Rabbino berlinese deportato a Theresienstadt, Leo Baeck cercò per una
vita di “reinserire il Vangelo nell’ambiente originale della Palestina
ebraica e assegnare ai fatti e agli atti di Gesù la loro
vera origine: la tradizione autentica dell’ebraismo”. Autore dell’opera
“Il Vangelo. Un documento ebraico”, Baeck ricordava che l’asino con cui
Gesù entra a Gerusalemme è presente nella tradizione
sapienziale, che i Proverbi e Qohelet furono un modello per gli adagi,
che la Passione è presente nei Salmi sul Servo Sofferente, che Gesù era
ebreo.
Baeck era attratto dalla figura del Cristo ebreo, che morì come membro
del suo popolo, fedele alle sue pratiche, figlio della speranza ebraica
e “resuscitato dai morti il
terzo giorno”, come vogliono i Profeti. Il Vangelo è “un libro
integralmente e perfettamente ebraico”, celebra la fede, l’oppressione,
la sofferenza, lo spirito, la disperazione e l’attesa ebraica.
“L’ebraismo non ha il diritto di passare davanti a esso senza fermarsi,
di ignorare e di cercare di rinunciarvi. Anche qui deve cogliere e
conoscere il proprio genio”.
Il rabbino Jacob Neusner, che i lettori del Foglio hanno conosciuto per
una sua bella intervista del 16 maggio scorso, è il più alto erede di
questa tradizione ebraica di lettura evangelica. “Come uno studioso
ebreo è diventato la musa del cattolico numero uno”.
È l’incipit del
ritratto che Time magazine dedica a Neusner, “il rabbino preferito del
Papa”.
Di lui Benedetto XVI parla nel quarto capitolo del “Gesù di Nazaret” (Rizzoli),
dove analizza il Discorso della montagna, “la nuova Torah portata da
Gesù” dopo quella consegnata a Israele. Il rabbino ortodosso Neusner è
l’autore del libro “A Rabbi Talks with Jesus”, New York, 1993), un
rabbino parla con Gesù, secondo Ratzinger “il saggio di gran lunga più
importante per il dialogo ebraico-cristiano che sia stato pubblicato
nell’ultimo decennio”. Neusner, scrive il Papa, “si è, per così dire,
inserito tra gli ascoltatori del Discorso della montagna e ha poi
cercato di avviare un colloquio con Gesù… Questa disputa, condotta con
rispetto e franchezza fra un ebreo credente e Gesù, il figlio di Abramo,
più delle altre interpretazioni del Discorso della montagna a me note,
mi ha aperto gli occhi sulla grandezza della parola di Gesù e sulla
scelta di fronte alla quale ci pone il Vangelo.
Così desidero entrare anch’io, da cristiano, nella conversazione del
rabbino con Gesù, per comprendere meglio, partendo da essa, ciò che è
autenticamente ebraico e ciò che costituisce il mistero di Gesù”.
“Non sono offeso che i cristiani mangino il maiale”, scherza Neusner
nel dialogo con Time. Il settimanale americano scrive che mai prima di
oggi un Pontefice aveva fatto suo il punto di vista di un ebreo sui
cattolici.
Era sempre avvenuto il contrario, neanche il Concilio Vaticano II aveva
osato tanto. “Scegliendo Neusner come sua musa, Benedetto XVI ha
selezionato un uomo formidabile e controverso in materia di studi
ebraici come il Papa lo è nel cattolicesimo”. Autore di 950
pubblicazioni, Neusner è il più grande specialista della letteratura
rabbinica antica.
“Come esperto della letteratura che va dal primo al sesto secolo,
Neusner è un costruttore imperiale, una figura centrale nel cimentarsi
con l’analisi del giudaismo nelle università americane”.
Raccontando la sua “sovrumana e brillante
produttività”, David van Biema scrive che “Neusner è famoso per
indisporre molti dei suoi allievi. Può mantenere un’amicizia – John
Updike scrisse nel 1986 la storia ‘John Neusner’ – ma come lui stesso
ammette, resta una delle persone più conflittuali che conosca”. E il
conflitto è l’anima del suo libro più noto: “Neusner basa il suo libro
sulla comprensione che il Vangelo di Matteo fu scritto come un invito ai
discepoli ebrei di Gesù, cercando di convincerli che egli era il Messia
a lungo atteso da Israele. La sua affermazione secondo cui il Discorso
della montagna ‘non abolisce la Torah e i discorsi dei Profeti, ma li
completa’, è una delle sentenze cardini che connettono i monoteismi”.
Time scrive che Neusner e Ratzinger avviarono una corrispondenza
negli anni successivi il Concilio Vaticano II.
“Una lettura attenta del capitolo del Papa suggerisce più che un
matrimonio di convenienza. Benedetto XVI è preoccupato da ciò che vede
sul messaggio della divinità di Gesù. Benedetto scrive che ‘Neusner ci
ha mostrato che abbiamo a che fare non con un moralismo, quanto con un
altissimo testo teologico’”.
L’ampia citazione del Papa ha colto felicemente di sorpresa il
rabbino nella sua casa di Rhinebeck, nei pressi di New York.
Nel libro scriveva: “Immaginate di camminare un’estate per una strada
polverosa in Galilea, di imbattervi in un piccolo gruppo di giovani,
guidati da un giovane uomo. La personalità dell’uomo attrae la vostra
attenzione; egli parla. gli altri ascoltano… Se voi foste stati là, che
cosa avreste fatto?”.
Neusner oggi dice: “Se mi fossi trovato nella terra di Israele nel primo
secolo, non avrei abbracciato il circolo dei discepoli di Gesù; se
avessi ascoltato il Sermone della montagna non lo avrei seguito”. Joseph
Sievers, direttore del centro di studi giudaici della Pontificia
università gregoriana di Roma, ricorda che Neusner è stato ospite del
suo istituto e che in quell’occasione ha dimostrato di “prendere molto
seriamente le affermazioni di Gesù: egli non è solo un rabbino che
insegna la regola d’oro”. Neusner e Ratzinger condividono un’“alta
cristologia”.
“Il rabbino non cerca facili soluzioni o di costruire ponti” dice
Sievers.
“Non puoi aspettarti che il Papa si circoncida” dice Neusner. “È
cristiano, io sono ebreo”. Poi confida: “Vorrei scrivere un libro con
lui su Paolo”.