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SORVEGLIATO
SPECIALE? IL VATICANO NOMINA CON TRE ANNI DI ANTICIPO IL SUCCESSORE DI MONS.
SABBAH
Nell'inestricabile situazione sociale e geopolitica israelo-palestinese, il papa
è intervenuto con due decisioni, di per sé riguardanti direttamente la Chiesa
cattolica ma, per varie ragioni, con riflessi geopolitici che oltrepassano
l'ambito ecclesiastico. Benedetto XVI, infatti, in dicembre ha sostituito il
titolare della rappresentanza pontificia a Gerusalemme, mentre in settembre già
aveva nominato un coadiutore con diritto di successione al patriarca latino di
Gerusalemme.
La Sala stampa vaticana, il 17 dicembre, ha annunciato che, avendo pensionato
mons. Gabriel Montalvo (colombiano, classe 1930), finora nunzio apostolico negli
Stati Uniti d'America e Osservatore permanente della Santa Sede presso
l'Organizzazione degli Stati Americani, il papa ha chiamato a succedergli mons.
Pietro Sambi, nunzio apostolico in Israele e Cipro e Delegato apostolico per
Gerusalemme e la Palestina. Romagnolo, classe 1938, una carriera diplomatica
alle spalle, nel 1998, quando era nunzio in Indonesia, da Giovanni Paolo II fu
trasferito in Terra Santa. Per ora non è stato reso noto il nome di chi
sostituirà Sambi a Gerusalemme.
Secondo fonti palestinesi, decisivo è stato il ruolo di Sambi perché l'8
settembre il pontefice nominasse coadiutore del patriarca Michel Sabbah mons.
Fouad Twal - giordano, classe 1940, dal ‘92 arcivescovo di Tunisi. Prima di
arrivare in Tunisia, il prelato aveva prestato servizio in varie rappresentanze
pontificie, dalla Germania al Perù. Pur appartenendo, ecclesiasticamente, al
patriarcato latino di Gerusalemme, la Giordania non è la Palestina. Perciò la
nomina di Twal a coadiutore di Sabbah (e, dunque, di diritto suo successore) non
è stata unanimemente accolta dai palestinesi. Perché? Sabbah è palestinese, e
molti speravano in un altro palestinese; il patriarca compirà i 75 anni nel
2008, perché dunque nominargli con tre anni di anticipo un successore in
pectore? Infine, vi è il timore che, con la scelta di un diplomatico, la Santa
Sede – accogliendo un vivo desiderio del governo israeliano – abbia scelto
come futuro patriarca una persona meno decisa di Sabbah nella denuncia della
politica israeliana contro i palestinesi.
Tanto per fare un esempio recentissimo, l'11 dicembre il patriarca si è recato
ad Aboud, un villaggio della Cisgiordania dove, per ordine del premier Ariel
Sharon, gli israeliani stanno costruendo una parte del muro che divide Israele
dalla West Bank, non passando però sul confine armistiziale del 1949, ma
diversi chilometri all'interno del territorio palestinese. A trecento metri dal
cantiere del muro, Sabbah ha presieduto una cerimonia religiosa e poi ha guidato
una marcia di protesta pacifica dei contadini, musulmani e cristiani, verso lo
stesso cantiere; e qui – davanti agli occhi stupefatti dei soldati israeliani
– ha piantato un albero di ulivo.
"Con la nostra fede e con il nostro amore - ha detto il patriarca - noi
esigiamo la sparizione del muro e diciamo che è uno sbaglio ed è una
aggressione contro i nostri terreni e le nostre proprietà, è uno sbaglio ed è
una aggressione contro i rapporti amichevoli che devono prevalere tra i due
popoli, israeliano e palestinese. Abbiamo bisogno, come ha detto Giovanni Paolo
II, di ponti, non di muri. Il muro separa, divide, nutre l'odio ed è dunque
morte e permanenza della violenza. Perciò, chi ha deciso la costruzione di
questo muro ha fatto un grande sbaglio". Diverso – per ora; sul futuro,
nessuno può dire – il tono di Twal. Che, nel giorno del suo ingresso
ufficiale come coadiutore del patriarcato di Gerusalemme, il 19 novembre, nel
suo discorso ha auspicato la pace, ma senza mai nominare l'occupazione
israeliana dei Territori, o il muro. Ha detto di conoscere "la complessità
della situazione geopolitica, umana e religiosa" della Giordania, della
Palestina e d'Israele; ha parlato dei giovani "assillati dalla
disoccupazione ed obbligati spesso ad espatriare in cerca di lavoro"; ha
ribadito di voler sviluppare "il dialogo tra musulmani e cristiani, tanto a
livello locale che internazionale". E, infine: "Mi permetto di
rivolgere un saluto al popolo ebraico. In questi tempi portiamo tutti il segno
profondo della sofferenza, della violenza e dell'assenza di pace, ma oso dire
anche della speranza di un avvenire migliore".
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[Fonte: ADISTA 28 dicembre 2005]
v. anche:
Rapporti tra ebrei,
palestinesi e cristiani
Uno strano patriarca
Mappe ufficiali palestinesi
Cristiani dei
territori vittime del fondamentalismo islamico
Notizie sulla Custodia di
Terra Santa
v.
Sezione dedicata ai cristiani in Israele
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