Gentile Redazione,
conosciamo ormai tutti il vero
pensiero e il reale programma dei dirigenti iraniani, che si
chiamano ayatollah Ali Khamenei, presidente Mahmoud Ahamadinejad, il
Consiglio dei guardiani, i Pasdararan … secondo i quali lo Stato
d'Israele va "cancellato" e basta, è in atto il
"complotto ebraico", e sono tutti sionisti quegli italiani
che hanno partecipato alla fiaccolata
di Roma a difesa di Israele, organizzata dal Foglio di Giuliano
Ferrara. Alle luce di queste ultime minacce da parte dei teocratici
mussulmani, vorrei esporle alcune mie riflessioni, che spero trovino
spazio nel suo giornale:
1. Il popolo ebraico non è incline alla
violenza
Fin dagli inizi della sua
storia il popolo di Israele, dalla poca geografia e dalla molta
storia, è stato costretto ad affrontare innumerevoli tentativi sia
di distruzione totale che di assimilazione religioso-culturale, da
parte degli altri popoli ben più numerosi e potenti. Nella
tradizione ebraica la guerra è il male più grande, al quale ci si
può piegare solo per salvare la fede e la vita del popolo, dopo
aver fatto tutto il possibile per scongiurarla. Pochi si sono resi
conto dello "sforzo immane fatto, in questo secolo, dal popolo
ebraico su se stesso per accettare la sfida della violenza"
(Guido Fubini). Messi di fronte all'alternativa dello sterminio
totale, gli ebrei hanno dovuto rompere la tradizione centenaria
della non-violenza, costata loro, già prima di Hitler, milioni di
vittime. Si sono uniti ai partigiani di tutta Europa; praticamente
disarmati, hanno affrontato i tedeschi nel ghetto di Varsavia; sono
insorti nel campo di sterminio di Sobibor e persino ad Auschwitz...
2. Gli israeliani hanno paura
Un minuscolo Paese di 4.2
milioni di abitanti (di cui circa 680.000 arabi, drusi ecc.), su una
superficie di 20.700 kmq, privo di risorse naturali, è circondato
da oltre 218 milioni di musulmani, su una superficie di 13.987 kmq,
che possiedono i più importanti pozzi petroliferi del mondo. La
superficie dei Paesi arabi è 650 volte quella d'Israele, la
popolazione dei Paesi arabi è 50 volte quella d'Israele. La
densità di popolazione dei Paesi arabi è 4.2 abitanti per kmq;
quella d'Israele ne conta 202 per kmq. Hanno paura perché, al
contrario dei loro nemici che possono perdere tutte le guerre e
sopravvivere, Israele è con le spalle al mare: se perde una sola
battaglia, sparisce per sempre dalle carte geografiche, come si
augurano i dirigenti iraniani. Hanno paura perché le bombe nei
mercati e supermercati, stazioni e aeroporti, autobus e scuolabus,
bidoni della spazzatura agli angoli delle strade, scuole e
università, fanno ogni anno centinaia di vittime civili. E
l'effetto psicologico di questo stillicidio, il sentirsi sempre un
potenziale bersaglio, è terribile. Hanno paura perché gli
estremisti palestinesi non hanno affatto rinunciato ad occupare
tutta la Palestina. I loro volantini continuano a proclamare:
"Colpiremo col coltello tutti gli israeliani fino a che la
bandiera dell'Islam non sventolerà su tutta la Palestina". Ma
gli israeliani hanno paura soprattutto perché troppo spesso sono
stati lasciati soli.
4. Gli israeliani non sono imperialisti né
guerrafondai
Dopo le vicende degli anni ‘40,
l'errore grave del mondo arabo è stato quello di non riconoscere
Israele come Stato. Questo mancato riconoscimento non è rimasto sul
piano diplomatico, ma si è tradotto sul piano statuale, militare,
terroristico e anche in un diffuso antisionismo. Il mondo arabo, a
parte Sadat, si è comportato con grande ambiguità e di tutta
questa situazione i Palestinesi sono stati le vittime (come il
massacro in Giordania nel Settembre Nero). L'intuizione di Sadat -
purtroppo non seguito dalla maggioranza del mondo arabo e dell'Olp -
fu quella di capire che la questione dei rapporti con Israele andava
affrontata non militarmente ma politicamente. Israele è stato
accusato di essere aggressivo ed espansionista, di essere nulla più
che una testa di ponte, il braccio armato di una superpotenza nella
sua regione, mentre invece cerca di dare un futuro alla propria
popolazione reduce da tremendi massacri dei quali porta ancora tutte
le ferite, e cerca di costruire un nuovo benessere sociale, in un
clima di democrazia occidentale e pluralistica: limitata e
perfettibile, certo, ma infinitamente migliore dei regimi
semifeudali e sanguinari che a tutt'oggi reggono tutto il resto
della regione. L'Occidente ha dimenticato che mentre per fare la
pace bisogna essere in due, per fare la guerra basta che uno lo
decida!
5. Israele non è uno Stato diverso dagli
altri
Domando ai politici della
sinistra italiana: perché condannate solo Israele, e non anche l'Olp?
Forse perché gli arabi ci fanno paura, non vogliamo scontentarli
troppo, finché hanno in mano le chiavi del forziere petrolifero. Ma
forse c'è un'ultima ragione, più sottile e più amara di tutte: da
Israele non verrà mai alcun male. Non vediamo infatti in mezzo ad
esso un Khomeini o un Arafat o un Ahamadinejad; scene di
bambini-kamikaze, giovani armati e mascherati … appartengono ai
palestinesi; non tutti gli arabi sono terroristi, è vero, ma è
anche vero tutti i terroristi sono arabi. Israele è dentro ciascuno
dei nostri popoli europei, fa parte di noi, della nostra civiltà,
della nostra cultura, della nostra storia; abita nelle nostre
città, vive accanto a noi; non ci farà mai la guerra, perché ha
messo una parte delle sue radici in mezzo a noi. Si parla dello
Stato di Israele come di un centro occidentale capitalistico,
filo-americano e imperialistico, a cui si contrappone il popolo
palestinese, simbolo di tutti gli oppressi, dei diseredati, dei
proscritti, dei dannati della terra. Si trasferiscono sui
palestinesi le categorie della storia ebraica; loro, la nuova
diaspora; loro, costretti all'esodo; loro, i nuovi depositari della
speranza messianica; loro, i nuovi portatori di un'altra stella di
Davide. Niente di più pericoloso di queste acrobazie mentali. Di
che stupirsi, allora, che si sia recentemente parlato degli
israeliani come di massacratori, paragonati ai nazisti, come loro
fautori della "soluzione finale", che militanti di
sinistra abbiano sfilato mostrando stelle di Davide con la croce
uncinata? Tornare ai fatti, alla storia, è l'unico modo per non
recare ingiustizia né alla tragedia ebraica né a quella
palestinese. È ora di dire che lo Stato di Israele deve essere
difeso, con la stessa forza con cui si chiede giustamente che il
governo Sharon sia giudicato senza nessuna indulgenza. Difeso: né
vilipeso né mitizzato!
Francesco Galeone
Via Roma 73, Caserta
francescogaleone@libero.it