Il presidente iraniano insiste sulla strada del negazionismo e
raccoglie come in passato solo critiche. Anche sul nucleare boccia
ogni speranza: non arretreremo di una virgola. Il silenzio del mondo
arabo che anche questa volta ha accompagnato le dichiarazioni di
Ahmadinejad è più che significativo.
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La campagna anti-israeliana di Mahmoud Ahmadinejad, nel
suo crescendo di intensità, tra le reazioni sdegnate del mondo
occidentale e un eloquente "silenzio" di gran parte del mondo
arabo, non è per nulla nuova. Affonda infatti negli slogan, nelle
motivazioni e nei principi dell'ideologia antisemita e antisionista che i
regimi del Vicino e Medio Oriente hanno edificato per tutta la metà del
secolo scorso a sostegno della loro lotta armata contro il nemico Stato
d'Israele.
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Considerato dal 1947-48, a dispetto della legittimità della risoluzione
dell'Assemblea generale dell'Onu, un «intruso» nella realtà storica,
politica e sociale della regione (e come «intrusi» e «predatori della
terra araba» erano stati osteggiati e combattuti negli anni Venti-Trenta
gli immigrati ebrei che si stabilivano nella Palestina sotto mandato
britannico). Una campagna che, utilizzando argomenti antisemiti di tipo
hitleriano e maurrasiano (di Charles Maurras, fondatore del momento
antisemita "Action français"), vedrà la Lega Araba promuovere
la riedizione e la diffusione in milioni di copie dei «Protocolli dei
saggi di Sion» di Matthieu Golovinski, libro che nel 1978 i rivoluzionari
iraniani diffonderanno nel loro Paese.
Negli anni Settanta, dopo la sconfitta araba nella guerra del Kippur e la
crisi petrolifera mondiale, rinasce in tutto il mondo arabo e musulmano la
campagna antisionista e antirazziale propugnata da ideologi negazionisti
dell'Olocausto come il francese Roger Garaudy e sorretta in Europa da
correnti di partiti di sinistra e da movimenti pacifisti pro-palestinesi e
anti-israeliani.
Si giungerà addirittura all'approvazione da parte dell'assemblea generale
dell'Onu di una risoluzione che equiparerà il sionismo al razzismo (poi
tuttavia revocata) e al suggerimento del leader libico Gheddafi di
regolare il problema palestinese trasferendo gli ebrei d'Israele in
Alsazia-Lorena o in Alaska o nei Paesi baltici.
È su questo tessuto di ostinato odio che è stata accreditata la tesi,
divulgata adesso da Ahmadinejad, che l'Olocausto degli ebrei è affare
interno del mondo occidentale; e che essi costituiscono un «tumore» per
il mondo islamico, la sua purificazione non potrà avvenire che con la
loro espulsione. In Europa o altrove, non importa.
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[Fonte: Avvenire 15 dicembre 2005]