A giorni il Papa visiterà una delle più
antiche sinagoghe d'Europa, che subì nel 1938 la furia antisemita da
parte dei nazisti
Lassù, a
Colonia, nella Roonstraße i preparativi sono praticamente ultimati. E
sulla sinagoga di Colonia, pronta ad accogliere Benedetto XVI, è già
acceso il riflettore dei media. L 'attesa è carica per il forte valore
simbolico della visita, ma anche per la particolarità della comunità
ebraica tedesca raccolta attorno a questo tempio, una delle più antiche e
non solo sulle rive del Reno. Alcuni documenti storici ne conservano la
memoria addirittura dal lontano 321 d.C.. E non a caso Colonia divise nei
secoli con altre città del nord Europa - come Vilnius o Anversa -
l'appellativo di "Gerusalemme del Nord".
Vittime di
numerose persecuzioni durante il Medioevo, anche gli ebrei di Colonia
hanno conosciuto nella loro storia i massacri susseguitisi in tante parti
della Germania e dell'Europa. E anche qui molti di loro preferirono il
suicidio alla crudeltà dei crociati che non tralasciarono di distruggere
oggetti di culto e i libri sacri. E a questo proposito si può citare la
cronaca di Salomon ben Simeon sull'eccidio degli ebrei a Colonia - dal 30
maggio al 1° luglio 1096 - dove si racconta che i crociati si scagliarono
contro la sinagoga disperdendo poi per le strade i rotoli della Torah.
Arrivando al Novecento è in epoca nazista che la sinagoga di Colonia - al
pari di tante altre - viene data alle fiamme e rasa al suolo dalla
barbarie dei «falsi profeti con la superbia di Lucifero», come già li
chiamava Eugenio Pacelli in una lettera al vescovo di Colonia nel marzo
1935. Tre anni dopo, nella tragica "notte dei cristalli" - tra
il 9 e il 10 novembre del 1938 -, quando in tutta la Germania si scatena
la furia antisemita anche la sinagoga di Colonia, assieme a tante case e
negozi di ebrei, non viene risparmiata.
Non solo. Le
drammatiche conseguenze della follia di Hitler nella città dove allora
vivevano ventimila ebrei e d era capo della Gestapo Kurt Matschke portano
numeri pesanti: oltre tredicimila persone deportate e sterminate, le altre
emigrate. Solo dopo la guerra, la comunità fu ricostruita e oggi conta
circa cinquemila membri.
Dovrebbero
bastare questi dati per rendersi conto del grande significato simbolico di
una visita già connotata da elementi di novità. Come l'ingresso del Papa
in una sinagoga, che ha solo il precedente di Giovanni Paolo II nella
sinagoga di Roma il 13 aprile 1986. Come il fatto che si tratta di un Papa
tedesco in una sinagoga tedesca dopo l'Olocausto, proprio nel sessantesimo
anniversario della fine della guerra. Senza contare - oltre la forza dei
gesti - ciò che dirà Benedetto XVI, le cui parole sono particolarmente
attese da tutta l'opinione pubblica. E poiché la visita costituisce un
gesto religioso e non politico, sarà interessante leggere le parole che
Benedetto XVI pronuncerà alla luce della loro dimensione religiosa e
teologica. Nell'incontro del 19 agosto non dovrebbe mancare quello che
alcuni osservatori religiosi definiscono "uno scambio
competente", oltre al canto di un salmo, alla lettura di un brano
dell'Antico Testamento e ad una benedizione aaronitica da parte del
cantore della sinagoga.
Né va
dimenticato che il giorno dopo, nell'arcivescovado di Colonia, il Papa
incontrerà anche rappresentanti di alcune comunità musulmane, un
incontro nel quale è atteso un forte segnale indirizzato al mondo
islamico. Dopo i primi cento giorni di pontificato la tappa di Colonia
assume un forte rilievo nella strategia del dialogo fra le tre religioni
monoteistiche, sulle orme di Giovanni Paolo II, che come il successore
auspicava una compenetrazione di dialogo e di missione nel segno
dell'annuncio. Un annuncio che per Benedetto XVI deve diventare un
processo dialogico. «All'altro non si dice qualcosa di completamente
ignoto, ma si dischiude la profondità nascosta dell'esperienza della
fede… E d'altra parte colui che annuncia non è semplicemente uno che dà,
ma è anche uno che riceve. In questo senso nel dialogo interreligioso
dovrebbe avvenire quello che Cusano ha espresso come desiderio e speranza
nella sua visione del Concilio celeste: il dialogo tra le religioni
dovrebbe diventare sempre più un ascolto del Verbo, che ci indica l'unità
in mezzo alle nostre divisioni e contraddizioni», ha scritto l'allora
cardinale Ratzinger in un testo per un'assise dell'Académie des
Sciences Morales et Politiques di Parigi, edita per la prima volta in
Germania nel 1997. Otto anni dopo il problema non è solo il rapporto
diretto della Chiesa cattolica con gli ebrei o l'islam, ma i riflessi
delle relazioni tra cattolici ed ebrei nei confronti della comunità
islamica, nonché tra cattolici e islamici nei confronti della comunità
ebraica.Quanto alla visita di Karol Wojtyla alla sinagoga
di Roma il 13 aprile 1986: «Un avvenimento storico di tale
importanza.!…L'abbraccio nel giardino del tempio è stato qualcosa di
emozionante. Mi domandavo perché a me doveva capitare una cosa di questo
genere!», così il rabbino Toaff descrisse il suo incontro con Giovanni
Paolo II - confermando anche che gli tremavano le gambe - rispondendo ad una
domanda sul tema riportata nel libro «Il Messia e gli ebrei. Elio Toaff
con Alain Elkann» (Bompiani). Dopo Elio Toaff toccherà invece al giovane
rabbino Netanel Teitelbaum, che sarà accompagnato dal
presidente onorario della Comunità ebraica Ernst Simons, dal presidente
Georg Kurz e dai presidenti vicari Michael Licht e Ilan Simon, l'emozione
del nuovo incontro con un pontefice in sinagoga. Teitelbaum ha spiegato in
un colloquio con Regina Einig pubblicato nel «Die Tagespost» nei giorni
scorsi di non valutare l'incontro politicamente, ma come un'occasione per
rafforzare il dialogo tra ebrei e cristiani, sottolineando espressamente
le reazioni positive degli ebrei in Germania in vista dell'incontro: «L'eco
è esclusivamente positivo».
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[Fonte: avvenire.it - 10 agosto 2005]