A Casale Monferrato, ebrei,
cattolici e musulmani si sono ritrovati lunedì 26 dicembre nell'atrio della
comunità ebraica casalese per accendere il secondo lume (degli otto, per
ognuno dei giorni della festa). Numerosi gli amici convenuti per fare festa
insieme con gli ebrei.
Per la parte cattolica, erano
presenti il vescovo, mons. Germano Zaccheo, il delegato diocesano per
l'ecumenismo e il dialogo don Gian Paolo Cassano ed alcuni sacerdoti.
Portando il suo saluto, il vescovo ha voluto testimoniare “vicinanza ed
amicizia nei confronti dei nostri fratelli maggiori ebrei”, mettendo in
evidenza il significato simbolico della luce e andando con la memoria al
recente pellegrinaggio della diocesi (ottobre scorso) a Gerusalemme, proprio
al tempo della festa delle Capanne. Da parte islamica c'era il presidente
del Co.re.is, 'Abd al Wahid Pallavicini accompagnato da altri musulmani di
origine italiana.
Il Riformista, 20/12/2005
"Celebrare Hanukkah con
una candela accesa all'ambasciata iraniana"
Accendere una candela di
fronte all'ambasciata iraniana per rispondere alle bandiere metaforicamente
(e non) bruciate dal capo di stato di Teheran Ahmadinejad. Un segnale
pacifico in occasione del terzo giorno di Hanukkah, la festa ebraica che
quest'anno cade il giorno dopo Santo Stefano. Una proposta accolta da
Riccardo Pacifici, portavoce della comunità ebraica di Roma. «A dire il
vero, ci stavo già pensando. Mi avete preceduto», dice Pacifici,
contattato dal Riformista.
Festa della libertà. Spiega
Pacifici: «Per noi ebrei, Hanukkah è l'unica festa in cui si ostenta. Gli
ebrei di tutta Italia accendono le loro candele a Roma, in piazza Barberini,
come a Milano, in piazza San Babila. Hanukkah è la celebrazione della
libertà, la festa della luce. O meglio, della libertà che vive attraverso
la luce e, quindi, si oppone a tutte le dittature». Quella del 2005, è la
prima Hanukkah dopo l'elezione di Ahmadinejad alle presidenziali iraniane.
Nel corso degli ultimi mesi, il leader integralista non ha perso occasione
per lanciare strali contro uno stato che «andava cancellato dalle carte
geografiche», contro l'Olocausto giudicato «una leggenda sulla quale gli
occidentali insistono tanto come se fosse più importante di Dio e dei
profeti».
Il cuore degli iraniani. La
risposta in occasione di Hanukkah potrebbe essere una candela. Sostiene
Pacifici: «L'idea è quella di mandare un messaggio di luce e non uno di
protesta: il simbolo di una candela che sia in grado di illuminare le menti
di tutti i capi di stato e i leader del mondo arabo e, contemporaneamente,
che possa scaldare il cuore della popolazione iraniana». L'importante,
aggiunge il portavoce della comunità ebraica di Roma, «è che non sia una
manifestazione contro, senza slogan che attacchino l'Iran e il suo capo di
stato ma una manifestazione per».(1)
Nessun odio. Accendere una
candela di fronte all'ambasciata iraniana può essere un segnale per non
distogliere l'attenzione dai pericoli che arrivano dal mondo arabo.
«Dobbiamo stare attenti - spiega Pacifici - perché in questo momento, dopo
le ultime dichiarazioni che sono arrivate da Teheran, si sta cercando di
alzare troppo il tiro. Dobbiamo ribadire il concetto secondo cui nessuno
può rispondere con altrettanto odio a chi vuole negare l'Olocausto. Quelle
di Ahmadinejad sono parole che colpiscono al cuore non soltanto noi ebrei;
sono opinioni che colpiscono tutte quelle democrazie europee che sono nate e
si sono sviluppate dalle ceneri di Auschwitz. Ma attenzione: noi non abbiamo
mai bruciato né mai bruceremo bandiere. Manifesteremo con le candele il
nostro sdegno nei confronti dei leader teocratici portatori di oscurità e
non di luce». Non ci sono solo le minacce iraniane a turbare i sonni di
Israele. Tutti gli ebrei del mondo vivono con apprensione le ore che li
separano dalla «festa delle candele» soprattutto per l'ictus che ha
colpito Ariel Sharon. Una situazione - tiene a precisare Pacifici - «che
stiamo seguendo con grande apprensione. La rapida ripresa dell'attività
politica da parte di Sharon sarebbe un segnale di grande stabilità per
tutto lo stato d'Israele. Non ci esprimiamo sulle scelte politiche ma,
naturalmente, ci auguriamo una maggiore serenità per il processo iniziato
con il ritiro da Gaza, soprattutto in vista delle elezioni nei Territori e
in quelle nello stato d'Israele».
(1)
Una dichiarazione davvero illuminata. Parole che vorremmo ascoltare più
spesso e da più
versanti della realtà...
v. nel sito, su Chanukkàh:
Un pensiero di Rav Riccardo
Di Segni
Un pensiero di Rav Umberto
Piperno
Un pensiero di Gavriel Levi