotto sul piano statuale, militare, terroristico e anche in un diffuso antisionismo. Il mondo arabo, a parte Sadat, si è comportato con grande ambiguità e di tutta questa situazione i Palestinesi sono stati le vittime (come il massacro in Giordania nel Settembre Nero). L'intuizione di Sadat - purtroppo non seguito dalla maggioranza del mondo arabo e dell'Olp - fu quella di capire che la questione dei rapporti con Israele andava affrontata non militarmente ma politicamente. Israele è stato accusato di essere aggressivo ed espansionista, di essere nulla più che una testa di ponte, il braccio armato di una superpotenza nella sua regione, mentre invece cerca di dare un futuro alla propria popolazione reduce da tremendi massacri dei quali porta ancora tutte le ferite, e cerca di costruire un nuovo benessere sociale, in un clima di democrazia occidentale e pluralistica: limitata e perfettibile, certo, ma infinitamente migliore dei regimi semifeudali e sanguinari che a tutt'oggi reggono tutto il resto della regione. L'Occidente ha dimenticato che mentre per fare la pace bisogna essere in due, per fare la guerra basta che uno lo decida!

5. Israele non è uno Stato diverso dagli altri

Domando ai politici della sinistra italiana: perché condannate solo Israele, e non anche l'Olp? Forse perché gli arabi ci fanno paura, non vogliamo scontentarli troppo, finché hanno in mano le chiavi del forziere petrolifero. Ma forse c'è un'ultima ragione, più sottile e più amara di tutte: da Israele non verrà mai alcun male. Non vediamo infatti in mezzo ad esso un Khomeini o un Arafat o un Ahamadinejad; scene di bambini-kamikaze, giovani armati e mascherati … appartengono ai palestinesi; non tutti gli arabi sono terroristi, è vero, ma è anche vero tutti i terroristi sono arabi. Israele è dentro ciascuno dei nostri popoli europei, fa parte di noi, della nostra civiltà, della nostra cultura, della nostra storia; abita nelle nostre città, vive accanto a noi; non ci farà mai la guerra, perché ha messo una parte delle sue radici in mezzo a noi. Si parla dello Stato di Israele come di un centro occidentale capitalistico, filo-americano e imperialistico, a cui si contrappone il popolo palestinese, simbolo di tutti gli oppressi, dei diseredati, dei proscritti, dei dannati della terra. Si trasferiscono sui palestinesi le categorie della storia ebraica; loro, la nuova diaspora; loro, costretti all'esodo; loro, i nuovi depositari della speranza messianica; loro, i nuovi portatori di un'altra stella di Davide. Niente di più pericoloso di queste acrobazie mentali. Di che stupirsi, allora, che si sia recentemente parlato degli israeliani come di massacratori, paragonati ai nazisti, come loro fautori della "soluzione finale", che militanti di sinistra abbiano sfilato mostrando stelle di Davide con la croce uncinata? Tornare ai fatti, alla storia, è l'unico modo per non recare ingiustizia né alla tragedia ebraica né a quella palestinese. È ora di dire che lo Stato di Israele deve essere difeso, con la stessa forza con cui si chiede giustamente che il governo Sharon sia giudicato senza nessuna indulgenza. Difeso: né vilipeso né mitizzato!

Francesco Galeone
Via Roma 73, Caserta
francescogaleone@libero.it

| indietro | | home |