La notte di Colonia
Marco Roncalli, su Avvenire del 10 agosto 2005

A giorni il Papa visiterà una delle più antiche sinagoghe d'Europa, che subì nel 1938 la furia antisemita da parte dei nazisti

Lassù, a Colonia, nella Roonstraße i preparativi sono praticamente ultimati. E sulla sinagoga di Colonia, pronta ad accogliere Benedetto XVI, è già acceso il riflettore dei media. L 'attesa è carica per il forte valore simbolico della visita, ma anche per la particolarità della comunità ebraica tedesca raccolta attorno a questo tempio, una delle più antiche e non solo sulle rive del Reno. Alcuni documenti storici ne conservano la memoria addirittura dal lontano 321 d.C.. E non a caso Colonia divise nei secoli con altre città del nord Europa - come Vilnius o Anversa - l'appellativo di "Gerusalemme del Nord". 

Vittime di numerose persecuzioni durante il Medioevo, anche gli ebrei di Colonia hanno conosciuto nella loro storia i massacri susseguitisi in tante parti della Germania e dell'Europa. E anche qui molti di loro preferirono il suicidio alla crudeltà dei crociati che non tralasciarono di distruggere oggetti di culto e i libri sacri. E a questo proposito si può citare la cronaca di Salomon ben Simeon sull'eccidio degli ebrei a Colonia - dal 30 maggio al 1° luglio 1096 - dove si racconta che i crociati si scagliarono contro la sinagoga disperdendo poi per le strade i rotoli della Torah. Arrivando al Novecento è in epoca nazista che la sinagoga di Colonia - al pari di tante altre - viene data alle fiamme e rasa al suolo dalla barbarie dei «falsi profeti con la superbia di Lucifero», come già li chiamava Eugenio Pacelli in una lettera al vescovo di Colonia nel marzo 1935. Tre anni dopo, nella tragica "notte dei cristalli" - tra il 9 e il 10 novembre del 1938 -, quando in tutta la Germania si scatena la furia antisemita anche la sinagoga di Colonia, assieme a tante case e negozi di ebrei, non viene risparmiata. 

Non solo. Le drammatiche conseguenze della follia di Hitler nella città dove allora vivevano ventimila ebrei e d era capo della Gestapo Kurt Matschke portano numeri pesanti: oltre tredicimila persone deportate e sterminate, le altre emigrate. Solo dopo la guerra, la comunità fu ricostruita e oggi conta circa cinquemila membri.

Dovrebbero bastare questi dati per rendersi conto del grande significato simbolico di una visita già connotata da elementi di novità. Come l'ingresso del Papa in una sinagoga, che ha solo il precedente di Giovanni Paolo II nella sinagoga di Roma il 13 aprile 1986. Come il fatto che si tratta di un Papa tedesco in una sinagoga tedesca dopo l'Olocausto, proprio nel sessantesimo anniversario della fine della guerra. Senza contare - oltre la forza dei gesti - ciò che dirà Benedetto XVI, le cui parole sono particolarmente attese da tutta l'opinione pubblica. E poiché la visita costituisce un gesto religioso e non politico, sarà interessante leggere le parole che Benedetto XVI pronuncerà alla luce della loro dimensione religiosa e teologica. Nell'incontro del 19 agosto non dovrebbe mancare quello che alcuni osservatori religiosi definiscono "uno scambio competente", oltre al canto di un salmo, alla lettura di un brano dell'Antico Testamento e ad una benedizione aaronitica da parte del cantore della sinagoga.

Né va dimenticato che il giorno dopo, nell'arcivescovado di Colonia, il Papa incontrerà anche rappresentanti di alcune comunità musulmane, un incontro nel quale è atteso un forte segnale indirizzato al mondo islamico. Dopo i primi cento giorni di pontificato la tappa di Colonia assume un forte rilievo nella strategia del dialogo fra le tre religioni monoteistiche, sulle orme di Giovanni Paolo II, che come il successore auspicava una compenetrazione di dialogo e di missione nel segno dell'annuncio. Un annuncio che per Benedetto XVI deve diventare un processo dialogico. «All'altro non si dice qualcosa di completamente ignoto, ma si dischiude la profondità nascosta dell'esperienza della fede… E d'altra parte colui che annuncia non è semplicemente uno che dà, ma è anche uno che riceve. In questo senso nel dialogo interreligioso dovrebbe avvenire quello che Cusano ha espresso come desiderio e speranza nella sua visione del Concilio celeste: il dialogo tra le religioni dovrebbe diventare sempre più un ascolto del Verbo, che ci indica l'unità in mezzo alle nostre divisioni e contraddizioni», ha scritto l'allora cardinale Ratzinger in un testo per un'assise dell'Académie des Sciences Morales et Politiques di Parigi, edita per la prima volta in Germania nel 1997. Otto anni dopo il problema non è solo il rapporto diretto della Chiesa cattolica con gli ebrei o l'islam, ma i riflessi delle relazioni tra cattolici ed ebrei nei confronti della comunità islamica, nonché tra cattolici e islamici nei confronti della comunità ebraica.

Quanto alla visita di Karol Wojtyla alla sinagoga di Roma il 13 aprile 1986: «Un avvenimento storico di tale importanza.!…L'abbraccio nel giardino del tempio è stato qualcosa di emozionante. Mi domandavo perché a me doveva capitare una cosa di questo genere!», così il rabbino Toaff descrisse il suo incontro con Giovanni Paolo II - confermando anche che gli tremavano le gambe - rispondendo ad una domanda sul tema riportata nel libro «Il Messia e gli ebrei. Elio Toaff con Alain Elkann» (Bompiani). Dopo Elio Toaff toccherà invece al giovane rabbino Netanel Teitelbaum, che sarà accompagnato dal presidente onorario della Comunità ebraica Ernst Simons, dal presidente Georg Kurz e dai presidenti vicari Michael Licht e Ilan Simon, l'emozione del nuovo incontro con un pontefice in sinagoga. Teitelbaum ha spiegato in un colloquio con Regina Einig pubblicato nel «Die Tagespost» nei giorni scorsi di non valutare l'incontro politicamente, ma come un'occasione per rafforzare il dialogo tra ebrei e cristiani, sottolineando espressamente le reazioni positive degli ebrei in Germania in vista dell'incontro: «L'eco è esclusivamente positivo».
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[Fonte: avvenire.it - 10 agosto 2005]

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