Nella ricerca senza posa di dare
senso alla vita, le comunità, come pure gli individui, cercano di
definire la loro missione nel mondo. Ciò vale certamente anche
per gli ebrei.
La missione degli ebrei fa parte
di una tripla missione radicata nella Scrittura e e sviluppata
nelle fonti ebraiche posteriori. C'è innanzitutto la missione di alleanza:
lo slancio che perennemente segna la vita ebraica che procede
dall'alleanza tra Dio e gli ebrei. Poi, la missione di testimonianza,
attraverso la quale gli ebrei si percepiscono (e spesso sono visti
dagli altri) come gli eterni testimoni davanti a Dio della sua
esistenza e della sua potenza redentrice nel mondo. Infine la
missione di umanità, che comprende la storia biblica degli
ebrei come portatrice di un messaggio destinato non soltanto agli
ebrei, Essa presuppone un messaggio ed una missione destinati a
tutti gli esseri umani.
La missione d’alleanza
Gli ebrei sono la progenie di
Abramo, Isacco e Giacobbe, l'incarnazione dell'alleanza di Dio con
questi antenati.
Non soltanto Abramo intraprende
un viaggio verso la terra di Canaan dopo essere stato chiamato da
Dio, ma, quando all'età di 99 anni Dio gli apparve e gli disse:«Cammina
alla mia presenza e sii perfetto. Io istituisco la mia alleanza
tra me e te, e io di farò crescere senza misura». L'alleanza
viene definita come «eterna... perché Dio è tuo e di colui
della tua discendenza». L'alleanza implica la Terra di Canaan che
è un possesso perpetuo. Esiste un simbolo fisico dell'alleanza:
la circoncisione di tutti i maschi l'ottavo giorno della loro
vita.
L'alleanza è contemporaneamente
fisica e spirituale. Gli ebrei sono un popolo concreto. L'alleanza
è una alleanza della carne. La terra è un luogo concreto. Ma
esiste anche un'alleanza dello spirito perché essa è legata al
«cammino alla Sua presenza».
Gli ebrei sono un popolo chiamato
all'esistenza da Dio per una scelta d'amore. Per quale ragione Dio
farebbe una tal cosa? La Torah ci racconta la storia di un
Dio unico che, così differente dal Dio di Aristotele, non si
contenta di contemplare se stesso. Si tratta di un grande mistero,
ma Dio, che oltrepassa ogni nostra capacità di comprensione, ha
voluto far entrare nell'esistenza un mondo. Egli ha dato alle sue
creature un solo comandamento, di non mangiare un certo frutto del
Giardino di Eden. Ed esse cosa fanno? Mangiano questo frutto.
E così Dio, che aveva deciso di
partecipare il suo essere ineffabile, fu rifiutato. Non fu
necessario attendere molto perché la terra divenisse corrotta
davanti a Dio. Allora egli ricominciò, distruggendo la creazione,
riunendo le acque primordiali e non lasciando sussistere che Noè
e la sua famiglia. Ma ciò non è affatto duraturo, perché non
appena Noè è uscito dall'Arca si ubriaca e si denuda. Nuovo
fallimento - finché la Torah inizia il racconto che segna,
che è il cuore della saga biblica: il racconto di Abramo e della
sua discendenza, gli ebrei.
L'alleanza non è una semplice
promessa o una generica esortazione alla perfezione. Quando il
polo d'Israele è divenuto una comunità enorme ed ha sofferto
sotto la schiavitù del Faraone, il popolo è riscattato
dall'Egitto attraverso miracoli straordinari. Essi vengono al
Sinai e l'Alleanza riceve il suo contenuto: le leggi e statuti
sono dati là e poi sotto la Tenda dell'Incontro.
Avete
visto con i vostri occhi cosa ho fatto agli Egiziani , e come vi
ho trasportato su ali d'aquila e portati verso di me. Ora, se
ascoltate la mia voce e osservate la mia alleanza, vi considererò
come un mio proprio bene in mezzo a tutti i popoli, perché tutta
la terra mi appartiene. Farò di voi un regno di sacerdoti, una
nazione santa.
Per gli ebrei non si tratta di
lusinga divina, ma del fardello di un obbligo divino. Questa è
quindi la definizione teologica degli ebrei: un popolo concreto
chiamato a vivere in una relazione speciale con Dio. Questa
relazione ha un contenuto specifico. Ci sono ricompense per la sua
osservanza e punizioni per il suo abbandono.
Una simile visione degli Ebrei
non corrisponde alle comuni definizioni sociologiche di un popolo,
di una comunità o di una famiglia. È anche possibile che la
maggior parte degli ebrei sia a disagio rispetto a questa
sociologia teologica. Comunemente si preferisce presentare gli
ebrei come un gruppo etnico o come una comunità religiosa non
legata a un popolo. Ma non è questa la nozione degli ebrei nella
Bibbia e nella letteratura ebraica successiva. Gli ebrei sono, per
il meglio o per il peggio, per la ricchezza o per la povertà,
collaboratori di Dio in una narrazione a volte burrascosa a volte
idilliaca, in un matrimonio d'amore che lega insieme per sempre
Dio e il popolo di Israele e da il senso più profondo possibile
all'esistenza ebraica.
La pratica conseguenza di tutto
ciò è che la prima missione degli ebrei è verso gli ebrei. Ciò
comporta che la comunità ebraica è determinata a preservare la
sua identità. Poiché questo non avviene da sé, ne deriva che
gli ebrei parlano costantemente tra loro di forze istituzionali e
della capacità della comunità di educare i suoi fanciulli. Ciò
crea orrore del matrimonio misto. Ciò esprime la passione per lo
studio della Torah. La posta in gioco nella comunità
ebraica è alta e per non abbandonare Dio, la comunità ebraica
dispiega una grande quantità di energie per vegliare su ciò a
cui va incontro la comunità dell'alleanza.
La missione di testimonianza
Isaia parla di un ruolo che gli
ebrei rivestono e che li oltrepassa. « Siete voi i miei
testimoni, Oracolo del Signore, voi siete i i servi che io mi sono
scelto »
Gli ebrei sono i Suoi testimoni,
i quali testimoniano che c'è, nel mondo, un Dio che è Creatore,
che Egli è unico e che gli idoli non hanno potere - « Sì,
davanti a me ogni ginocchio si piegherà, per me giurerà ogni
lingua » -, e che la potenza di Dio è una potenza redentrice, più
forte di quanto gli esseri umani possano concepire
Come si manifesta la potenza di
Dio? Nella vita delle nazioni, compresa la caduta e la
ricostituzione della nazione d'Israele. È ben noto, attraverso la
Torah ed i Libri Profetici, che la sofferenza di Israele è
intesa come testimonianza dell'alleanza di Dio con Israele.
Ciò che non è compreso, in ogni
caso non abbastanza, è che Dio vuole che le nazioni vedano la
redenzione d'Israele e siano impressionate. C'è, per esempio ciò
che Dio vuole che Faraone e gli Egiziani vedano. Apparentemente
non basta accontentarsi di riscattare il popolo d'Israele dalla
schiavitù. La redenzione è prevista per essere pubblica, piena
di segni e di miracoli. Poiché essa deve insegnare alla grande
nazione d'Egitto la potenza, la gloria e l'interesse del Dio
d'Israele a riscattare gli schiavi.
È anche in questo senso che il
profeta Isaia parla degli ebrei come della “luce delle
nazioni”. « Io innalzo le tribù di Giacobbe e conduco i
sopravvissuti d'Israele. Faccio di te la luce della nazioni per la
mia salvezza arrivi alle estremità della terra. » Le
nazioni guarderanno e vedranno la redenzione del popolo d'Israele
e saranno sorprese. Esse apprenderanno anche, se non l'avessero
fatto prima, che il Signore Dio d'Israele restituisce al Suo
popolo la Sua terra.
Il messaggero di gioia dice a
Sion: « Ogni vallata sia colmata, ogni montagna e ogni collina
abbassata, che i luoghi accidentati si trasformino in pianura e i
dirupi in ampia vallata ». Non si tratta di retorica a proposito
di una manifestazione mistica qualunque di Dio che trasforma la
natura. Si tratta di un'immagine vigorosa che parla della
creazione di una grande strada straordinaria che deve ricondurre
gli esiliati nei loro paesi...
Quando trascorriamo molto tempo a
pensare ai nostri peccati, il messaggio di Dio non è la
sofferenza. Il messaggio di Dio è il potere del pentimento e
quello del Suo amore manifestato nella redenzione d'Israele. Così
uno dei maggiori bisogni della teologia è quello di distaccarsi
dal messaggio della sofferenza. Il grande messaggio di Dio è la
potenza della redenzione. La grande speranza degli ebrei è la
loro redenzione e la ricostruzione del loro Stato-nazione. La
testimonianza da dare è quella di Dio che riscatta il suo popolo.
La missione di umanità
Il messaggio della Bibbia non è
un messaggio ed una visione soltanto per gli Ebrei ma anche per
tutta l'umanità. Isaia parla, a due riprese, degli ebrei come
luce delle genti e abbiamo già fatto riferimento a questa
citazione del capitolo 49. Cos'altro vuol dire quando parla degli
ebrei come « popolo dell'alleanza e luce delle nazioni » ?
Il commentatore medioevale David Kimhi, vede nella luce che avanza
la luce che esce da Sion. Come il messaggio della Torah è
pace, la luce che s'avanza è portatrice del messaggio di
benedizione della pace che dovrà regnare nel mondo intero. La
visione messianica è: « Egli annuncerà la pace alle
nazioni. » Così, Isaia nota che in quei giorni « Egli
giudicherà tra le nazioni, sarà giudice di numerosi popoli. Essi
spezzeranno le loro spade per farne dei vomeri e le loro lance per
farne delle falci. »
È un errore pensare, come Giona,
che Dio non si occupa che degli ebrei. Quando l'ha invitato ad
andare a Ninive, un grande città pagana, Giona rifiuta l'ordine
di Dio di dire al popolo di Ninive di pentirsi. È con sofferenza
che egli apprende che la parola di Dio è destinata anche agli
abitanti di Ninive. Finalmente, egli ci va, e il popolo di Ninive
proclama un digiuno. Piccoli e grandi si vestono di sacco, perfino
il re. Essi non si contentarono di digiunare, poiché la Bibbia
dice che « essi si distolsero dalla loro cattiva condotta ».
Mentre si poteva pensare che
Giona sarebbe trasportato dal suo successo, egli è disperato - e
probabilmente ci sono due ragioni per questo. All'inizio credeva
che il peccato dovesse essere punito e che la misericordia di Dio
non dovesse eliminare il castigo. Successivamente, chi era il
popolo di Ninive? Che diritto esso aveva di aspettarsi l'intimo
interesse di Dio ed il suo amore indulgente?
Giona lascia la città e si siede
ad est, facendo una capanna (riparo di frasche) e sedendosi
alla sua ombra. Ed il Signore fa crescere un ricino su di lui, per
donare ombra alla sua testa. Giona era così felice! Finché
all'alba dell'indomani, Dio fece sì che un verme attaccasse la
pianta finché non si seccò. Poi, Dio fece alzare un leggero
vento dell'est, e il sole si abbatte sulla testa di Giona fino a
farlo venir meno. Ed egli voleva morire.
Allora Dio dice a Giona: «Hai
ragione ad essere sdegnato per questo ricino? ... Tu ti dai pena
per questo ricino, che non ti è costato alcun lavoro e che tu non
hai fatto crescere, che è è spuntato in una notte e in una notte
è perito. E io, non dovrei essere in pena per Ninive, la grande
città, nella quale ci sono più di centoventimila persone, che
non sanno distinguere tra la mano destra e la sinistra, e una
grande quantità di animali? »
Il Dio della Bibbia è il Dio del
mondo. Le sue visioni sono per tutta l'umanità. il suo amore è
un amore che si estende a tutte le creature.
L'uomo sofferente delle
Scritture, Giobbe, non è affatto presentato come un ebreo. C'è
da meravigliarsi? La sofferenza umana non è appannaggio di alcun
popolo in particolare. L'alleanza può può fare di questa
questione, un fatto particolarmente inquietante per gli ebrei, ma
ognuno di noi cerca di arrivare ad un accordo col problema del
giusto che soffre. Giobbe è un essere umano universale. La
chiamata che Dio gli rivolge dopo la tempesta, è la chiamata che
Dio rivolge, nel mondo intero, ai giusti che cercano di
comprendere il senso del loro destino.
Il Dio che ha amato Abramo - «E
tu, Israele, mio servo, Giacobbe, che io ho scelto, stirpe di
Abramo, mio amico » - ama tutti i popoli. Perché egli è il
Creatore del mondo. Adamo ed Eva erano le Sue prime creature e
sono stati creati molto prima dei primi ebrei. Sono stati creati a
« immagine di Dio », come tutti i loro figli, per
l'eternità. Solo la creatura umana è immagine di Dio.
Dio ha creato il mondo con olo
essere originario, dice il Talmud, per insegnare che chiunque
distrugge una sola anima, distrugge si può anche dire il mondo
intero. Chiunque salva una sola anima, salva si può anche dire il
mondo intero. Ciò insegna il concetto di pace nel mondo, di modo
che nessuno dovrebbe dire: mio padre è più grande di tuo padre.
« Non siete forse per me
come dei Kusciti figli d'Israele? - oracolo del Signore - Non
ho forse fatto salire Israele dal paese d'Egitto, e i filistei da
Kaphtor e gli Aramei da Ur ? »
Quando Abramo solleva davanti a
Dio la questione della giustizia divina e della pietà, egli
prende la difesa degli abitanti di Sodoma, un gruppo malvagio.
Abramo accorda la sua fiducia a Dio in ragione dell'agire giusto
di Dio. L'innocente non dovrebbe soffrire. Ne risulta la sfida di
alcuna relazione speciale che discende dall'alleanza di Dio con
gli ebrei. La Bibbia considera piuttosto che esistono una
giustizia ed una pietà divine che la portano nel mondo intero.
Quando Amos chiede «che il
diritto scorra come l'acqua, e la giustizia, come un torrente che
non inaridisce », è perché esiste un Dio del mondo intero
che lo chiama alla giustizia. Quando Isaia chiede, in termini
retorici, quel è il significato del giovane religioso, risponde
che Dio auspica che gli esseri umani « spezzino le ingiuste
catene, sciolgano i legami del giogo; rendano liberi gli oppressi,
e spezzino ogni giogo ? [In cosa consiste il giovane, se non a]
dividere il suo pane con l'affamato, ospitare nella sua casa i
poveri senza riparo, se vedi un uomo nudo, vestirlo, non sottrarti
a colui che è la tua propria carne? »
L'ebraismo considera che tutti i
popoli sono tenuti a osservare una legge universale. Questa legge,
chiamata i Sette Comandamenti di Noè, si applica ad ogni essere
umano. Queste leggi sono: (1) stabilire corti di giustizia perché
la legge governi la società, e la proibizione (2) sulla
blasfemia, (3) sull'idolatria, (4) sull'incesto, (5) sullo
spargimento del sangue, (6) sul furto e (7) sul magiare la carne
di un animale vivo.
Malgrado il dato dell'alleanza,
Maimonide e i successivi giudici affermano che « gli uomini
pii di tutte le nazioni del mondo hanno un posto nel mondo a
venire. »
Quindi, nell'ebraismo, il valore
assoluto degli essere umani, la loro creazione a immagine di Dio,
insieme alla preoccupazione originaria di Dio per la giustizia e
la misericordia sono alla base di una comunità universale di
creati, una comunità chiamata a rispondere all'amore di Dio
amando gli altri esseri umani, realizzando strutture sociali che
incentivano la pratica della giustizia e della pietà e
impegnandosi senza posa nella ricerca religiosa della guarigione
del mondo frantumato.
Una delle preghiere centrali
dell'ebraismo così lo esprime : « Noi speriamo in te,
Signore nostro Dio, per vedere presto la bellezza e la potenza,
perché gli idoli scompaiano dalla terra e i falsi dei siano
distrutti, per perfezionare il mondo e farne il Regno
dell'Onnipotente, in cui ogni carne invocherà il tuo nome, in cui
tutti i malvagi della terra saranno rivolti verso di te. »
Il taken olam b’malkhut
Shaddai, per fare il mondo e farne il Regno dell'Onnipotente. Tikun
ha-olam, perfezionare o riparare il mondo è un compito comune
agli Ebrei e a tutta l'umanità. Benché gli ebrei si considerino
viventi in un mondo non ancora riscattato, Dio vuole che le sue
creature partecipino alla riparazione del mondo.
Cristiani ed Ebrei
Dopo l'esame della triplice
nozione di “missione” nell'ebraismo classico, ci sono alcune
conclusioni pratiche che ne derivano, che suggeriscono anche un
programma d'azione comune per i cristiani e per gli ebrei.
Dovrebbe essere evidente che ogni
missione dei cristiani diretta verso gli ebrei è in diretto
contrasto con la nozione ebraica che l'alleanza è essa stessa
missione. Nello stesso tempo, è importante sottolineare che
nonostante l'alleanza le nazioni del mondo non hanno bisogno di
abbracciare l'ebraismo. Finché vi sono verità teologiche come la
fede nell'unicità di Dio e virtù sociali pratiche che conducono
alla creazione di una società giusta, di cui tutta l'umanità
possa usufruire, l'ebraismo non è indispensabile per riscattare
l'individuo o la società. Gli uomini pii di tutte le nazioni
del mondo hanno un posto in tutto il mondo a venire.
Tuttavia anche l'idea che il
mondo abbia bisogno di perfezione è importante anche se i
cristiani e gli ebrei comprendono in maniera molto differente
l'attesa messianica implicita all'interno di questa perfezione,
sia che noi aspettiamo ancora il messia - come credono gli ebrei -
o la seconda verità del messia - come credono i cristiani -, noi
condividiamo la fede nel fatto che viviamo in un mondo non ancora
riscattato che sogna una riparazione.
Perché non mettere a punto un
programma comune? Perché non unire le nostre forze spirituali per
affermare e agire appoggiandoci ai valori che abbiamo in comune e
che conducono alla riparazione del mondo non riscattato? In
passato abbiamo collaborato portando avanti la causa della
giustizia sociale. Abbiamo marciato insieme per i diritti civili;
ci siamo fatti campioni della causa dei lavoratori e degli
agricoltori; abbiamo indirizzato petizioni ai nostri governi
affinché sovvengano ai bisogni dei poveri e dei senza casa;
abbiamo inviato il capo del nostro paese a ricercare il disarmo
nucleare. Non sono che alcune delle tante questioni che abbiamo
trattato d'accordo gli uni con gli altri, ebrei e cristiani.
Per indicare che cosa potremo
ancora fare insieme, prendiamo in considerazione alcune maniere
concrete dell'ebraismo classico di prendere idee teologiche e
trasformarle in stili di vita. E se esse possono costituire delle
pietre di un pavimento sul quale possiamo camminare insieme,
allora saremo capaci di costruire una grande strada che
condivideremo e che conduce alla riparazione del mondo e
alla sua perfezione.
Alcuni pensieri talmudici sulla
riparazione del mondo
Anche se l'attenzione profetica
per il bisognoso è ben nota, bisogna sottolineare che nel Talmud
i dettagli della buona azione sono esposti in modo tale da
divenire le pietre angolari della vita.
Tzedakah (giustizia che
diviene carità) e gli atti di bontà pesano nella bilancia tanto
quanto tutti i comandamenti della Torah. L'obbligo della
carità è diretto verso il povero e gli atti di bontà spettano
al povero e al ricco. La carità Ha a che vedere con i viventi e
gli atti di bontà riguardano i vivi e i morti. La carità fa
appello al nostro denaro, mentre gli atti di bontà fanno appello
al nostro denaro ma anche al nostro essere.
Già all'epoca del Talmud
istituzioni caritative che si occupavano dei poveri erano una
parte stabilita ed essenziale della vita della comunità. Quando,
ad esempio, la Mishnah insegna che un ebreo deve celebrare
il seder di Pasqua con quattro coppe di vino, essa nota che la
pubblica assistenza (tamhui) deve fornire questo vino al
povero. Il povero deve celebrare e sperimentare la dignità di
essere con gli altri un popolo libero - e ciò è responsabilità
della comunità. Ma anche se le istituzioni caritative sono un
elemento centrale della vita della comunità, Maimonide afferma
che la forma più elevata di carità è quella di permettere a
qualcuno di guadagnarsi da vivere.
L'enorme sezione del Talmud che
tratta della legge civile e criminale, Nezikin o i Danni,
stipula e tutela il compenso degli operai. Essa da' una forma
concreta ai divieti della Torah contro l'usura ed estende
le leggi che proibiscono l'usura per includervi numerosi tipi di
transazioni finanziarie che sembrano essere usura anche se non lo
sono. Tutto ciò intende creare un'economia in cui gli uomini
siano incoraggiati ad aiutarsi finanziariamente gli uni gli altri,
per dare il senso della comunità piuttosto che indicare un modo
di guadagnare denaro. Vengono creati strumenti finanziari per
permettere ai non abbienti di divenire soci degli altri piuttosto
che debitori - un'altra maniera di proteggere la dignità umana e
di incoraggiare la crescita di una società in cui tale dignità
si manifesti nella vita di tutti i giorni
Gli atti di bontà richiesti e
descritti dettagliatamente dalla legge comprendono gli obblighi di
visitare i malati e consolare gli afflitti. Gli ebrei devono
riscattare i prigionieri e fornire doti, seppellire i morti e
accogliere le persone alla loro tavola. Il Talmud riporta in
dettaglio l'obbligo per gli ebrei di rispettare le persone
anziane. « Alzarsi » e manifestare segni particolari
di rispetto sono risposte ai problemi fisici dell'età. Quando il
sentimento di dignità di una persona diminuisce la comunità è
invitata a rafforzare la dignità dell'individuo.
Certo la legge ebraica riguarda
gli ebrei e la sua prima preoccupazione è quella di incoraggiare
l'espressione dell'amore nei confronti dei membri della comunità.
Essa non si occupa di sentimenti ma in primo luogo di azioni. È
tuttavia importante notare che molte di queste azioni sono
obbligatorie nei confronti di tutti gli uomini Così, il Talmud
dice: « occorre sovvenire ai bisogni del povere non ebrei
come a quelli del povero ebreo. Bisogna visitare il malato non
ebrei come si visita il malato ebrei. Bisogna occuparsi della
sepoltura di un non ebrei come di quella di un ebreo. [Questi
comandamenti sono universali] perché sono le vie della pace. »
Le vie della pace della Torah
rappresentano una risposta pratica alla sacralità della creazione
dell'umanità a immagine di Dio. Esse aiutano a perfezionare il
mondo per farne il Regno dell'Onnipotente.
L'umanità non ha forse bisogno
di un cammino comune che cerchi le vie della pace? L'umanità non
ha forse bisogno di una visione comune della natura sacra della
nostra esistenza umana che possiamo insegnare ai nostri figli e
che possiamo incoraggiare nelle nostre comunità per servire le
vie della pace? L'umanità non ha bisogno di un impegno da parte
dei suoi capi religiosi, in ogni religione e al di là di ogni
religione, a darsi la mano e creare dei legami che ispireranno e
guideranno l'umanità verso la sua promessa santa? Per gli ebrei e
i cristiani che hanno ascoltato la chiamata di Dio ad essere una
benedizione e una luce per il mondo, la sfida e la missione sono
chiare.
Ciò che si esige da noi non è
niente di meno che questo - e questo è il vero senso della
missione alla quale noi tutti dobbiamo partecipare.
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[Traduzione dall'originale inglese e cura di Le nostre Radici]