Pasqua in Terrasanta: intervista al custode

Pasqua in Terra Santa: culti, riti, lingue e liturgie tanto diverse trovano in questi Luoghi la loro compiutezza. Ne è convinto il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, che in un’intervista al Sir racconta come la prossima solennità della Resurrezione di Cristo sarà vissuta nei luoghi che hanno visto Gesù Cristo vivente e operante.



Si avvicina la Pasqua. Che significa celebrare i giorni della Passione e della Resurrezione negli stessi luoghi di Cristo?
“È un’emozione grande. La stessa liturgia è diversa e sottolinea qualcosa di particolare: quell’hic (qui) che risuona molto forte. Altro aspetto, bello anche se non dobbiamo nascondere le difficoltà, è che anche le altre Chiese cristiane contemporaneamente pregano con noi. Tutti, ciascuno con le proprie preghiere e i propri riti, pregano sugli stessi luoghi con una ‘sintonia’ di fede. Un assaggio di unità che si realizza nell’incontrarsi in ciò che ci unisce. Si resta toccati dalla fede della gente semplice e dalla bellezza della liturgia. Si avverte una grande forza”.

Cosa la differenzia dalla liturgia cui siamo soliti partecipare nelle nostre chiese?
“Abbiamo liturgie diverse per due ragioni. La prima è legata allo statu quo, una legge che risale alla fine del Settecento che obbliga tutti a rispettare tempi e luoghi secondo le abitudini di quel periodo. Ad esempio la Veglia pasquale viene celebrata di sabato mattina, invece che sabato notte, la messa crismale e quella ‘in coena Domini’, nel Giovedì Santo, vengono celebrate in un unico pontificale. Gli stessi testi sono leggermente modificati e nell’ultima riforma che si è tentato di fare tenendo presente lo statu quo è stata quella di recuperare la liturgia di Gerusalemme, con l’uso del lezionario armeno, del IV secolo, laddove possibile. Ogni gesto che viene compiuto nella liturgia ha una sua storia che deve essere rispettata e conosciuta”.

Questo è un tempo privilegiato in cui la Chiesa 'cura' in modo particolare la Terra Santa e la Chiesa madre di Gerusalemme. Qual è lo scopo della Colletta pro Terra Santa di Venerdì Santo e come viene utilizzata?
“Già san Paolo, nelle sue lettere, parla di collette per la Chiesa madre di Gerusalemme, la più piccola e la più povera. Dal momento che le radici della Chiesa sono lì, Gerusalemme non appartiene alla chiesa locale ma a tutta la Chiesa che deve essere a Gerusalemme. La colletta per i Luoghi Santi è una forma concreta di solidarietà e di unità con la Chiesa madre. I fondi che vengono annualmente raccolti sono utilizzati per il mantenimento delle opere delle differenti chiese di Gerusalemme e dei Luoghi Santi, scuole, santuari, istituti di carità e di assistenza…”

Cosa possono insegnare i cristiani di Terra Santa, provati dalla violenza, a quelli dell'Occidente, forse troppo affievoliti nella fede?
“La piccola minoranza dei cristiani, schiacciata da tutti, poco presa in considerazione e povera sotto tanti punti di vista, è aggrappata alla sua identità e alle sue radici cristiane. È un modo per dire ‘noi ci siamo’ e ‘Gesù è qui con noi’. C’è una fierezza che deve essere sottolineata…”

Un messaggio lanciato all’Occidente e nel momento in cui l’Europa, non ritiene di citare le proprie origini cristiane nel suo Trattato costituzionale…
“Essere cristiani in Terra Santa è difficile, Nonostante ciò le comunità locali lo riaffermano ogni giorno in modo anche nuovo”.

Che significa?
“Tra i nostri cristiani si sente sempre più spesso dire, specie tra i giovani, di non volere solo ricevere dal mondo ma anche dare. Vogliamo essere educati a dare e costruire da noi stessi il nostro futuro. Dobbiamo aiutarli nella riflessione di fede, a progettare il futuro in questa Terra. Lo scambio con altre esperienze di chiesa non potrà che giovare. Questo è quello che chiedono alla Chiesa universale”.

Quest'anno la Pasqua si celebra in un clima di ottimismo per la ripresa del dialogo israelo-palestinese. Questo nuovo clima può influenzare i Paesi vicini (Libano, Arabia, Siria, Iraq...) e ridare equilibrio all'ordine mondiale?
“È ancora presto. L’impressione è quella di trovarci davanti ad una nuova pagina non solo per la Terra Santa ma di tutto il Medio Oriente. Gli avvenimenti del Libano, fino a qualche anno fa erano impensabili. Qualcosa si sta muovendo in bene ed in modo pacifico. Le autorità palestinesi hanno vietato agli Imam musulmani linguaggi violenti. Sono atteggiamenti che se mantenuti porteranno frutto. La Chiesa è chiamata a pregare per questo”.

Il pellegrinaggio in Terra Santa è anche un gesto di sostegno ai cristiani locali. Che significa farsi pellegrino e come tradurlo a chi vuole recarsi nei Luoghi Santi?
“Innanzitutto non c’è nessun timore per i pellegrini in Terra Santa. Tanti pellegrini stanno tornando. Pellegrino in Terra Santa significa tornare al Vangelo. Leggere il Vangelo qui scuote e suscita nuove domande di fede”.
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[Fonte: SIR - Servizio Informazione Religiosa della Conferenza Episcopale Italiana - 18 marzo 2005]

 

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