Il CORRIERE DELLA SERA di domenica 4
settembre pubblica a pagina 17 un articolo di Lorenzo Cremonesi sulla
situazione dei cristiani nei territori dell'Anp. Una realtà di violenza e
sopraffazione in genere sottaciuta, spesso anche da media cattolici
acriticamente filo-palestinesi. LA
REPUBBLICA del 6 settembre, pubblica a pagina 22 un articolo dal titolo «Bruciate
quattordici case di cristiani»
Buongiorno Ferrara,
come cittadina che segue
con interesse e partecipazione le sue trasmissioni e i suoi scritti in cui
è bello incontrare, oltre ad una solida cultura, una bella intelligenza
e, in questi ultimi tempi soprattutto, una rara onestà intellettuale -
che mi appare improntata ad una sincera ricerca della verità - desidero
segnalarle la mia delusione per la trasmissione di Omnibus - su LA7 - di
oggi (6 settembre 2005 - ndR) dedicata ai problemi dei cristiani in
Israele.
Devo premetterle che
apprezzo l'intelligenza e le capacità comunicative - oltre che la
bellezza - della conduttrice del dibattito delle ore 8, Rula Jebreal.
Stamane, tuttavia, ho assistito ad uno spettacolo indecoroso in termini di
correttezza di informazione. Mi riferisco alla presenza - ed al
conseguente peso nella discussione - di ben 4 interlocutori portatori di
una visione unilaterale filopalestinese (il problema non è il "filopalestinese"
ma l'unilateralità) e in definitiva filo araba. Essi erano: lo
"strano" patriarca latino di Gerusalemme Sabbah, che
minimizzava l'accaduto; un giornalista dell'Unità di cui mi sfugge il
nome e che ha sciorinato a più riprese la tipica visione ideologica della
sinistra senza alcun tentativo di entrare nei fatti concreti di cui si
dibatteva; il sindaco palestinese di Betlemme, eletto anche con i voti di
'hamas', che negava la problematicità della situazione, pur ammettendo la
conoscenza di alcuni dei fatti lamentati, resi noti soltanto da "Il
Corriere della Sera" del 4 settembre scorso. Diciamo che gli
interlocutori erano 4 (compresa la conduttrice, che si sforzava di essere
neutrale senza peraltro riuscirci, perché alcune sue sottolineature erano
tutte a favore della parte araba) contro 1, il corrispondente da
Gerusalemme, che illustrava, o meglio denunciava, l'escalation di gravi
azioni criminali nei confronti dei cristiani delle zone dei territori,
citando 93 casi concreti recentemente denunciati anche dal Custode
di Terrasanta Padre Pizzaballa, che ritengo fonte attendibile, tra
l'altro conoscendolo di persona.
I fatti coincidono con
l'affermarsi anche in quella realtà, di una componente islamica sempre
più numerosa e attestata sulle sue posizioni a dir poco aggressive nei
confronti delle realtà che non sono Islam - non mancano situazioni
analoghe in Iraq, Arabia Saudita, Estremo Oriente - che per la loro gravità,
meriterebbero, mi sembra, un certo rilievo sui tutti i giornali, compreso
il suo. L'Agenzia AsiaNews ne dà informazione con cadenza pressoché
quotidiana, ormai.
Io non credo nel rischio di
una guerra di civiltà. O meglio, non voglio crederci perché penso si sia
ancora in tempo a correre ai ripari, perché tutto sommato tante buone
volontà insieme ad azioni politiche lungimiranti e mirate che promuovano
dialogo e condivisione possono ben intessere una 'realtà altra' da quella
che si va delineando ogni giorno di più sotto i nostri occhi nella nostra
Europa e non solo...
Però, perché ciò sia
possibile è necessario essere estremamente attenti nell'analisi dei fatti
e di quel che li muove, perché se si resta ingabbiati nelle visioni
ideologiche che vedono tutto il male - come tutto il bene, del resto - da
una parte sola, credo che non si arriverà da nessuna parte; ma ci saranno
altri che arriveranno dove vogliono... e la responsabilità sarà tutta
nostra: in definitiva "di quell'Occidente che è pervaso da uno
strano odio di sé".
Perché non cominciamo da
un'informazione seria, completa, che formi un'opinione pubblica più
matura, consapevole e responsabile e quindi anche partecipe? Perché,
invece di tanta TV spazzatura non mettiamo in campo anche trasmissioni che
veicolino i valori in cui crediamo e sui quali è basata la nostra cultura
e si è formata la nostra identità? O forse siamo rimasti troppo in pochi
a crederci e quindi la nostra voce non arriva nei luoghi in cui avvengono
le scelte, che superficialmente privilegiano l'audience al posto della
qualità e dello spessore e che in definitiva non fanno altro che
avvalorare e forse anche alimentare quella 'decadenza' che in questo forse
a ragione l'islam ci contesta?
È vero che la televisione
non è l'unica agenzia formativa, ma dobbiamo tener conto che ci sono
fasce di cittadinanza che a causa della loro collocazione geografica o
sociale non hanno possibilità di scelta. È vero anche che le scelte
essenziali spettano alla politica. Ma se vediamo quanta politica entra in
televisione, trasformandosi in spettacolarizzazione, spesso indecorosa e
quindi fuorviante e soprattutto disorientante..., non sottovalutiamo
l'importanza dell'informazione. Davvero una corretta e curata informazione
può diventare 'formazione', suscitando interesse e partecipazione e, in
definitiva, conoscenza, anziché 'deformazione' come più spesso accade
per la superficialità, banalità, inconsistenza e, quel che è peggio,
manipolazione dei contenuti.
Mi fermo qui perché mi
accorgo di essere andata troppo in là; ma ci sarebbe ben altro da
aggiungere...
Con profonda stima ed amicizia, le auguro
buon proseguimento per ogni sua attività.
Maria G
Vice presidente dell'Associazione Le nostre Radici
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v. intera Sezione dedicata
ai cristiani in Israele