Riconciliazione stimolante
riflessioni sul nuovo documento ebraico riguardante il cristianesimo

Affermando che è giunto il momento "che gli ebrei riconoscano gli sforzi fatti dai cristiani per dare valore all'ebraismo", più di 170 capi ebrei di tutte le diramazioni dell'ebraismo hanno firmato una Dichiarazione con otto punti base comuni e con proposte ripartite tra cristiani ed ebrei. La Dichiarazione, intitolata Dabru Emet ("direte la verità"), apparsa il 7 settembre 2000, si riferisce ad una "modifica senza precedenti nelle relazioni tra ebrei e cristiani" dall'Olocausto, ed invita ad una "risposta meditata da parte degli ebrei" riguardante i recenti cambiamenti dell'insegnamento cristiano sull'ebraismo. Afferma le radici comuni di entrambe le religioni, pur riconoscendo anche "differenze inconciliabili".

Nel paragrafo più controverso, Dabru Emet considera il ruolo dei cristiani nell'Olocausto. Quantunque menzioni la lunga storia dell'antiebraismo e della violenza dei cristiani contro gli ebrei, così come la partecipazione attiva o la complicità passiva di molti cristiani nei crimini nazisti, la Dichiarazione dice tuttavia che "il nazismo non fu un fenomeno cristiano" e nemmeno "una conseguenza inevitabile dei cristianesimo". Se il nazismo avesse continuato ad esistere, "la sua furia assassina si sarebbe indirizzata più direttamente contro i cristiani". Gli autori manifestano la loro gratitudine ai cristiani che salvarono ebrei ed a quei cristiani che attualmente "respingono l'insegnamento dei disprezzo" e concludono: "non li incolpiamo per i peccati che furono commessi dai loro predecessori."

Dabru Emet ha immediatamente risvegliato sia appoggi appassionati sia opposizioni veementi, specialmente per le sue osservazioni sull'Olocausto. Uno degli autori del documento, il rabbino Michael Signer, professore a Notre Dame, ha assicurato che molta gente gli aveva scritto dicendo che si trattava di un messaggio molto positivo e promettente. "D'altra parte - dice Signer - molti pensano che abbiamo tradito la storia ebraica e che ci siamo spinti troppo oltre. Credono che abbiamo tolto le preoccupazioni ai cristiani". Queste persone sono convinte che qualsiasi azione tendente alla riconciliazione con i cristiani che hanno reimpiantato la loro teologia sopra l' ebraismo, sia ridicola. Continuano ad essere convinti che, nella loro maggioranza, i cristiani non hanno abiurato dal loro trionfalismo, e mirano al proselitismo esercitato sugli ebrei dai "Battisti del Sud" e dagli "Ebrei per Gesù".

Nell'ambito della comunità cristiana, per alcuni risulta una novità fastidiosa rendersi conto che molti ebrei vedono effettivamente il nazismo come una conseguenza logica della cultura europea cristiana; altri si preoccupano che i cristiani possano sentirsi completamente esonerati ("affrancati da colpe") a seguito della Dichiarazione ebrea.

In alcune discussioni via Internet, vi sono cristiani che interpretano il paragrafo dell'Olocausto come una dichiarazione di perdono. Però Signer dice: " lo non userei il termine perdono, ma Riconciliazione. Per riconciliarsi, i cristiani devono fare un bilancio su ciò che hanno fatto di male e sui loro atteggiamenti che hanno danneggiato gli ebrei. Man mano che si inoltreranno in queste discussioni, andranno progredendo verso una comprensione più approfondita della loro stessa fede. Solo Dio può perdonare i peccati del passato.Gli ebrei hanno bisogno di più tempo per vedere se la teshuvah cristiana è reale.

Padre John Pawlikowski, un precursore del dialogo ebraico-cristiano e presidente dei Comitato di Relazioni con la Chiesa nel "Holocaust Museum Memorial" degli Stati Uniti, avverte circa la difficoltà di esprimere la complessa verità sopra il Cristianesimo e l'Olocausto in una breve dichiarazione: "La gente tende a fermarsi alle prime frasi. Sono d'accordo che non esiste assolutamente nessuna linea retta tra l'antisemitismo cristiano e l'Olocausto, però è anche certo che gli ideologi nazisti hanno utilizzato gran parte dell'antisemitismo cristiano per promuovere le loro idee, e benché ciò appaia, in un certo modo, nella continuazione del paragrafo, tuttavia resta un po' trascurato"

Benché il paragrafo sull'Olocausto abbia provocato le risposte più ricche di emozione, anche altri punti hanno risvegliato delle critiche. L'affermazione di Dabru Emet nel senso che giudei e cristiani adorano lo stesso Dio è problematica per molti ebrei, dice Christopher Leighton, direttore dell'Istituto di Studi Cristiani e Giudei (ICJS). Leighton segnala che le dottrine della Trinità e della Incarnazione "suonano per molti ebrei come un linguaggio teologico incomprensibile, che compromette l'integrità del monoteismo".

Da parte loro, alcuni cristiani si commuovono per le riflessioni sulla loro tradizione, che trovano nel documento. "L'idea che gli ebrei vedano i cristiani come idolatri viene come una rude rivelazione" osserva Leighton. "Però spinge i cristiani ad analizzare cosa significano realmente i loro concetti ideologici. Molti cristiani hanno smesso di pensare teologicamente ... il compito di tornare ad esaminare le dottrine cristiane essenziali, come la Trinità e l'Incarnazione, alla luce delle impostazioni ebraiche, può aiutare i cristiani a ricuperare il linguaggio della loro vera tradizione, ed allo stesso tempo portarli a conoscenza della nostra sensibilità verso certe idolatrie familiari e persistenti.

L'aspetto più notevole di Dabru Emet è, in effetti, il fatto che essa alimenta la riflessione teologica nell'ambito di ciascuna tradizione, in nome del dialogo reciproco. Pawlikowski ha espresso la speranza che ciò costituisca "l'inizio di una nuova fase di riflessione teologica e religiosa seria tra cristiani ed ebrei". In un certo senso, la Dichiarazione di Dabru Emet è una mano tesa, che risulta ancora più commovente per la dolorosa storia che la precede. Storicamente, le relazioni ebraico-cristiane sono state difficili, e molti ebrei e cristiani (forse la maggior parte di essi) in realtà reciprocamente non conoscono troppo l'altra tradizione.

Signer confida che la Dichiarazione aiuti gli ebrei "a pensare su sé stessi e sul loro mondo in termini religiosi ... Come parte di questa riflessione, speriamo che essi riconoscano che anche le altre comunità religiose - specialmente la comunità cristiana - hanno attraversato un periodo di riflessioni e cambiamenti". Contemporaneamente, egli spera che i cristiani "comincino delle discussioni con gli ebrei. Speriamo che lo facciano senza nessun altro proposito che di capire l'altro interlocutore e di capirsi tra loro stessi ... Desideriamo che i cristiani considerino l'ebraismo come un' Alleanza indipendente e continua, che vive insieme con i cristiani e si incrocia con essi nella storia successiva all'incarnazione".

Qualunque sia la sua conclusione, Dabru Emet mostra che un foro istituzionale può produrre qualcosa di integralmente non istituzionale. La Dichiarazione è stata elaborata da circa 30 studiosi ebrei che hanno iniziato a riunirsi sei anni fa, sotto gli auspici dei ICJS. Secondo Leighton, l'obiettivo originale era quello di "analizzare la formazione dell'identità ebraica ed i modelli di adattamento e di resistenza alla cultura cristiana". Il progetto ebbe inizio con relazioni accademiche, però lo schema cambiò quando gli studiosi si resero conto che stavano affrontando questioni che li riguardavano in forma personale, nella loro qualità di ebrei e di cittadini.

Per Leighton, il progetto dimostrò le possibilità creative di un conflitto. "Non credo che qualcuno di questi studiosi penserebbe che sarebbe possibile affermare definitivamente la verità dell'ebraismo in tutta la sua complessità, ma (credo che) esisterebbe il convincimento che il discernimento e la sapienza nascono solo dallo scontro tra interpretazioni divergenti. Noi cristiani abbiamo bisogno di apprendere a discutere con passione senza ritrarsi nei confronti all'altro. Nella mia esperienza presbiteriana ho visto che molte volte la gente si ritira disgustata quando nascono serie differenze di opinione. I membri di questo gruppo consideravano la loro diversità come un gran dono, un tesoro. Esisteva la sensazione che la conversazione si sarebbe impoverita se qualcuno di essi non fosse stato presente.

(Victoria Barnett, estratto dall'edizione del "Christian Century" del 27 settembre-4 ottobre 2000).

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