1. Dimensione "mondana" della
Sapienza Se per "sapienza" s'intende "l'assennatezza e la perizia volte a fini pratici", se essa designa, conforme all'ampiezza semantica della terminologia ebraica, "un comportamento e... un agire prudente e ponderato ..., mirante a padroneggiare il mondo, a risolvere i più disperati problemi della vita... ed a impegnarsi in ogni suo settore" [4] allora l'attività sapienziale è un fenomeno che, sia pure con espressioni differenziate, si riscontra ovunque nel lungo cammino della storia umana. Le testimonianze scritte più antiche dell'attività sapienziale sono le liste dette "onomastica". Esse si incontrano sia presso i Sumeri [5], da cui attinsero successivamente i Babilonesi e gli Assiri, sia presso l'antico Egitto [6]. La composizione di repertori onomastici, in cui si enumera l'insieme degli esseri e degli oggetti che formano l'universo delle proprie esperienze e conoscenze, aveva lo scopo di sviluppare e trasmettere un sapere sempre più ricco e completo del mondo circostante, al fine di coglierne i ritmi, le leggi e sviluppare, conseguentemente, una vita nella sicurezza e nel benessere. Proprio la tecnica delle liste costituisce una caratteristica della cultura orale, dunque di quello stadio della civiltà umana in cui l'uomo non conosceva ancora la scrittura per registrare le proprie parole e tramandare il proprio pensiero [7]. Oltre che all'esigenza di raggruppare tutte le conoscenze del mondo circostante in liste o repertori onomastici, la sapienza antica si propone di rispondere anche alla necessità di avere degli orienta- menti sicuri nella vita, facendo tesoro dell'esperienza delle generazioni passate, di quella presente e addirittura della cultura degli altri popoli. Come frutto di questa necessità si procede alla raccolta di sentenze che, per la loro concisione, forza espressiva e formulazione ritmica, consentono di raccogliere in una forma condensata, poetica, e perciò mnemonica, il frutto dell'esperienza vitale di numerose generazioni. Anche queste raccolte si incontrano nel mondo sumerico, dunque con il primo apparire della scrittura, su tavolette in gran parte di natura "scolastica". Esse erano appunto usate per la formazione dei futuri cultori della sapienza: gli scribi e quanti erano chiamati a operare nell'apparato del governo come funzionari del re [8]. Queste sentenze - dato molto suggestivo - nella lingua ebraica sono chiamate con il termine maal la cui radice (ML) significa sia paragonare/confrontare che governare/dominare. Il "maal", o proverbio, nasce dal confronto del maggior numero possibile di dati ed esperienze e, una volta formato, diventa una luce che orienta l'uomo nella via della vita, un principio che lo regola e guida (lo governa!) nelle scelte e nelle varie situazioni della propria esistenza. Non è questa la sede per delineare le varie forme in cui si è espressa la tradizione sapienziale nel mondo antico e, in particolare, in Israele [9]. Abbiamo richiamato le liste e i proverbi, la cui origine va posta nell'ambito della stessa civiltà orale, perché la loro conoscenza ci orienta a comprendere la profonda connessione della sapienza d'Israele con le civiltà del suo tempo e con lo stesso cammino dell'uomo che, nel processo continuo dell'interiorizzazione della scrittura, conserva, anche se necessariamente modificato, il patrimonio culturale sviluppato nella tappa orale della sua lunga storia. Il testo di 1 Re 5,12-13, di provenienza deuteronomistica, contiene una preziosa testimonianza riguardo all'attività sapienziale al tempo di Salomone: "Egli compose tremila proverbi e i suoi canti furono millecinque. Parlò delle piante - dal cedro del Libano all'issopo che cresce sul muro - e parlò dei quadrupedi, degli uccelli, dei rettili e dei pesci". Come ha giustamente rilevato A Fohrer [10], da questo testo si può evincere che al tempo di Salomone anche in Israele la sapienza era coltivata nelle due forme principali già notate in Mesopotamia e in Egitto. Anzitutto durante il suo regno si incrementò la scienza dei repertori onomastici relativa al mondo delle piante e degli animali. Pur tenendo conto dello stile aulico del testo è legittimo supporre che questa scienza, con cui si mirava a raccogliere e ordinare sistematicamente i fenomeni naturali conosciuti, abbia registrato circa un migliaio di voci o anche di più. Sempre durante il governo di Salomone si dette impulso alla "sapienza della vita" (Fohrer), come risulta dalla menzione dei proverbi (maal) e dei canti (o composizioni poetiche sapienziali). La storiografia deuteronomistica, presentando Salomone come il modello ideale dei re saggio, ha dunque sviluppato un'immagine che non derivava solo da una costruzione "teologica", al contrario custodiva in sé i lineamenti di una memoria storica, anche se la scienza oggi non è in grado di determinare l'ampiezza e il contenuto. Salomone ha certamente dato un impulso decisivo all'insegnamento sapienziale che, a partire dal suo tempo, "fu molto praticato in Israele" [11]. Proprio la menzione delle liste e dei proverbi ci assicura che la tradizione sapienziale israelitica si sviluppò in profonda sintonia con quella dei popoli vicini, in particolare con la sapienza babilonese e quella egiziana. Al riguardo è stato giustamente osservato: "Se si può affermare che tutte le istituzioni di Israele derivano dall'ambiente storico in cui il popolo si è formato e, malgrado le trasformazioni assunte nell'integrarsi nella fede di Israele, lasciano qualche traccia più o meno ampia della loro origine, si deve dire che la sapienza le supera tutte per vastità di tracce" [12]. Questo rapporto spiega sia i numerosi contatti letterari (p.es. le sentenze di Pr 22,17-23,11 sono ricavate dall'istruzione di Amenemope, mentre Pr 23,13-14 riflette l'insegnamento di Ahikar), sia l'assunzione della sapienza sviluppatasi in ambito extraisraelitico (come i detti di Agur in Pr 30,1-14 e quelli di Lemuel in Pr 31,1-9 di cui si riconosce apertamente l'origine non israelitica), sia infine il dialogo con le culture contemporanee, che si registra anche quando la sapienza ha percorso il suo cammino singolare nella storia di Israele, giungendo a situarsi al centro della sua stessa fede (famoso il dialogo del libro della Sapienza con il mondo culturale ellenistico) [13] . I fatti accennati, che richiedono indubbiamente ulteriori ricerche e approfondimenti nella sede scientifica appropriata, aprono una prospettiva che merita la nostra attenzione. Israele, che nella sua fede ha la consapevolezza di essere portatore di una parola ultramondana, trascendente, mediante l'attività sapienziale appare in profondo e vitale rapporto con le tradizioni di tutti i popoli da lui conosciuti. Insieme ad essi e con essi Israele interroga l'esperienza, sviluppa una visione realistica del mondo, cresce in un atteggiamento di dialogo fecondo con le culture del proprio tempo, si apre a un umanesimo che, mediante la scuola deuteronomistica, farà il suo ingresso nella stessa tradizione della propria fede. In questa ottica, ci sembra, è legittimo affermare che la sapienza è il ponte che unisce Israele al mondo. |