CATECHESI PRATICA             

Una Catechesi orientata verso la maturità della fede

Il compito essenziale della catechesi consiste nello sviluppare la maturità della fede, fin dalla giovinezza e per tutta la vita, in modo appropriato per ciascun credente. Una fede matura richiede a costui la più profonda percezione possibile della propria identità spirituale, accompagnata dal massimo rispetto per l'identità spirituale altrui.

Per comprendere la propria identità i Cristiani hanno bisogno di conoscere e apprezzare il proprio radicamento nel giudaismo. Debbono conoscere ed accettare il fatto che Gesù era un Ebreo osservante e perciò debbono aver care le tradizioni giudaiche di cui, attraverso di lui, sono eredi. In pari modo debbono realizzare che il Giudaismo rabbinico si è sviluppato contemporaneamente al Cristianesimo e che nel mondo attuale le due religioni sono il risultato di uno sviluppo parallelo di usi e insegnamenti antichi.

I Cristiani la cui fede è matura non si sentiranno minacciati in un dialogo con l'Ebraismo moderno. Al contrario, si sentiranno stimolati e ispirati dalle sue ricchezze spirituali. Una fede cristiana evoluta non si considera come opposta al Giudaismo, ma come associata ad esso su tutti i piani nella realizzazione del progetto redentore di Dio per il mondo.

« Attenti allo stesso Dio che ha parlato, sospesi alla stessa parola, abbiamo una stessa memoria da testimoniare e una comune speranza in Colui che è padrone della storia » (« Sussidi » 11, 11).

Preparazione ai Sacramenti

Mentre la definizione cattolica del sacramento come un « segno istituito da Cristo » sembra rendere marginale un eventuale riferimento al Giudaismo, la realtà è che, in questo come in altri casi, Gesù e la Chiesa primitiva hanno attinto alle ricchezze della tradizione ebraica.

Gli Ebrei non hanno mai usato la terminologia sacramentale sviluppata nella tradizione liturgica cristiana, ma la « visione sacramentale » della vita, l'idea che la creazione è santa, Che Dio parla e ci è presente attraverso dei segni materiali, è intrinsecamente ebraica.

Segni della presenza di Dio

Il concetto ebraico della « Shekhina », parola femminile che si trova nella letteratura rabbinica ad indicare la Presenza divina, illustra bene questa visione « sacramentale ». Numerosi episodi biblici descrivono la maniera in cui Dio si rende presente al popolo che ha scelto, attraverso segni concreti. Il roveto ardente, il mare che si apre per lasciar passare il popolo, la nube e la colonna di fuoco nell'Esodo, la nuvola che riempì il Tempio quando fu consacrato (1 Re, 8), la discesa dello spirito su Davide quando fu unto, ne sono degli esempi. I riti del bagno di purificazione e dell'unzione sono associati ad episodi similari di liberazione o di attribuzione del potere.

Il rito cristiano del battesimo è derivato dal « Mikveh » ebraico. La pratica cristiana dell'unzione riflette la pratica biblica dell'unzione dei re. Il termine ebraico di « Messia » significa « unto ».

Teoria sacramentale

Al di fuori della prospettiva generale sacramentale e delle origini ebraiche del rituale cristiano, la teoria sacramentale cristiana è radicata in concezioni ebraiche del periodo biblico e del periodo del Secondo Tempio: necessità costante per l'uomo di pentirsi delle proprie colpe e di fare penitenza, ruolo della mediazione rituale del prete, concezione elevata dell'amore nel matrimonio, il cui nodo è di una tale santità che può metaforicamente rappresentare la relazione fra Dio e il suo popolo.

Eucaristia

L'atto centrale del culto cristiano - l'Eucaristia - trova non solo la sua origine nelle preghiere e nei riti della cena pasquale (benedizione sul pane e il vino) ma anche il suo significato essenziale dal concetto ebraico di « zikkaron » (ricordo e attualizzazione) secondo il quale la presenza salvatrice di Dio è ricordata e attualizzata attraverso il rito di un pasto. I Vangeli sinottici implicano che Gesù ha istituito l'Eucaristia durante il Seder pasquale celebrato con i suoi discepoli.

Catechesi e Liturgia

Un compito fondamentale della catechesi è la preparazione alla liturgia. Occorre sottolineare qui che gli Ebrei come i Cristiani trovano nella Bibbia la sostanza stessa dell'adorazione comunitaria proclamazione e ascolto della parola di Dio, preghiere di lode, preghiere d'intercessione per i vivi e i morti, implorazione della misericordia divina.

Il ciclo liturgico

Il ciclo liturgico delle feste della Chiesa è parallelo a quello della Sinagoga. La maggior parte delle feste cristiane vi è radicato e ne trae ispirazione. Cristiani ed Ebrei celebrano la Pasqua. Gli Ebrei celebrano il passaggio storico dalla schiavitù alla libertà in attesa del compimento della storia umana in un'era di giustizia e di pace (shalom) per tutta l'umanità alla fine dei tempi. I Cristiani celebrano l'esodo pasquale realizzato nella morte e la Resurrezione di Gesù, in una similare attesa della sua ultima consumazione alla fine dei tempi.

San Luca descrive gli Ebrei che salivano a Gerusalemme per la festa della Pentecoste, celebrazione del dono della Torah. I Cristiani celebrano la festa ebraica della Pentecoste come circostanza del dono dello Spirito agli apostoli. Ambedue le tradizioni osservano dei periodi di digiuno e di pentimento nel corso del cielo annuale. Lo spirito liturgico dell'Avvento e della Quaresima ha un equivalente (benché profondamente differente su vari punti) nello spirito di « teshuvah » (ritorno, pentimento) e di riconciliazione che anima le grandi feste d'autunno, che culminano con lo Yom Kippur, il giorno del Gran Perdono. A proposito di questa festa, il libro di preghiere ebraico (Mahazor) enuncia la credenza ebraica nella libertà di scelta, nell'esistenza della « tendenza cattiva », enumera diversi livelli di peccato, esprime la necessità della confessione, dei rimorso, delle rinnovate assoluzioni.

Legami spirituali

Non solo il grande cielo liturgico ma anche innumerevoli dettagli nella forma delle preghiere e dei rituale stanno a testimoniare il legame spirituale che esiste tra la Chiesa e il popolo giudaico. La preghiera delle ore e altri testi liturgici attingono la loro ispirazione nel rituale della Sinagoga e nella Bibbia che ci è comune (in particolare i Salmi). Lo stesso dicasi della formulazione delle più venerabili preghiere della Chiesa come il Pater Noster e altre preghiere eucaristiche. L'offerta del pane e dei vino, per esempio, è radicata nella « Berachà » ebraica (benedizione) « Benedetto sii tu o Signore nostro Dio, Re dell'universo, che fai uscire il pane dalla terra ».

Come, ha affermato Giovanni Paolo II: « La fede e la vita religiosa del popolo ebraico, quali sono professate e praticate ancora ai giorni nostri, possono aiutarci grandemente a capire certi aspetti della vita liturgica della Chiesa ».

Formazione dei catechisti

Quel Che vale per la catechesi in generale è ancora più indispensabile per quanto riguarda i programmi destinati alla preparazione dei catechisti. È indispensabile incoraggiare continuamente un apprezzamento corretto e positivo degli Ebrei, ancora oggi il popolo di Dio, e del Giudaismo, testimone vivente di Dio nel mondo. Questa dovrà essere una preoccupazione essenziale e non semplicemente accessoria, nella programmazione dei corsi.

Compete ai catechisti e ai professori di religione il compito unico di trasmettere la fede della Chiesa. La fede cattolica e la fede ebraica sono, secondo i termini di Papa Giovanni Paolo Il, « legate al livello stesso della loro identità » (Roma, 6 marzo 1982). È una necessità vitale che i programmi di formazione alla catechesi e all'insegnamento rechino al futuro insegnante degli elementi della tradizione ebraica - biblica, ma anche rabbinica - e dalla pratica liturgica ebraica. I catechisti saranno così meglio preparati a condurre i loro studenti a realizzare in profondità l'esistenza dei patrimonio comune a Giudei e Cristiani di cui ha parlato il Papa (ibid.) e a condividerne la ricchezze.

Questo compito spetta alle « organizzazioni diocesane e parrocchiali, alle scuole, collegi e università e in modo particolare ai seminari ». Lo mette in evidenza la Dichiarazione del Concilio sulla Chiesa e le religioni non cristiane (Nostra Aetate n. 4) e i documenti successivi della Santa Sede, come pure la Dichiarazione della Conferenza Episcopale cattolica degli Stati Uniti. È un dovere che « incombe agli insegnanti e ai teologi » precisa ancora il documento del 1975 (Conferenza episcopale cattolica degli Stati Uniti). Esso esige una documentazione abbondante a disposizione dei maestri e degli organismi di formazione all'insegnamento religioso (v. la bibliografia).

Redazione e apprezzamento critico dei manuali

Come ha dichiarato Monsignor Meija, che era membro della Commissione della Santa Sede per le relazioni con il Giudaismo al momento della promulgazione delle Note dei Vaticano: « In effetti è impossibile presentare il Cristianesimo facendo Astrazione dagli Ebrei e dall'Ebraismo, a meno di sopprimere l'Antico Testamento (Scritture ebraiche), dimenticare l'ebraicità di Gesù e degli apostoli, rigettare l'essenziale dei contesto culturale e religioso della Chiesa primitiva » (Osservatore Romano, 24 giugno 1985). Se si vuole adempiere fedelmente il compito di presentare la storia della Chiesa e del suo messaggio al mondo, bisogna cercare di dare del giudaismo e del popolo ebraico un'immagine esatta, completa e positiva.

I progressi realizzati nelle relazioni fra Ebrei e Cristiani dopo il Concilio e sotto il suo impulso dovranno incoraggiare gli editori a cogliere l'occasione che si offre loro oggi di arricchire i manuali e il materiale d'insegnamento audiovisivo con elementi tratti dal ricco patrimonio spirituale del giudaismo. I principi e le linee di condotta qui sopra esposte serviranno come base di referenza e come criterio a tutti coloro che sono implicato nella composizione e la selezione delle opere di catechesi. L'esame dei manuali scolastici, libri di preghiera e altri materiali pedagogici, dovrà esser fatta sotto la responsabilità di istituzioni competenti. Si avrà cura di eliminare ciò che non è conforme alla lettera e allo spirito dell'insegnamento della Chiesa e ciò che non presenta sotto una luce positiva il ruolo sempre attuale del Giudaismo nella storia della salvezza.

Ritrovare le origini ebraiche del Cristianesimo e al tempo stesso rendersi conto della fruttuosa continuità dei legami della Chiesa con il popolo ebraico di oggi, è un passo che può arricchire e approfondire l'educazione cristiana in modo inestimabile.

 CONCLUSIONE                 

Nei suggerimenti fin qui esposti, che vengono come complemento al programmi d'educazione religiosa cattolica, ma non mirano a sostituirli, è stato posto l'accento sul « patrimonio spirituale comune » al Cristianesimo e al Giudaismo. Lo scopo non è quello di sminuire il carattere unico dei messaggio di Gesú e della Chiesa, ma anzi quello di approfondire tale messaggio favorendo una presa di coscienza dei suo legame con la testimonianza sempre attuale del popolo ebraico.

Rivolgendosi alla comunità ebraica della Grande Sinagoga di Roma, Giovanni Paolo Il ha espresso questa prospettiva il 13 aprile 1986: « Ebrei e Cristiani son depositari di un'etica segnata dai dieci comandamenti, nell'osservanza dei quali l'uomo trova la sua verità e la sua libertà. Promuovere una riflessione comune e una collaborazione su questo punto è uno dei grandi doveri dell'ora... Facendo ciò saremo fedeli ai nostri più sacri rispettivi impegni ma anche a ciò che ci unisce e ci raccoglie più profondamente: la fede in un solo Dio che 'ama lo straniero' e 'rende giustizia all'orfano e alla vedova' (Deut. 10,18) sforzandoci anche nei di amarli e di soccorrerli cf. ibid. e Lex. 19:18-34). Questa volontà dei Signore, i Cristiani l'hanno imparata dalla Torah, che voi qui venerate e da Gesù che ha portato lino alle estreme conseguenze l'amore richiesto dalla Torah...

La religione ebraica non ci è 'estrinseca' ma in un certo modo è 'intrinseca' alla nostra religione. Voi siete i nostri fratelli maggiori... ». 


 BIBLIOGRAFIA  torna su                

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