Nostra
Aetate è la Dichiarazione Conciliare sulle relazioni della Chiesa
con le Religioni non Cristiane
Colloquio con Sua Eminenza il Cardinale Francis Arinze
Narrano gli storici del Concilio, che la Dichiarazione Nostra Aetate ha
conosciuto un iter arduo e spesso difficile. Qualcuno dice che dopo un
anno di lavoro preparatorio il testo si componeva di poche pagine. Nel
1963 il testo lungo poco più di una facciata, venne distribuito in aula
come IV capitolo dello Schema sull’Ecumenismo. Dove si annidavano tali
difficoltà?
Nostra Aetate (NA) fonda le sue radici nel capitolo 4 dello Schema
originale del Concilio Vaticano Secondo sull’Ecumenismo. All’inizio
era stato concepito per eseguire il desiderio di Papa Giovanni XXIII di
una dichiarazione sugli Ebrei. Poiché questo non sarebbe però ricaduto
in senso stretto sotto il tema dell’ecumenismo prevalse presto l’idea
di fare un documento a parte.
Anche i contenuti vennero estesi. Mentre i Padri conciliari dell’Europa
e degli Stati Uniti pensavano alle relazioni con gli Ebrei, quelli del
mondo arabo avvertivano una diversa reazione dai Musulmani, per cui
difesero l’idea che almeno si discutessero nello stesso documento le
relazioni tanto con gli Ebrei che con i Musulmani. Per di più, i Padri
del Concilio specie dall’Asia e dall’Africa pensavano alle altre
religioni del mondo.
Quale fu il risultato ultimo?
Quello che ne risultò alla fine fu un breve documento articolato in
cinque paragrafi. I paragrafi 1 e 5 si applicano a tutte le religioni. Il
paragrafo 2 è sull’Induismo, il Buddismo e altre religioni. I musulmani
sono ricordati nel paragrafo 3 e gli Ebrei nel paragrafo 4.
Nel primo paragrafo, Nostra Aetate sviluppa una delle idee care a Giovanni
XXIII, cominciando da ciò che gli uomini hanno in comune: lo stesso Dio
Creatore, la stessa origine, la stessa natura umana, la stessa fine in
Dio, la stessa Divina Provvidenza. Per di più, gli uomini cercano nelle
diverse religioni risposte ai profondi misteri che riguardano
l’esistenza umana: origine, scopo della vita, peccato, male, sofferenza,
Dio, fine dell’uomo.
Il paragrafo due inizia col notare che una certa percezione della verità
religiosa, e qualche volta di una Divinità suprema o Padre, si trova tra
i popoli dei tempi antichi. Alcune delle maggiori caratteristiche dell’Induismo,
del Buddismo o di altre religioni sono citate. Tra le cose più importanti
NA dice che la Chiesa Cattolica, mentre proclama sempre Cristo come
"via, verità e vita" (Gv 14,6), non respinge niente di ciò che
è vero e santo in queste religioni. Perciò la Chiesa esorta i cattolici
ad entrare con prudenza e con amore in dialogo attivo con gli altri
credenti.
Nel paragrafo 3, NA rivolge l’attenzione ai musulmani. Essi credono in
Dio, Creatore, ricco di misericordia e giudice. Hanno riverenza per Gesù
come profeta, ma non come Dio. Onorano la Beata Vergine Maria. Sono
attenti alla preghiera, al digiuno, alle elemosine e alla vita morale. La
Chiesa guarda a loro con stima e richiama cristiani e musulmani
all’urgenza di dimenticare le ingiurie del passato e di lavorare insieme
d’ora in avanti per promuovere la giustizia, la pace, la libertà ed i
valori morali.
Nel paragrafo 4, NA considera le relazioni con gli Ebrei. Un tema che
ha, forse, reso difficile l’iter della Dichiarazione.
La Chiesa non può dimenticare che ha ricevuto l’Antico Testamento dagli
Ebrei e che Gesù, la Vergine Maria e gli Apostoli erano Ebrei. Perciò il
Concilio ha voluto rafforzare la comprensione e il rispetto
cristiano-ebraico, che è frutto soprattutto di studi teologici e del
dialogo. Benché gli ebrei non accettino il Vangelo di Cristo, essi
rimangono molto cari a Dio. È vero che le autorità giudaiche fecero
pressione per la morte di Cristo, ma ciò non può essere portato a
biasimo di tutti gli ebrei di allora o di oggi. La Chiesa respinge
l’antisemitismo in tutte le sue forme. Tuttavia, la Chiesa continua a
proclamare Cristo e in particolare la Croce di Cristo come segno
dell’amore di Dio che abbraccia tutti gli uomini.
NA conclude al paragrafo 5 col dire che la nostra invocazione a Dio, Padre
di tutti, deve essere genuina per aprire i nostri cuori ad accogliere e
amare ogni essere umano e a respingere ogni forma di discriminazione
basata sulla razza, sul colore, sulla condizione di vita o religione.
Come possiamo vedere anche da questo sommario, NA strategicamente comincia
con ciò che i cristiani hanno in comune con i credenti delle altre
religioni. Mostra sincero apprezzamento per ciò che è buono, vero,
nobile e santo nelle loro religioni. Urge la collaborazione tra loro e i
cristiani. Questa strategia ha avuto positivo impatto in questi trent’anni,
tanto all’interno che fuori dei confini visibili della Chiesa.
Il contesto storico in cui NA è apparsa era un momento di notevoli
cambiamenti, un tempo di speranze e di paure.
Nel 1965 erano trascorsi poco più di vent’anni dalla terribile
persecuzione inflitta agli ebrei dal nazismo. L’olocausto è stato
l’orrendo evento che invitò a riflettere i credenti di ogni religione.
Obbligava a un esame di coscienza sulla questione dell’anti-semitismo.
Sulla scena politica, il riconoscimento dello Stato d’Israele e la
sofferenza dei Palestinesi costretti a diventare profughi, gettavano come
un’ombra sulle relazioni tra credenti, specie Ebrei, Cristiani e
Musulmani.
In aggiunta al fatto della profonda influenza dei blocchi delle due super
potenze, molti dei nuovi Paesi indipendenti negli anni sessanta formarono
un terzo blocco (il cosiddetto terzo mondo) dei Paesi non allineati. Molti
di questi Paesi erano islamici. La religione dell’Islam ha fatto allora
la sua comparsa sulla scena internazionale nei tempi moderni. Il potere
dei petrodollari si è sviluppato molto negli anni settanta.
Il risveglio islamico cominciava ad essere erroneamente affetto dalla
violenza soprattutto a causa della non risolta questione palestinese. Dico
erroneamente perché i Palestinesi erano e sono metà musulmani e metà
cristiani, ma l’associazione popolare in Europa e nel Nord America ha
praticamente uguagliato i palestinesi con i musulmani e qualche volta, che
è ancora peggio, con il terrorismo.
Le grandi religioni dell’Asia, Induismo e Buddismo, hanno soltanto
cominciato a essere meglio conosciute nell’Europa Occidentale nel 1965.
I viaggi internazionali per motivi differenti erano appena al loro inizio.
Il benessere economico non aveva ancora raggiunto il livello degli anni
ottanta e novanta, quando tanti turisti hanno iniziato a riempire i grossi
jets nei viaggi dall’est all’ovest e dall’ovest verso l’est.
E qual’era la situazione nel grande Continente africano?
Nel 1965 molti Paesi africani a sud del Sahara avevano ottenuto la loro
indipendenza politica soltanto nell’ultimo decennio. Molti di loro
cercavano di creare un sentimento di nazione in Paesi in cui molti gruppi
etnici erano stati messi insieme a discrezione dei colonizzatori. Non si
conosceva molto della religione tradizionale africana nelle università
europee nonostante alcuni giovani studiosi africani avessero cominciato a
esprimere le credenze tradizionali e le pratiche dei loro antenati
interrogandosi su che cosa il Vangelo avrebbe dovuto dire agli africani,
tenendo conto della loro eredità religiosa e culturale. Sebbene
università e facoltà cattoliche non avessero ancora iniziato ad esistere
in Africa, ad eccezione di Kinshasa, vi erano prominenti studiosi africani
quali Mbiti in Kenia, Idowu in Nigeria e Tempels e Mulago nello Zaire. Le
università africane cominciavano a studiare l’Islam e le religioni
tradizionali. I vescovi ed i sacerdoti africani non erano ancora molti ma
la promessa di un più ricco raccolto era già visibile.
Si dice spesso che ogni inizio è difficile: dopo la promulgazione
della Dichiarazione Nostra Aetate, quale fu il suo impatto all’interno
della Chiesa e all’esterno di essa?
NA era stata un buon inizio per costruire amichevolmente relazioni ed una
più stretta collaborazione tra Cattolici ed Ebrei, Musulmani e credenti
di altre religioni. Sebbene sia il più breve dei sedici documenti del
Vaticano II, esso è molto dinamico, come hanno dimostrato gli ultimi 30
anni. Papa Paolo VI aveva preparato la Chiesa ed il mondo alla
promulgazione di NA istituendo un Segretariato per i Non-Cristiani come
dicastero indipendente della Curia Romana nella Pentecoste del 1964. Dieci
anni dopo fu istituita la Commissione per le relazioni religiose con gli
Ebrei all’interno del Segretariato per la promozione dell’unità dei
Cristiani e una Commissione per le relazioni religiose con i Musulmani
all’interno del Segretariato per i Non-Cristiani.
Già nell’ultimo anno del Vaticano II, il Cardinale Marella, Presidente
del Segretariato per i Non-Cristiani, insieme agli officiali del suo
dicastero, cominciò a incontrarsi con i consultori e con i Vescovi che
partecipavano al Concilio. Lo sforzo dei primi anni fu sul modo come far
pervenire il messaggio del Concilio ai cattolici di tutto il mondo, su
come superare i pregiudizi e incoraggiare un atteggiamento di rispetto. Un
esempio del desiderio di raggiungere gli altri credenti, è il messaggio
annuale ai Musulmani all’inizio del loro mese di digiuno a partire dal
1967 e, senza interruzioni, fino ad oggi.
Al tempo del Cardinale Pignedoli quale Presidente del Segretariato
(1973-1980), furono promossi - con determinazione - incontri al Cairo,
Lussemburgo, Bongkok, Abidjan, Kampala, Niamey, Tripoli, Yaoundé, Kyoto,
Vienna, Praglia e Nemi. Furono eventi degni di rilievo come la visita del
Cardinale al Re Feisal dell’Arabia Saudita nel 1974, che venne
restituita l’anno successivo con la visita di un gruppo di studiosi
dell’Arabia Saudita al Segretariato.
E per quanto si riferisce alla Chiesa nel mondo?
La Conferenze Episcopali di tutto il mondo cominciavano a porre grande
attenzione al dialogo con le altre religioni. La Federazione delle
Conferenze dei Vescovi dell’Asia era attiva, come a tutt’oggi, con
l’organizzazione degli Istituti per i Vescovi (studio, contatti pratici
e visite). Ordini religiosi quali i Gesuiti, i Francescani, i Domenicani
ed i Missionari dell’Africa dedicavano sempre più personale, tempo e
finanze al dialogo. La collaborazione tra il Segretariato per i Non
Cristiani ed l’ufficio corrispondente nel Consiglio Mondiale del
Segretariato delle Chiese a Ginevra divenne normale.
La Commissione per le Relazioni Religiose con gli Ebrei sviluppava sempre
più contatti nella promozione della reciproca comprensione dei
Giudeo-Cristiani con la pubblicazione di NA; nessuno a livello
individuale, di associazione o di governo avrebbe potuto d’ora innanzi
implorare che vi fosse stata una ratifica cristiana per ogni qualsiasi
discriminazione contro gli Ebrei.
La stagione post-conciliare continuò con lo stesso entusiasmo dei
neofiti? Che cosa si è fatto per dare compimento alla Dichiarazione
nostra Aetate e situarla nelle circostanze che di anno in anno assumevano
una qualche mutazione?
Entusiasmo ed impegno personale sono cosa buona. Ma non sono sufficienti.
Si vide la necessità di direttive che potessero aiutare i cristiani ad
incontrarsi con gli altri credenti e rendere infine le direttive del
Vaticano II realmente operative. La qualità e la quantità dei documenti
che sono stati emanati negli ultimi trenta anni dal Segretariato per i Non
Cristiani e dalla Commissione per le Relazioni Religiose con gli Ebrei è
veramente impressionante.
Il Segretariato per i Non cristiani ha iniziato col dare indicazioni
generali: La speranza che è in noi: una breve presentazione della fede
cattolica, 1967. Questo fu seguito da Verso l’incontro delle religioni:
suggerimenti per il dialogo, 1967; una raccolta di testi di Papa Paolo VI
sulle relazioni con le religioni non cristiane, 1965 e 1967; e diverse
monografie su Uomo e religione, 1968, Alla ricerca della salvezza, 1970;
Dio o l’Assoluto nelle religioni, 1970; Il bene e il male nelle
religioni, 1970; Temi fondamentali per una comprensione dialogica, 1970; e
Religioni del mondo, 1977.
Una seconda serie di pubblicazioni ha fornito indicazioni sul modo come
incontrare seguaci di ognuna delle maggiori religioni: Musulmani nel 1971,
reintrodotta nel 1988, Religioni Africane nel 1971, Buddisti nel 1971 e
Indu nel 1973.
L’Assemblea plenaria del Dicastero ha pubblicato nel 1984
L’atteggiamento della Chiesa verso i seguaci di altre religioni:
Riflessioni ed orientamenti su dialogo e missione. Ciò puntava a dare una
risposta al problema circa il posto del dialogo nella missione
evangelizzatrice della Chiesa. Questo documento è stato grandemente
apprezzato per le direttive chiare e per la sua riflessione teologica e lo
sviluppo di quanto aveva detto sul dialogo il Vaticano II.
Nel 1986 il Segretariato collaborò con i Dicasteri per l’Unità dei
Cristiani, dei Non Credenti e della Cultura per addivenire ad un documento
pastorale: Il fenomeno delle sette o nuovi movimenti religiosi: una sfida
pastorale. Questo documento ha aiutato le Chiese locali in tutto il mondo
ad assumere un corretto atteggiamento verso le sette. In seguito, una
raccolta di testi desunti dagli insegnamenti di Paolo VI e vari vescovi
sul problema fu pubblicata nel 1995.
Due lettere furono inviate dal Dicastero sulle religioni tradizionali: nel
1988 a tutti i Vescovi dell’Africa e nel 1993 ai Vescovi delle altre
parti del mondo dove si possono trovare le religioni tradizionali.
Nel 1991 il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, cosi è
stato denominato il Segretariato dal 1988, insieme con la Congregazione
per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha pubblicato Dialogo e Annuncio. È questo un documento autorevole che insegna come entrambi questi
elementi, anche se non allo stesso livello, fanno parte della missione
evangelizzatrice della Chiesa. Questo documento utilizza ciò che c’è
di meglio del recente insegnamento teologico sul dialogo ed incoraggia
un’ulteriore riflessione teologica in linea con il Vaticano II ed il
magistero papale di Giovanni Paolo II.
Colloqui tra il Pontificio Consiglio e diversi organismi islamici tra il
1989 ed il 1994 hanno dato origine alle seguenti pubblicazioni di
indirizzo e riflessione: Educazione religiosa e società moderna del
1989, Coesistenza e religioni del 1990, Diritti ed educazione dei bambini
nell’Islam e nel mondo cristiano del 1990, Donne nella società del
1992, e Nazionalismo oggi: problemi e sfide del 1994.
Ancora, il dialogo con i musulmani ha avuto ulteriore attenzione in Studi
sulle correnti e sui movimenti nell’Islam contemporaneo del 1993, e in
un album Riconoscere i legami spirituali che ci uniscono: 16 anni di
dialogo cristiano-musulmano del 1994.
Nel 1994 il Pontificio Consiglio ha pubblicato una raccolta di documenti
del Magistero pontificio dal 1963 al 1993, di 879 pagine.
Nel 1995 un Direttorio del Dialogo interreligioso è stato pubblicato per
dare informazioni sulle Commissioni per il Dialogo specialmente delle
Conferenze episcopali.
Un colloquio teologico su Gesù Cristo, Signore e Salvatore, e le
religioni è stato organizzato dal Pontificio Consiglio nel 1994 a
Pune, in India, per i teologi cattolici di tutto il mondo. Gli atti sono
stati pubblicati in Pro Dialogo nel 1994. Similmente gli atti del
colloquio internazionale Cristiano-Buddista tenuto a Taiwan nel 1995 sono
stati pubblicati in un numero speciale di Pro Dialogo nel 1995.
Nell’anno internazionale della famiglia, 1994, il Pontificio Consiglio,
in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha
organizzato un colloquio con i rappresentanti di otto religioni ed ha
pubblicato gli atti in un libro: Matrimonio e famiglia nel mondo di
oggi, 1995.
La Commissione per le relazioni religiose con gli Ebrei ha pubblicato due
documenti maggiori: Istruzioni
e suggerimenti per realizzare la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate (n.4),
nel 1974, Note sul modo corretto
di presentare Ebrei ed Ebraismo nella predicazione e nella catechesi nella
Chiesa Cattolica Romana, nel 1985. Insieme con il suo partner
officiale nel dialogo, il Comitato internazionale giudaico sulle
consultazioni interreligiose, la Commissione ha pubblicato nel 1994 una
Dichiarazione comune sulla famiglia.
Da queste pubblicazioni si può ben vedere che le indicazioni ufficiali
per attuare le direttive di NA
non sono mancate da parte della Santa Sede. Le Conferenze episcopali e gli
istituti religiosi hanno svolto anch’essi la loro attività, ma non
possiamo qui elencare tutte le indicazioni date da loro. È sufficiente
dire che NA ha sprigionato molte energie ed ispirato molte iniziative.
Nella storia degli uomini e della Chiesa le situazioni evolvono. La
pubblicazione di NA, dando origine a nuovi stili, sforzi ed iniziative, ha
anche influenzato l’emergere di nuovi interrogativi, sfide e problemi.
Alcuni si sono sorpresi del posto che il dialogo ha trovato nella missione
universale della Chiesa. Deve ciò essere considerato come
pre-evangelizzazione o come evangelizzazione indiretta? O è indirizzato
alla conversione al cristianesimo? Risposte autorevoli sono state date dal
documento Dialogo e missione, del 1984, a conclusione dell’Assemblea
plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, e
specialmente dal Papa Giovanni Paolo II nella sua Lettera Enciclica Redemptoris
Missio. "Il dialogo interreligioso è parte della missione
evangelizzatrice della Chiesa" (RM 55). E’ uno dei suoi
elementi.
Altri elementi elencati da RM sono la testimonianza a Cristo, la
proclamazione, la conversione, la formazione delle Chiese locali e la
promozione umana.
In particolare, il documento Dialogo e Annuncio già citato, tratta
della relazione tra questi due elementi che non sono di uguale importanza
ma che dovrebbero conservare le loro caratteristiche.
Vi sono alcuni nella Chiesa che hanno paura che l’impegno nel dialogo
interreligioso possa indebolire la percezione della differenza tra
cristianesimo e le altre religioni e portare ad un’indifferenza
religiosa e all’errore di guardare una religione come uguale a qualunque
altra.
Insieme a questo pericolo bisogna considerare l’errore di credere che la
Chiesa non è necessaria per la salvezza e che quindi i missionari non
hanno bisogno di enfatizzare la conversione, ma piuttosto di impegnarsi in
opere sociali, mantenere buone relazioni con gli altri credenti, e
astenersi dal disturbare uomini che hanno già una loro religione. In ciò
è insito l’errore che tutte le religioni sono diverse vie di salvezza.
Elementi per una risposta erano già disponibili nel Vaticano II,
specialmente nei documenti Lumen Gentium, 14-17, Ad Gentes,
9, Gaudium et Spes, 22, e perfino Nostra
Aetate, 2. Documenti pubblicati dopo il Concilio hanno
approfondito questa dottrina. Evangelii Nuntiandi, 53, dà il
necessario orientamento. Redemptoris Missio, 4,5,11 risponde molto
chiaramente a queste domande. Così come Dialogo e Annuncio, 18, 30. 31.
66. Essenzialmente, la risposta è che una persona che non appartiene alla
struttura visibile della Chiesa potrebbe essere salvata ad alcune
condizioni che solo Dio può alla fine giudicare. Infatti soltanto nella
Chiesa si può trovare la pienezza dei mezzi di salvezza. Rimane perciò
l’urgenza di predicare Gesù Cristo e invitare gli uomini a credere
liberamente in Lui (cfr. anche Evangelii Nuntiandi, 22).
I teologi cattolici hanno molto lavorato per rispondere alle domande se
i fondatori di alcune religione del mondo possono essere chiamati profeti;
se possiamo parlare di una qualche rivelazione in queste religioni; se in
ogni caso queste religioni possono essere chiamate mezzi di salvezza; e su
come spiegare la unicità di Cristo e della Chiesa ai credenti senza voler
apparire arroganti.
E’ vero che non tutti quelli che hanno avuto un ruolo di rilievo nel
promuovere il dialogo interreligioso siano sempre riusciti a conservare la
dottrina cattolica nella sua integrità. Vi sono alcuni teologi cattolici,
ad esempio, che nel loro desiderio di presentare il cristianesimo a uomini
di culture influenzate da altre religioni, sono venuti pericolosamente
vicini al mettere in dubbio alcuni dei fondamenti della fede cattolica,
senza di fatto arrivare a negarli. Alcuni presi dall’entusiasmo hanno
suggerito che una selezione dei libri sacri di altre religioni fossero
letti nella liturgia cattolica. Ciò è inaccettabile.
Una sfida emergente è il desiderio degli uomini di religioni diverse di
pregare insieme specialmente durante gli incontri o in occasione di
celebrazioni nazionali. Il desiderio, buono in se stesso, non è scevro da
problemi teologici. La preghiera si basa sulla fede. Gli uomini possono
avere la stessa preghiera soltanto se credono nella stessa cosa. Questo
problema è allo studio.
I matrimoni interreligiosi, mentre rimangono occasioni eccezionali per
buon intendimento oltre frontiere religiose, sollevano problemi riguardo
alla preghiera, all’educazione religiosa dei figli e alla libertà di
religione per gli interessati.
Un’ultima parola su quanto può essere fatto per mettere in pratica i
desideri e le direttive del Vaticano II riguardo i contatti con gli altri
credenti non è ancora stata detta.
I cristiani in tutti i paesi o regioni continuano ad avere bisogno di
essere bene informati sulle altre religioni che esistono nella loro area e
formati su come vivere con i loro seguaci.
"Studi specifici sulle relazioni tra dialogo e proclamazione
dovrebbero essere intrapresi, tenendo conto di ogni religione
all’interno della sua area geografica e del suo contesto
socioculturale" (Dialogo e Annuncio, 88). C’è anche bisogno di
testi attenti che presentino il messaggio del vangelo ai popoli di ognuna
delle maggiori religioni del mondo.
Il principio della libertà religiosa per ogni individuo o gruppo, e
l’importanza per tutti i Paesi ad accettare e mettere ciò in pratica,
non dovrebbe essere dimenticato nei contatti e discussioni con gli altri
credenti. La Chiesa cattolica ai vari livelli, universale, nazionale,
diocesano e parrocchiale, deve chiedersi in quale modo può collaborare
con gli altri cristiani, altri credenti e organizzazioni, associazioni e
movimenti non religiosi.
In pratica, le Conferenze episcopali troveranno molto prezioso il lavoro
di una Commissione per il dialogo interreligioso a condizione che i membri
siano scelti con attenzione e pronti al lavoro avendo buon spirito
ecclesiale.
Papa Giovanni Paolo II mostra con grande responsabilità il desiderio
del Vaticano II al dialogo interreligioso. Nella sua prima lettera
enciclica, Redemptor Hominis, 6, parla dello "Spirito di Verità che
opera fuori dei confini visibili del Corpo mistico".
Il Papa ha non soltanto parlato e scritto sul dialogo interreligioso, ma
ne ha fatto una delle pietre miliari del suo pontificato. Si potrebbero
considerare il Papa quando cita in Giappone le parole riferite a Saicho,
l’antico fondatore del Buddismo Tendai, che "l’essenza
dell’amore è dimenticare se stesso nel servizio agli altri" (1981),
o nel rendere visita al Patriarca Buddista di Tailandia (1984), o
rivolgendosi agli 80.000 giovani musulmani a Casablanca, in Marocco
(1985), o pregando sulla tomba del Mahatma Gandhi in India (1986), o
visitando la sinagoga ebraica di Roma (1986). Il Papa ha dato un esempio
ai cristiani dell’impegno della Chiesa Cattolica nel dialogo
interreligioso.
La più prominente tra tutte le eloquenti e significative iniziative prese
dal Papa Giovanni Paolo II nel suo apostolato è stata nel 1986 la
Giornata mondiale di preghiera per la Pace. Il Papa ha invitato i
rappresentanti di molte delle religioni del mondo ad Assisi a far digiuno
e a pregare per la pace. Questa iniziativa senza precedenti ne ha ispirate
molte altre in varie parti del mondo, specialmente il summit delle
religioni organizzato dalle religioni giapponesi a Kioto fin dal 1987 e
l’annuale raduno "Popoli e religioni" organizzato
dall’associazione denominata Comunità S. Egidio.
Papa Giovanni Paolo II ha ricevuto i rappresentanti di altre religioni a
Roma e durante i suoi viaggi apostolici più che ogni altro pontefice
nella storia.
Nella sua lettera enciclica Redemptoris Missio afferma che il
dialogo interreligioso è parte della missione evangelizzatrice della
Chiesa e a volte è l’unica strada su cui i missionari possono
testimoniare Cristo (cfr. RM 55-57). Di certo, egli vede religioni e
culture in una visione cristologica: "Tutto ciò che lo Spirito
compie nel cuore dell’uomo e nella storia dei popoli, nelle culture e
religioni serve di preparazione al Vangelo e può essere compreso soltanto
in riferimento a Cristo" (RM, 29).
Per concludere, quali sono le prospettive e le speranze di NA al fine
di una sua piena attuazione?
NA è un’espressione dell’avvicinamento a braccia aperte che Papa
Giovanni XXIII desiderava per il Concilio Vaticano Secondo. Passeranno
decenni prima che la Chiesa esaurisca il potenziale che ha suscitato NA in
campo pastorale, teologico, religioso, sociale, educativo e culturale. E
chi di noi vorrà rifiutarsi di adoperarsi per la riuscita di questo
apostolato?
Giovedì, 03 ottobre
2002