5. Prospettive e conseguenze

La sapienza, fenomeno che ha avuto la sua origine nel cammino della storia umana, è entrata così profondamente nella fede di Israele da divenirne l'espressione qualificata. Ascoltando la voce della sapienza, in realtà, Israele ascolta la voce di colui che ha parlato ai padri, a Mosè e che nella liturgia introduce sempre il popolo nella luce della sua rivelazione [46]

Sotto questo profilo possiamo constatare come la sapienza - quella personificata in modo emblematico - sviluppa, fino alle sue ultime conseguenze, le caratteristiche proprie della rivelazione.

Essa sviluppa anzitutto la dimensione interpersonale della comunicazione del Signore mediante la sua parola. Si tratta dell'aspetto che ha nella tradizione dell'alleanza la sua fonte privilegiata. Nell'alleanza, infatti, Israele accetta ciò che gli dice il Signore e il Signore accetta ciò che gli dice Israele [47]. Secondo la tradizione liturgica ancora isolabile dal testo di Dt 26,17-19, la reciproca autodonazione del Signore e di Israele si compie in forza della parola. 

La formula dell'alleanza, mediante la quale si dette espressione teologica piena all'esperienza della comunione di vita tra il Signore e il suo popolo, ci assicura che la reciproca autodonazione avviene con una parola che è al tempo stesso paterna-filiale e sponsale [48]. Nella sapienza risuona appunto la voce dei padre che forma i suoi figli all'ascolto della sua parola, a camminare nella via del suo insegnamento. 

Conforme al suo genere femminile, la sapienza è presentata come sposa. Nel suo amore sponsale, nella tenerezza delle sue delizie, nell'incanto della sua luce e dolcezza si irradia la bontà misericordiosa del Signore che Israele, nella tradizione cultica e profetica, era stato educato a contemplare nella sublimità misteriosa dell'amore sponsale.

Il fatto che la sapienza non solo pone la tenda in Israele, ma esercita la sua "exousia" salvifica in tutti i popoli, si presenta ora in tutta la ricchezza del suo significato. L'uomo che vive nella ricerca del senso profondo della vita all'interno del mondo e della storia, è in realtà alla ricerca della Parola, è alla ricerca del "Tu" che è presente nella creazione ed operante nella storia, trascendendole al tempo stesso. 

La ricerca della sapienza è dunque, in definitiva, la ricerca di Dio come il "Tu" assoluto dell'"io" umano. L'immagine della sapienza che è in Dio prima della creazione ed è il vincolo della comunione sicura di Dio con la sua opera ('amôn) ci porta a ritenere che questa ricerca dell'uomo è essa stessa già una risposta a una Parola che lo raggiunge nell'intimo del suo cuore, a un appello in forza del quale l'"io" dell'uomo è da sempre il "tu" di Dio. La ricerca della sapienza è frutto di attrazione divina, di santa seduzione, è risposta all'"exousia" sponsale della sapienza stessa.

La sapienza, inoltre, sviluppa e illumina la dimensione soteriologica della rivelazione. Uno studio approfondito dei testi sapienzali metterebbe ancora più in evidenza un dato che è emerso nell'analisi precedente: la presenza cioè del tema dell'esodo e dell'alleanza che, mediante il culto, permeavano la fede di Israele di una profonda esperienza di liberazione e di vita, nella ricerca di una perenne comunione con il Signore. 

Proprio questa sete di comunione vitale con il Signore porterà la fede di Israele a svilupparsi fino a confessare, nel periodo postesilico, la vita eterna della risurrezione. È significativo che questa vita futura sia compresa nella luce della sapienza. Questo itinerario del credente. che vive nella comunione con il Signore sulla terra e trova il compimento del suo esodo quando giungerà a Lui (cfr Es 19,4) nella gloria futura, è espresso in termini altamente lirici e spirituali nel Sal 73[49]:

"lo sono con te sempre:
tu mi hai preso per la mano destra,
mi guidi con il tuo consiglio
e poi mi accoglierai nella gloria" (vv. 23-24),

In questo testo è evidente che il "consiglio" divino, quindi l'effusione della sapienza, costituisce il modo concreto con cui Dio realizza l'esodo salvifico dell'orante, esodo che culmina nella trascendenza, nella "gloria" dei regno di Dio [50]. Accogliendo la sapienza e camminando nelle sue vie, Israele vive la propria storia come ininterrotta esperienza di esodo e, pur in mezzo alle prove e alle persecuzioni, si sente preso per mano e guidato dal Signore verso la piena partecipazione alla sua "doxa".

La dimensione soteriologica della rivelazione, mediante la sapienza, costituisce il futuro dell'intera umanità. Il testo apocalittico di Is 25,6-8 presenta il trionfo futuro dell'umanità, liberata dalla morte, con l'immagine del banchetto. Si tratta certo del convito nel quale trova compimento il banchetto dell'alleanza (cfr Es 24,1-11), però la descrizione della squisitezza delle vivande e dei vini lascia trasparire che il nostro autore pensa, in modo particolare, al banchetto della sapienza (cfr Pro 9,1-6). Ciò è confermato dall'annuncio che il Signore "strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli" [51]

Nel monte della gloria futura, tutti i popoli parteciperanno con Israele al banchetto definitivo dell'alleanza eterna nella pienezza della rivelazione. Qui la sapienza avrà realizzato pienamente la sua missione, il disegno di Dio sarà eternamente adempiuto. In questa ottica si possono comprendere, in forma nuova, tutte le affermazioni della sapienza che chiama gli uomini all'ascolto, che promette loro la vita.

 Effettivamente quando l'uomo accoglie la sapienza partecipa già, in qualche modo, alla luce della rivelazione di Dio: le sue opere e la sua storia possono diventare un riflesso di questa luce, un segno della Parola che sempre lo raggiunge, fino a quando il Signore toglierà il velo e l'umanità sarà introdotta nella pienezza della rivelazione e della vita, nel compimento eterno dell'esodo della salvezza.

Accenniamo, infine, alla dimensione regale-messianica della rivelazione che ha trovato, proprio nella tradizione sapienziale, un apporto decisivo. L'attesa del nuovo Davide (cfr Ez 34,23) diventa, dopo l'esilio attesa del "Germoglio" che "siederà da sovrano sul suo trono" (Zc 6,12). 

Anche quando la dinastia davidica scomparve completamente dalla storia, non venne meno l'attesa del nuovo Davide che, come Germoglio, sarebbe spuntato dal "tronco di lesse", anzi si vide in lui il vero "Emmanuele" sul quale si sarebbe posato lo spirito del Signore:

"spirito di sapienza e di intelligenza,
spirito di consiglio e di fortezza,
spirito di conoscenza e di timore del Signore" (Is 11,1-2).

Come appare dalla affinità lessicale di questo testo con Pro 1,1- 7, l'avvento del nuovo Davide è visto come il tempo in cui la sapienza produrrà i suoi frutti di giustizia:

"Non agiranno più iniquamente...
perché la sapienza del Signore riempirà il paese
come le acque ricoprono il mare" (Is 11,9).

Questa concezione "sapienziale" del Messia è anche presente, come lo ha dimostrato il Gese [52] , nella figura apocalittica del "figlio dell'uomo" (cfr Dn 7,9-14). Infatti la tradizione del figlio dell'uomo "è una trasformazione del messíanismo davidico. 

Essa non sta accanto alla convenzionale concezione davidica del messia, ma la comprende in sé..., la espande in sé e la eleva, in modo che possa comprendere l'intera mediazione della rivelazione di Dio agli uomini" [53]. In realtà il figlio dell'uomo è "l'uomo che è divenuto pienamente partecipe dell'automanifestarsi di Dio, che è giunto nel supremo ambito della rivelazione e media la rivelazione all'umanità" [54].  

A nostro avviso la connessione del figlio dell'uomo con la pienezza della rivelazione e la sua mediazione agli uomini ha la sua origine nella concezione del nuovo Davide pieno di sapienza e inauguratore dell'era in cui il popolo del Signore sarà ricolmo di sapienza. Questa tradizione nel movimento apocalittico, e in conformità con la prospettiva della sapienza, si "universalizza". 

Il figlio dell'uomo riceve da Dio "potere, gloria e regno", così che "tutti i popoli, nazioni e lingue lo serviranno" (cfr Dn 7,14): con lui la sapienza del Signore non riempirà soltanto tutto il paese d'Israele, ma tutta la terra. Tenendo presente questo sviluppo della tradizione sembra legittimo supporre che l'insistenza con cui gli ultimi libri sapienziali presentano la figura di Salomone, che comunica le sue istruzioni a quelli che governano la terra (Sap 1,1) e a tutti agli uomini, sottindenda una concezione profonda. 

L'uomo che accoglie la sapienza è in qualche modo nella regalità della salvezza, è raggiunto dalla Parola regale di Dio ed è in cammino verso la pienezza della rivelazione. Come la luce della sapienza illumina ogni uomo, così anche l'Emmanuele riempirà il mondo della sapienza divina. Camminando nella sapienza l'uomo vive già, anticipatamente, nello splendore di questa luce e nella gioia di una pienezza che ora è solo dato di contemplare nell'attesa, perché il suo compimento avverrà soltanto nel futuro, nell'evento del mondo nuovo della risurrezione.

  

6. Rilievi conclusivi

Nel nostro studio della tradizione sapienziale, con particolare riferimento alla sapienza personificata, un dato emerge costantemente, anche se in forme e prospettive diverse. Nella ricerca della sapienza Israele ha non solo percorso un itinerario di straordinaria crescita della propria fede, ma è giunto ad avere una nuova comprensione dell'umanità. 

Ogni uomo, che viva autenticamente nella ricerca della sapienza, non sviluppa solo un grandioso progetto della sua intelligenza e volontà, ma, più profondamente, risponde alla voce di Dio che lo chiama, segue la luce con cui egli lo illumina, accoglie il dono della sua sapienza e si pone sotto la sua exousìa. 

Possiamo dunque affermare che se la sapienza, vista in Dio, è il suo eterno disegno d'amore e di vita, essa, vista dalla parte dell'uomo, è "un itinerario di ricerca nella rivelazione" [55].

Tenendo presente che per la fede del N.T. Gesù è divenuto per noi "sapienza, giustizia, santificazione e redenzione (1 Cor 1,30), la ricerca della sapienza si presenta come un itinerario che avviene in Cristo: nella potenza della sua exousia pasquale, nell'ascolto della sua voce, nella luce del suo Spirito. Di questo itinerario, secondo Gv 14,6, Cristo è la via, la verità e la vita.

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