Il Gran Rabbino di Haifa (Israele) ha confessato che il suo
intervento, questo lunedì pomeriggio, al Sinodo dei Vescovi rappresenta
un segno di speranza per la crescita delle buone relazioni tra cattolici
ed ebrei.Shear Yashuv Cohen è entrato insieme a Benedetto XVI
nell'aula sinodale e ha partecipato seduto tra i Vescovi a tutta la
sessione pomeridiana. Poi, dalla cattedra centrale, accanto al Papa, ha
pronunciato le prime parole rivolte da un rappresentante ebraico al
Sinodo dei Vescovi.
“Esiste una lunga, dura e dolorosa storia di relazioni tra il nostro
popolo e la nostra fede e i leader e seguaci della Chiesa cattolica, una
storia di sangue e lacrime”, ha affermato.
Il Rabbino è Copresidente della Commissione Bilaterale del Gran
Rabbinato di Israele e della Santa Sede.
“Sono profondamente convinto che la mia presenza tra voi sia
estremamente significativa - ha aggiunto - . Porta con sé un segno di
speranza e un messaggio d'amore, convivenza e pace per la nostra
generazione e per le generazioni future”.
Secondo quando ha spiegato l'Arcivescovo Nikola Eterović,
Segretario generale del Sinodo dei Vescovi, la commissione
organizzatrice ha ritenuto “logico” invitare all'assemblea sulla Parola
di Dio un rappresentante del popolo ebraico. Benedetto XVI ha poi
approvato questa decisione.
Quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede,
del resto, il Cardinale Joseph Ratzinger incontrava spesso
rappresentanti ebraici.
Nel suo intervento al Sinodo il Rabbino, nato nel 1927 e figlio di
David Cohen, un famoso Rabbino di Gerusalemme, ha illustrato ai Vescovi
il ruolo centrale che la Bibbia ha nella vita e in particolare nella
preghiera e nel culto degli ebrei.
Il Rabbino, che ha rivelato di essere stato introdotto dai suoi amici
della Comunità di Sant'Egidio allo spirito di dialogo promosso da
Giovanni Paolo II con l'incontro di Assisi del 1986, ha presentato
alcuni momenti tipici del culto nella sinagoga.
“Preghiamo Dio utilizzando le sue stesse parole, come ci vengono
riportate dalle Scritture”, ha affermato. “Allo stesso modo, lo lodiamo
usando le sue stesse parole tratte dalla Bibbia”.
“Imploriamo la sua misericordia, ricordando che Egli l'ha promessa ai
nostri antenati e a noi. Tutto il nostro servizio si basa su un'antica
regola, come ci hanno riferito i nostri Rabbini e maestri: 'Dategli ciò
che è suo, perché voi e ciò che è vostro siete suoi'”.
“Crediamo che la preghiera sia il linguaggio dell'anima nella sua
comunione con Dio. Crediamo sinceramente che la nostra anima sia sua,
che Egli ce l'abbia donata”.
I Rabbini, quando parlano nei loro sermoni di temi come la santità
della vita, la lotta al secolarismo, la promozione dei valori della
fraternità, l'amore e la pace, cercano “sempre di basare le proprie
parole su citazioni bibliche”, ha osservato.
“Il nostro punto di partenza si ritrova nei tesori della nostra
tradizione religiosa, anche se parliamo a un mondo moderno con un
linguaggio contemporaneo e affrontiamo questioni attuali”.
“E' sorprendente constatare come le Sacre Scritture non perdano mai
la loro vitalità e importanza per presentare questioni della nostra
epoca – ha concluso il Rabbino –. E' questo il miracolo della perpetua
Parola di Dio”.
[© Copyright Zenit 7 ottobre 2008 ]