In Terra Santa va raddoppiata la Custodia
Sandro Magister, su L'Espresso 7 settembre 2005

Sempre più in pericolo i cristiani di Betlemme e della Palestina. Il Custode dei Luoghi Sacri accusa gli estremisti islamici e l’Autorità Palestinese “che fa poco o nulla”. Intanto, tra il Vaticano e Israele...

 

Con parole dure e inattese il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, ha richiamato l’attenzione di tutti sul crescendo di violenze e umiliazioni di cui sono vittima i cristiani di Cisgiordania, ad opera dei musulmani. L’ha fatto parlando con l’inviato del “Corriere della Sera” a Gerusalemme, Lorenzo Cremonesi, in una corrispondenza del 4 settembre:

“Macché difficoltà tra Israele e Vaticano! I problemi per noi cristiani in Terra Santa sono altri. Quasi ogni giorno, lo ripeto, quasi ogni giorno, le nostre comunità sono vessate dagli estremisti islamici in queste regioni. E se non sono gente di Hamas o della Jihad Islamica, avviene che ci si scontri con il muro di gomma dell’Autorità Palestinese, che fa poco o nulla per punire i responsabili. Anzi, ci è capitato di venire a sapere che in alcuni casi tra loro c’erano gli stessi agenti della polizia di Mahmoud Abbas o i miliziani del Fatah, il suo partito, che sarebbero addetti alla nostra difesa”.

Padre Pizzaballa è un’autorità. Rappresenta la Custodia Francescana di Terra Santa, l’istituzione alla quale da sette secoli la Santa Sede affida la cura delle proprietà della Chiesa, nella terra in cui visse Gesù.

Parla l’ebraico e conosce l’arabo. Al “Corriere” ha detto di avere “una lista di 93 casi di ingiustizie di vario tipo commesse ai danni dei cristiani nella regione di Betlemme tra il 2000 e il 2004”.

E proprio lo stesso giorno in cui appariva questa sua denuncia pubblica un altro caso di violenza anticristiana si è registrato a Taibeh, l’antica Ephraim della Bibbia, un villaggio a est di Ramallah.

A Taibeh, domenica 4 settembre, tredici case abitate da altrettante famiglie cristiane sono state assalite e bruciate, le strade devastate, una statua della Madonna fatta a pezzi.

Il motivo scatenante: la storia d’amore tra Hiyam Ajai, una giovane musulmana del vicino villaggio di Deir Jreer, e Mehdi Kouriyee, un cristiano di un’importante famiglia di Taibeh, proprietaria di una fabbrica di birra dello stesso nome.

Quando hanno scoperto che Hiyam era in attesa di un bambino, i suoi l’hanno chiusa in casa, l’hanno picchiata. Giovedì 1 settembre Hiyam è stata trovata morta. I genitori hanno spiegato: “Quel cristiano l’ha violentata e lei si è avvelenata”. Si è gridata vendetta e si è preparato l’assalto. Le famiglie cristiane di Taibeh hanno trovato scampo lasciando in tempo le loro case. La polizia palestinese è arrivata sul posto a devastazione avvenuta.

Questo e gli altri fatti inclusi nel dossier confermano un dato già evidenziato da altri osservatori: il netto aumento dell’ostilità musulmana nei confronti dei cristiani di Terra Santa, avvenuto a partire dallo scoppio della seconda intifada, alla fine del 2000.

Una recente e diretta documentazione di questo crescendo di ostilità è il libro di Elisa Pinna, esperta di questioni religiose internazionali per l’agenzia giornalistica ANSA: “Tramonto del cristianesimo in Palestina”, pubblicato nel marzo del 2005.

La svolta – spiega Elisa Pinna – è avvenuta con l’ingresso nella seconda intifada di un elemento nuovo: il fondamentalismo islamico.

In precedenza, il movimento palestinese aveva un’impronta prevalentemente nazionalista. E a questa impronta avevano contribuito soprattutto gli arabi di fede cristiana, parte di un’élite colta e occidentalizzata, non priva di venature marxiste. Erano cristiani i capi guerriglieri George Habbash, Wadi Haddad, George Hawatmeh. Ma erano cristiani anche gli esponenti di punta dell’ala moderata e pragmatica che sostenne gli accordi di Oslo: Hanan Ashrawi, Hanna Seniora, Afif Safia.

Oggi però queste ultime figure sono in ombra e sotto minaccia. Anche la scomparsa di Yasser Arafat ha pesato a sfavore dei cristiani.

E questi emigrano. Nello storico “triangolo cristiano” formato da Betlemme e dai due villaggi adiacenti di Beit Jala e Beit Sahur, mezzo secolo fa i tre quarti della popolazione erano battezzati. Oggi a Betlemme i cristiani sono scesi a 6500 su 35000 abitanti, e a Beit Jala e Beit Sahur si sono dimezzati. Il suono delle campane è ovunque sovrastato dagli altoparlanti a tutto volume dei muezzin.

Un segnale forte di questa svolta è stata l’occupazione da parte di musulmani armati della basilica della Natività a Betlemme, nel 2002. In quegli stessi giorni e settimane, altri gruppi armati occuparono a Betlemme altri conventi di religiosi e suore: ma di questo il mondo non ebbe notizia.

Vicino a Betlemme, un piccolo santuario di proprietà della Chiesa greco-ortodossa dedicato ad Al Khadr, un santo venerato sia dai cristiani che dai musulmani e persino dagli ebrei, era meta pacifica fino a pochi anni fa di devoti delle tre religioni. Oggi è in stato di abbandono. “Il prete cristiano tiene chiusa la chiesa perché ha paura che i musulmani gliela prendano per farne una moschea”, ha sussurrato ad Elisa Pinna il custode arabo del santuario.

Un altro greco-ortodosso, un imprenditore di nome Samir Qumsieh, si muove invece controcorrente. Nel 1996 ha fondato a Betlemme una televisione, Al Mahed, la Natività, che assieme a un’emittente libanese è tutt’ora la sola voce televisiva cristiana in tutto il Medio Oriente arabo.

Il suo bacino d’utenza comprende Gerusalemme, Gerico, Ramallah, Hebron, con un milione di spettatori potenziali. Si distinse nel 2002, quando diede costante copertura ai quaranta giorni di occupazione e di assedio della basilica della Natività. “Ebbene, quando l’occupazione finì, l’Autorità Palestinese ci ringraziò tagliandoci la luce e il telefono”, dice oggi Samir Qumsieh.

E padre Pizzaballa ha confermato al “Corriere”: “In queste ultime settimane una banda di Beit Sahur, dove egli ha la casa e l’ufficio, sta cercando di rubargli il terreno dove vorrebbe installare un ripetitore in grado di allargare l’area coperta dall’emittente”.

Del dossier in possesso della Custodia di Terra Santa, Samir Qumsieh è il principale autore. L’ha mandato anche all’Autorità Nazionale Palestinese, quand’era ancora in vita Arafat.

I suoi contenuti li aveva anticipati un anno fa a Elisa Pinna: “Per i cristiani qui ormai è una vita di soprusi e di umiliazioni. A comandare sono i ladri di terra. I musulmani si appropriano dei nostri beni e delle nostre proprietà attraverso vere e proprie truffe, compiute con la complicità di funzionari legati all’Autorità Palestinese e alle sue milizie, i tanzim. A Betlemme regna l’illegalità. Prendiamo il caso del dottor Samir Asfour. Aveva ereditato dal padre novemila metri quadrati vicino alla Tomba di Rachele. Ebbene, è saltato fuori un musulmano con un documento falso che rivendicava la terra. E naturalmente il registro comunale di Betlemme gli ha dato ragione”.

E ancora: “Sono frequenti i casi di teppismo contro le chiese, da cui portano via i crocifissi. Nel giardino del convento delle suore salesiane hanno distrutto la statua della Vergine Maria. Nel cimitero cristiano di Betlemme hanno violato alcune tombe. Sono apparse scritte contro Hanan Ashrawi, l’ex portavoce dell’OLP, colpevole di essere cristiana e di essere donna”.

Ma non è tutto. Nel dossier è riportato il caso di Rawan William Mansur, una ragazza di 16 anni di Beit Sahur, che nella primavera del 2003 fu violentata da quattro miliziani di Fatah. Nessuno di loro fu arrestato. La famiglia fu costretta a emigrare in Giordania.

Nel 2002 due sorelle della famiglia Amre, di 17 e 19 anni, furono giustiziate a colpi di pistola da un gruppo di uomini vicini all’Autorità Palestinese. L’accusa era di prostituzione. Ma l’autopsia dimostrò due cose: la prima che erano vergini, la seconda che erano state torturate ai genitali con sigarette accese, prima dell’esecuzione.

A Betlemme c’è un istituto cristiano di nome “La Crèche”, la mangiatoia, che prende cura dei neonati abbandonati dai genitori. “Sono i figli di relazioni illegali troncate violentemente dalla sharia, la legge musulmana imperante nei campi profughi”, hanno spiegato ad Elisa Pinna le responsabili dell’istituto. “Il loro numero sta aumentando. Nessuno di questi bambini può essere adottato all’estero. È proibito, l’Autorità Palestinese non vuole. Devono rimanere qui, a Betlemme, restare palestinesi e musulmani”.

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