Ratzinger e gli ebrei

Benedetto XVI, la chiarezza della fede, unità per i cattolici e continuità nel dialogo con gli ebrei.
Annoverato fra i più stretti collaboratori di Giovanni Paolo II, a quanto risulta il neo eletto papa Joseph Ratzinger (Benedetto XVI), membro della Commissione vaticana per i rapporti religiosi con gli ebrei, condivide la simpatia verso gli ebrei che caratterizzava il suo predecessore.
In passato il papa tedesco ha partecipato al dialogo ebraico-cristiano, ha condannato con forza l’antisemitismo e ha fatto appello al dialogo con la comunità ebraica dicendo che le discussioni devono iniziare con una preghiera per una “grande stima e amore verso questo popolo, gli israeliti”. Ha anche affermato che i cattolici devono riconoscere il “dono che essi (gli ebrei) ci hanno fatto”, cioè Gesù.

Secondo la Anti-Defamation League, il background europeo di Ratzinger di fatto contribuisce alla sua comprensione dell’impatto delle atrocità anti-ebraiche del XX secolo. “Dal un punto di vista ebraico – ha dichiarato il direttore dell’Anti-Defamation League, Abe Foxman, il fatto che venga dall’Europa è importante perché porta con sé comprensione e memoria della dolorosa storia dell’Europa e dell’esperienza degli ebrei europei nel XX secolo”.

I rapporti con gli ebrei di Ratzinger non sono stati tuttavia senza ombre. Nel 2000 venne criticato per un documento intitolato ”Declaration Dominus Iesus” in cui affermava che le religioni al di fuori del cattolicesimo “oggettivamente si trovano in una situazione gravemente deficitaria se paragonata a quella di coloro che nella Chiesa hanno la pienezza dei mezzi salvifici”. Alcuni esponenti ebrei dissero che quella dichiarazione di Ratzinger favorì la beatificazione ad opera di Giovanni Paolo II di Pio IX, il papa del XIX secolo che si macchiò del “caso Mortara” e che aveva severamente limitato diritti civili e religiosi degli ebrei.

Di nessuna importanza viene invece considerata la breve appartenenze di Ratzinger adolescente alla Gioventù Hitleriana in un’epoca in cui in Germania la cosa era obbligatoria per tutti i ragazzi della sua età. Il biografo John Allen sottolinea anzi come la famiglia di Ratzinger fosse costretta in quegli anni a traslocare a causa delle posizioni critiche di suo padre, ufficiale di polizia, verso le “camice brune” naziste.

Da adulto, sottolinea il rabbino David Rosen dell’ American Jewish Committee, Ratzinger “ha mostrato profonda comprensione per le nostre preoccupazioni”. Poco dopo il riconoscimento di Israele da parte della Santa Sede (1994), Ratzinger si recò in Israele per tenere un discorso a un convegno ebraico-cristiano. “Volle esprimere il suo personale sostegno alle relazioni Israele-Vaticano – ricorda Rosen, che presiedeva l’evento – e a favore dell’avanzamento dei rapporti fra ebrei e cristiani”.

Lievemente più prudente il commento ufficiale del ministro degli esteri israeliano Silvan Shalom: “Israele si augura che sotto il nuovo pontificato continueremo a far progredire le relazioni Israele-Vaticano e, considerando il background di questo papa, siamo certi che egli, come il suo predecessore, rappresenterà una forte voce contro l’antisemitismo in tutte le sue forme”.

Israel Singer, presidente del Congresso Mondiale Ebraico, ha lodato Ratzinger per aver fornito “il supporto teologico a molti dei principali passi avanti fatti nei rapporti ebraico-cristiani nello scorso quarto di secolo”.

In passato il nuovo papa ha avuto modo di dichiarare che la sua esperienza ha accresciuto la sua sensibilità verso gli ebrei e che da essa ha appreso di prima mano i mali del razzismo. Ha detto d’aver “visto i nazisti alterare e distorcere la verità” e come le loro “menzogne sugli ebrei, sulla genetica fossero più di semplici esercizi accademici e che la gente è morta a milioni per colpa loro”.

La Shoà è un altro esempio delle relazioni complesse di Ratzinger con la comunità degli ebrei. Ha definito la Shoà una “atrocità” e ha detto che l’antisemitismo “produsse atti deplorevoli di violenza” compreso il fallimento di molti cristiani che non aiutarono gli ebrei a sfuggire al partito nazista”. Nonostante queste condanne, Ratzinger sollevò le critiche di molti ebrei quando, da cardinale, prese posizione contro la richiesta di perdono da parte della Chiesa per quanto avvenuto durante la Shoà, rifiutando di accettare una porzione di responsabilità a nome della Chiesa per le complicità di molti cattolici. In un documento del 1988 Ratzinger ha tuttavia ribadito l’errore dei cristiani per non aver soccorso gli ebrei, ed ha guardato alla Shoà come all’evento che introduce “una nuova visione dei rapporti fra Chiesa e Israele”.

Sia Singer che Rosen ritengono che l’atteggiamento conservatore di Ratzinger su questioni interne della Chiesa cattolica non hanno influenza sui suoi rapporti con gli ebrei. “Se questa elezione è una buona notizia per gli ebrei – spiega Rosen – può non esserlo per coloro che si augurano una cristianità più aperta e una teologia più relativista”.

“Ratzinger è interessato a creare un cattolicesimo che sia rilevante nel XXI secolo – aggiunge Singer – ma sarà un cattolicesimo conservatore. Questo tuttavia non ha impatto sui rapporti con gli ebrei”.

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[Fonte: Yediot Aharonot, Ha’aretz, 20.04.05]

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