Commento alla "Nostra Aetate" del Card Francis Arinze

Nostra Aetate è la Dichiarazione Conciliare sulle relazioni della Chiesa con le Religioni non Cristiane


Colloquio con Sua Eminenza il Cardinale Francis Arinze

Narrano gli storici del Concilio, che la Dichiarazione Nostra Aetate ha conosciuto un iter arduo e spesso difficile. Qualcuno dice che dopo un anno di lavoro preparatorio il testo si componeva di poche pagine. Nel 1963 il testo lungo poco più di una facciata, venne distribuito in aula come IV capitolo dello Schema sull’Ecumenismo. Dove si annidavano tali difficoltà?

Nostra Aetate (NA) fonda le sue radici nel capitolo 4 dello Schema originale del Concilio Vaticano Secondo sull’Ecumenismo. All’inizio era stato concepito per eseguire il desiderio di Papa Giovanni XXIII di una dichiarazione sugli Ebrei. Poiché questo non sarebbe però ricaduto in senso stretto sotto il tema dell’ecumenismo prevalse presto l’idea di fare un documento a parte.
Anche i contenuti vennero estesi. Mentre i Padri conciliari dell’Europa e degli Stati Uniti pensavano alle relazioni con gli Ebrei, quelli del mondo arabo avvertivano una diversa reazione dai Musulmani, per cui difesero l’idea che almeno si discutessero nello stesso documento le relazioni tanto con gli Ebrei che con i Musulmani. Per di più, i Padri del Concilio specie dall’Asia e dall’Africa pensavano alle altre religioni del mondo.

Quale fu il risultato ultimo?

Quello che ne risultò alla fine fu un breve documento articolato in cinque paragrafi. I paragrafi 1 e 5 si applicano a tutte le religioni. Il paragrafo 2 è sull’Induismo, il Buddismo e altre religioni. I musulmani sono ricordati nel paragrafo 3 e gli Ebrei nel paragrafo 4.
Nel primo paragrafo, Nostra Aetate sviluppa una delle idee care a Giovanni XXIII, cominciando da ciò che gli uomini hanno in comune: lo stesso Dio Creatore, la stessa origine, la stessa natura umana, la stessa fine in Dio, la stessa Divina Provvidenza. Per di più, gli uomini cercano nelle diverse religioni risposte ai profondi misteri che riguardano l’esistenza umana: origine, scopo della vita, peccato, male, sofferenza, Dio, fine dell’uomo.
Il paragrafo due inizia col notare che una certa percezione della verità religiosa, e qualche volta di una Divinità suprema o Padre, si trova tra i popoli dei tempi antichi. Alcune delle maggiori caratteristiche dell’Induismo, del Buddismo o di altre religioni sono citate. Tra le cose più importanti NA dice che la Chiesa Cattolica, mentre proclama sempre Cristo come "via, verità e vita" (Gv 14,6), non respinge niente di ciò che è vero e santo in queste religioni. Perciò la Chiesa esorta i cattolici ad entrare con prudenza e con amore in dialogo attivo con gli altri credenti.

Nel paragrafo 3, NA rivolge l’attenzione ai musulmani. Essi credono in Dio, Creatore, ricco di misericordia e giudice. Hanno riverenza per Gesù come profeta, ma non come Dio. Onorano la Beata Vergine Maria. Sono attenti alla preghiera, al digiuno, alle elemosine e alla vita morale. La Chiesa guarda a loro con stima e richiama cristiani e musulmani all’urgenza di dimenticare le ingiurie del passato e di lavorare insieme d’ora in avanti per promuovere la giustizia, la pace, la libertà ed i valori morali.

Nel paragrafo 4, NA considera le relazioni con gli Ebrei. Un tema che ha, forse, reso difficile l’iter della Dichiarazione.

La Chiesa non può dimenticare che ha ricevuto l’Antico Testamento dagli Ebrei e che Gesù, la Vergine Maria e gli Apostoli erano Ebrei. Perciò il Concilio ha voluto rafforzare la comprensione e il rispetto cristiano-ebraico, che è frutto soprattutto di studi teologici e del dialogo. Benché gli ebrei non accettino il Vangelo di Cristo, essi rimangono molto cari a Dio. È vero che le autorità giudaiche fecero pressione per la morte di Cristo, ma ciò non può essere portato a biasimo di tutti gli ebrei di allora o di oggi. La Chiesa respinge l’antisemitismo in tutte le sue forme. Tuttavia, la Chiesa continua a proclamare Cristo e in particolare la Croce di Cristo come segno dell’amore di Dio che abbraccia tutti gli uomini.
NA conclude al paragrafo 5 col dire che la nostra invocazione a Dio, Padre di tutti, deve essere genuina per aprire i nostri cuori ad accogliere e amare ogni essere umano e a respingere ogni forma di discriminazione basata sulla razza, sul colore, sulla condizione di vita o religione.

Come possiamo vedere anche da questo sommario, NA strategicamente comincia con ciò che i cristiani hanno in comune con i credenti delle altre religioni. Mostra sincero apprezzamento per ciò che è buono, vero, nobile e santo nelle loro religioni. Urge la collaborazione tra loro e i cristiani. Questa strategia ha avuto positivo impatto in questi trent’anni, tanto all’interno che fuori dei confini visibili della Chiesa.

Il contesto storico in cui NA è apparsa era un momento di notevoli cambiamenti, un tempo di speranze e di paure.

Nel 1965 erano trascorsi poco più di vent’anni dalla terribile persecuzione inflitta agli ebrei dal nazismo. L’olocausto è stato l’orrendo evento che invitò a riflettere i credenti di ogni religione. Obbligava a un esame di coscienza sulla questione dell’anti-semitismo.
Sulla scena politica, il riconoscimento dello Stato d’Israele e la sofferenza dei Palestinesi costretti a diventare profughi, gettavano come un’ombra sulle relazioni tra credenti, specie Ebrei, Cristiani e Musulmani.
In aggiunta al fatto della profonda influenza dei blocchi delle due super potenze, molti dei nuovi Paesi indipendenti negli anni sessanta formarono un terzo blocco (il cosiddetto terzo mondo) dei Paesi non allineati. Molti di questi Paesi erano islamici. La religione dell’Islam ha fatto allora la sua comparsa sulla scena internazionale nei tempi moderni. Il potere dei petrodollari si è sviluppato molto negli anni settanta.

Il risveglio islamico cominciava ad essere erroneamente affetto dalla violenza soprattutto a causa della non risolta questione palestinese. Dico erroneamente perché i Palestinesi erano e sono metà musulmani e metà cristiani, ma l’associazione popolare in Europa e nel Nord America ha praticamente uguagliato i palestinesi con i musulmani e qualche volta, che è ancora peggio, con il terrorismo.

Le grandi religioni dell’Asia, Induismo e Buddismo, hanno soltanto cominciato a essere meglio conosciute nell’Europa Occidentale nel 1965. I viaggi internazionali per motivi differenti erano appena al loro inizio. Il benessere economico non aveva ancora raggiunto il livello degli anni ottanta e novanta, quando tanti turisti hanno iniziato a riempire i grossi jets nei viaggi dall’est all’ovest e dall’ovest verso l’est.

E qual’era la situazione nel grande Continente africano?

Nel 1965 molti Paesi africani a sud del Sahara avevano ottenuto la loro indipendenza politica soltanto nell’ultimo decennio. Molti di loro cercavano di creare un sentimento di nazione in Paesi in cui molti gruppi etnici erano stati messi insieme a discrezione dei colonizzatori. Non si conosceva molto della religione tradizionale africana nelle università europee nonostante alcuni giovani studiosi africani avessero cominciato a esprimere le credenze tradizionali e le pratiche dei loro antenati interrogandosi su che cosa il Vangelo avrebbe dovuto dire agli africani, tenendo conto della loro eredità religiosa e culturale. Sebbene università e facoltà cattoliche non avessero ancora iniziato ad esistere in Africa, ad eccezione di Kinshasa, vi erano prominenti studiosi africani quali Mbiti in Kenia, Idowu in Nigeria e Tempels e Mulago nello Zaire. Le università africane cominciavano a studiare l’Islam e le religioni tradizionali. I vescovi ed i sacerdoti africani non erano ancora molti ma la promessa di un più ricco raccolto era già visibile.

Si dice spesso che ogni inizio è difficile: dopo la promulgazione della Dichiarazione Nostra Aetate, quale fu il suo impatto all’interno della Chiesa e all’esterno di essa?

NA era stata un buon inizio per costruire amichevolmente relazioni ed una più stretta collaborazione tra Cattolici ed Ebrei, Musulmani e credenti di altre religioni. Sebbene sia il più breve dei sedici documenti del Vaticano II, esso è molto dinamico, come hanno dimostrato gli ultimi 30 anni. Papa Paolo VI aveva preparato la Chiesa ed il mondo alla promulgazione di NA istituendo un Segretariato per i Non-Cristiani come dicastero indipendente della Curia Romana nella Pentecoste del 1964. Dieci anni dopo fu istituita la Commissione per le relazioni religiose con gli Ebrei all’interno del Segretariato per la promozione dell’unità dei Cristiani e una Commissione per le relazioni religiose con i Musulmani all’interno del Segretariato per i Non-Cristiani.

Già nell’ultimo anno del Vaticano II, il Cardinale Marella, Presidente del Segretariato per i Non-Cristiani, insieme agli officiali del suo dicastero, cominciò a incontrarsi con i consultori e con i Vescovi che partecipavano al Concilio. Lo sforzo dei primi anni fu sul modo come far pervenire il messaggio del Concilio ai cattolici di tutto il mondo, su come superare i pregiudizi e incoraggiare un atteggiamento di rispetto. Un esempio del desiderio di raggiungere gli altri credenti, è il messaggio annuale ai Musulmani all’inizio del loro mese di digiuno a partire dal 1967 e, senza interruzioni, fino ad oggi.

Al tempo del Cardinale Pignedoli quale Presidente del Segretariato (1973-1980), furono promossi - con determinazione - incontri al Cairo, Lussemburgo, Bongkok, Abidjan, Kampala, Niamey, Tripoli, Yaoundé, Kyoto, Vienna, Praglia e Nemi. Furono eventi degni di rilievo come la visita del Cardinale al Re Feisal dell’Arabia Saudita nel 1974, che venne restituita l’anno successivo con la visita di un gruppo di studiosi dell’Arabia Saudita al Segretariato.

E per quanto si riferisce alla Chiesa nel mondo?

La Conferenze Episcopali di tutto il mondo cominciavano a porre grande attenzione al dialogo con le altre religioni. La Federazione delle Conferenze dei Vescovi dell’Asia era attiva, come a tutt’oggi, con l’organizzazione degli Istituti per i Vescovi (studio, contatti pratici e visite). Ordini religiosi quali i Gesuiti, i Francescani, i Domenicani ed i Missionari dell’Africa dedicavano sempre più personale, tempo e finanze al dialogo. La collaborazione tra il Segretariato per i Non Cristiani ed l’ufficio corrispondente nel Consiglio Mondiale del Segretariato delle Chiese a Ginevra divenne normale.
La Commissione per le Relazioni Religiose con gli Ebrei sviluppava sempre più contatti nella promozione della reciproca comprensione dei Giudeo-Cristiani con la pubblicazione di NA; nessuno a livello individuale, di associazione o di governo avrebbe potuto d’ora innanzi implorare che vi fosse stata una ratifica cristiana per ogni qualsiasi discriminazione contro gli Ebrei.

La stagione post-conciliare continuò con lo stesso entusiasmo dei neofiti? Che cosa si è fatto per dare compimento alla Dichiarazione nostra Aetate e situarla nelle circostanze che di anno in anno assumevano una qualche mutazione?

Entusiasmo ed impegno personale sono cosa buona. Ma non sono sufficienti. Si vide la necessità di direttive che potessero aiutare i cristiani ad incontrarsi con gli altri credenti e rendere infine le direttive del Vaticano II realmente operative. La qualità e la quantità dei documenti che sono stati emanati negli ultimi trenta anni dal Segretariato per i Non Cristiani e dalla Commissione per le Relazioni Religiose con gli Ebrei è veramente impressionante.
Il Segretariato per i Non cristiani ha iniziato col dare indicazioni generali: La speranza che è in noi: una breve presentazione della fede cattolica, 1967. Questo fu seguito da Verso l’incontro delle religioni: suggerimenti per il dialogo, 1967; una raccolta di testi di Papa Paolo VI sulle relazioni con le religioni non cristiane, 1965 e 1967; e diverse monografie su Uomo e religione, 1968, Alla ricerca della salvezza, 1970; Dio o l’Assoluto nelle religioni, 1970; Il bene e il male nelle religioni, 1970; Temi fondamentali per una comprensione dialogica, 1970; e Religioni del mondo, 1977.

Una seconda serie di pubblicazioni ha fornito indicazioni sul modo come incontrare seguaci di ognuna delle maggiori religioni: Musulmani nel 1971, reintrodotta nel 1988, Religioni Africane nel 1971, Buddisti nel 1971 e Indu nel 1973.

L’Assemblea plenaria del Dicastero ha pubblicato nel 1984 L’atteggiamento della Chiesa verso i seguaci di altre religioni: Riflessioni ed orientamenti su dialogo e missione. Ciò puntava a dare una risposta al problema circa il posto del dialogo nella missione evangelizzatrice della Chiesa. Questo documento è stato grandemente apprezzato per le direttive chiare e per la sua riflessione teologica e lo sviluppo di quanto aveva detto sul dialogo il Vaticano II.
Nel 1986 il Segretariato collaborò con i Dicasteri per l’Unità dei Cristiani, dei Non Credenti e della Cultura per addivenire ad un documento pastorale: Il fenomeno delle sette o nuovi movimenti religiosi: una sfida pastorale. Questo documento ha aiutato le Chiese locali in tutto il mondo ad assumere un corretto atteggiamento verso le sette. In seguito, una raccolta di testi desunti dagli insegnamenti di Paolo VI e vari vescovi sul problema fu pubblicata nel 1995.

Due lettere furono inviate dal Dicastero sulle religioni tradizionali: nel 1988 a tutti i Vescovi dell’Africa e nel 1993 ai Vescovi delle altre parti del mondo dove si possono trovare le religioni tradizionali.
Nel 1991 il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, cosi è stato denominato il Segretariato dal 1988, insieme con la Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, ha pubblicato Dialogo e Annuncio. È questo un documento autorevole che insegna come entrambi questi elementi, anche se non allo stesso livello, fanno parte della missione evangelizzatrice della Chiesa. Questo documento utilizza ciò che c’è di meglio del recente insegnamento teologico sul dialogo ed incoraggia un’ulteriore riflessione teologica in linea con il Vaticano II ed il magistero papale di Giovanni Paolo II.

Colloqui tra il Pontificio Consiglio e diversi organismi islamici tra il 1989 ed il 1994 hanno dato origine alle seguenti pubblicazioni di indirizzo e riflessione: Educazione religiosa e società moderna del 1989, Coesistenza e religioni del 1990, Diritti ed educazione dei bambini nell’Islam e nel mondo cristiano del 1990, Donne nella società del 1992, e Nazionalismo oggi: problemi e sfide del 1994.
Ancora, il dialogo con i musulmani ha avuto ulteriore attenzione in Studi sulle correnti e sui movimenti nell’Islam contemporaneo del 1993, e in un album Riconoscere i legami spirituali che ci uniscono: 16 anni di dialogo cristiano-musulmano del 1994.

Nel 1994 il Pontificio Consiglio ha pubblicato una raccolta di documenti del Magistero pontificio dal 1963 al 1993, di 879 pagine.
Nel 1995 un Direttorio del Dialogo interreligioso è stato pubblicato per dare informazioni sulle Commissioni per il Dialogo specialmente delle Conferenze episcopali.
Un colloquio teologico su Gesù Cristo, Signore e Salvatore, e le religioni è stato organizzato dal Pontificio Consiglio nel 1994 a Pune, in India, per i teologi cattolici di tutto il mondo. Gli atti sono stati pubblicati in Pro Dialogo nel 1994. Similmente gli atti del colloquio internazionale Cristiano-Buddista tenuto a Taiwan nel 1995 sono stati pubblicati in un numero speciale di Pro Dialogo nel 1995.

Nell’anno internazionale della famiglia, 1994, il Pontificio Consiglio, in collaborazione con il Pontificio Consiglio per la Famiglia, ha organizzato un colloquio con i rappresentanti di otto religioni ed ha pubblicato gli atti in un libro: Matrimonio e famiglia nel mondo di oggi, 1995.

La Commissione per le relazioni religiose con gli Ebrei ha pubblicato due documenti maggiori: Istruzioni e suggerimenti per realizzare la Dichiarazione conciliare Nostra Aetate (n.4), nel 1974, Note sul modo corretto di presentare Ebrei ed Ebraismo nella predicazione e nella catechesi nella Chiesa Cattolica Romana, nel 1985. Insieme con il suo partner officiale nel dialogo, il Comitato internazionale giudaico sulle consultazioni interreligiose, la Commissione ha pubblicato nel 1994 una Dichiarazione comune sulla famiglia.

Da queste pubblicazioni si può ben vedere che le indicazioni ufficiali per attuare le direttive di NA non sono mancate da parte della Santa Sede. Le Conferenze episcopali e gli istituti religiosi hanno svolto anch’essi la loro attività, ma non possiamo qui elencare tutte le indicazioni date da loro. È sufficiente dire che NA ha sprigionato molte energie ed ispirato molte iniziative.

Nella storia degli uomini e della Chiesa le situazioni evolvono. La pubblicazione di NA, dando origine a nuovi stili, sforzi ed iniziative, ha anche influenzato l’emergere di nuovi interrogativi, sfide e problemi.

Alcuni si sono sorpresi del posto che il dialogo ha trovato nella missione universale della Chiesa. Deve ciò essere considerato come pre-evangelizzazione o come evangelizzazione indiretta? O è indirizzato alla conversione al cristianesimo? Risposte autorevoli sono state date dal documento Dialogo e missione, del 1984, a conclusione dell’Assemblea plenaria del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, e specialmente dal Papa Giovanni Paolo II nella sua Lettera Enciclica Redemptoris Missio. "Il dialogo interreligioso è parte della missione evangelizzatrice della Chiesa" (RM 55). E’ uno dei suoi elementi.
Altri elementi elencati da RM sono la testimonianza a Cristo, la proclamazione, la conversione, la formazione delle Chiese locali e la promozione umana.
In particolare, il documento Dialogo e Annuncio già citato, tratta della relazione tra questi due elementi che non sono di uguale importanza ma che dovrebbero conservare le loro caratteristiche.

Vi sono alcuni nella Chiesa che hanno paura che l’impegno nel dialogo interreligioso possa indebolire la percezione della differenza tra cristianesimo e le altre religioni e portare ad un’indifferenza religiosa e all’errore di guardare una religione come uguale a qualunque altra.

Insieme a questo pericolo bisogna considerare l’errore di credere che la Chiesa non è necessaria per la salvezza e che quindi i missionari non hanno bisogno di enfatizzare la conversione, ma piuttosto di impegnarsi in opere sociali, mantenere buone relazioni con gli altri credenti, e astenersi dal disturbare uomini che hanno già una loro religione. In ciò è insito l’errore che tutte le religioni sono diverse vie di salvezza.
Elementi per una risposta erano già disponibili nel Vaticano II, specialmente nei documenti Lumen Gentium, 14-17, Ad Gentes, 9, Gaudium et Spes, 22, e perfino Nostra Aetate, 2. Documenti pubblicati dopo il Concilio hanno approfondito questa dottrina. Evangelii Nuntiandi, 53, dà il necessario orientamento. Redemptoris Missio, 4,5,11 risponde molto chiaramente a queste domande. Così come Dialogo e Annuncio, 18, 30. 31. 66. Essenzialmente, la risposta è che una persona che non appartiene alla struttura visibile della Chiesa potrebbe essere salvata ad alcune condizioni che solo Dio può alla fine giudicare. Infatti soltanto nella Chiesa si può trovare la pienezza dei mezzi di salvezza. Rimane perciò l’urgenza di predicare Gesù Cristo e invitare gli uomini a credere liberamente in Lui (cfr. anche Evangelii Nuntiandi, 22).

I teologi cattolici hanno molto lavorato per rispondere alle domande se i fondatori di alcune religione del mondo possono essere chiamati profeti; se possiamo parlare di una qualche rivelazione in queste religioni; se in ogni caso queste religioni possono essere chiamate mezzi di salvezza; e su come spiegare la unicità di Cristo e della Chiesa ai credenti senza voler apparire arroganti.

E’ vero che non tutti quelli che hanno avuto un ruolo di rilievo nel promuovere il dialogo interreligioso siano sempre riusciti a conservare la dottrina cattolica nella sua integrità. Vi sono alcuni teologi cattolici, ad esempio, che nel loro desiderio di presentare il cristianesimo a uomini di culture influenzate da altre religioni, sono venuti pericolosamente vicini al mettere in dubbio alcuni dei fondamenti della fede cattolica, senza di fatto arrivare a negarli. Alcuni presi dall’entusiasmo hanno suggerito che una selezione dei libri sacri di altre religioni fossero letti nella liturgia cattolica. Ciò è inaccettabile.

Una sfida emergente è il desiderio degli uomini di religioni diverse di pregare insieme specialmente durante gli incontri o in occasione di celebrazioni nazionali. Il desiderio, buono in se stesso, non è scevro da problemi teologici. La preghiera si basa sulla fede. Gli uomini possono avere la stessa preghiera soltanto se credono nella stessa cosa. Questo problema è allo studio.
I matrimoni interreligiosi, mentre rimangono occasioni eccezionali per buon intendimento oltre frontiere religiose, sollevano problemi riguardo alla preghiera, all’educazione religiosa dei figli e alla libertà di religione per gli interessati.

Un’ultima parola su quanto può essere fatto per mettere in pratica i desideri e le direttive del Vaticano II riguardo i contatti con gli altri credenti non è ancora stata detta.

I cristiani in tutti i paesi o regioni continuano ad avere bisogno di essere bene informati sulle altre religioni che esistono nella loro area e formati su come vivere con i loro seguaci.
"Studi specifici sulle relazioni tra dialogo e proclamazione dovrebbero essere intrapresi, tenendo conto di ogni religione all’interno della sua area geografica e del suo contesto socioculturale" (Dialogo e Annuncio, 88). C’è anche bisogno di testi attenti che presentino il messaggio del vangelo ai popoli di ognuna delle maggiori religioni del mondo.
Il principio della libertà religiosa per ogni individuo o gruppo, e l’importanza per tutti i Paesi ad accettare e mettere ciò in pratica, non dovrebbe essere dimenticato nei contatti e discussioni con gli altri credenti. La Chiesa cattolica ai vari livelli, universale, nazionale, diocesano e parrocchiale, deve chiedersi in quale modo può collaborare con gli altri cristiani, altri credenti e organizzazioni, associazioni e movimenti non religiosi.
In pratica, le Conferenze episcopali troveranno molto prezioso il lavoro di una Commissione per il dialogo interreligioso a condizione che i membri siano scelti con attenzione e pronti al lavoro avendo buon spirito ecclesiale.

Papa Giovanni Paolo II mostra con grande responsabilità il desiderio del Vaticano II al dialogo interreligioso. Nella sua prima lettera enciclica, Redemptor Hominis, 6, parla dello "Spirito di Verità che opera fuori dei confini visibili del Corpo mistico".
Il Papa ha non soltanto parlato e scritto sul dialogo interreligioso, ma ne ha fatto una delle pietre miliari del suo pontificato. Si potrebbero considerare il Papa quando cita in Giappone le parole riferite a Saicho, l’antico fondatore del Buddismo Tendai, che "l’essenza dell’amore è dimenticare se stesso nel servizio agli altri" (1981), o nel rendere visita al Patriarca Buddista di Tailandia (1984), o rivolgendosi agli 80.000 giovani musulmani a Casablanca, in Marocco (1985), o pregando sulla tomba del Mahatma Gandhi in India (1986), o visitando la sinagoga ebraica di Roma (1986). Il Papa ha dato un esempio ai cristiani dell’impegno della Chiesa Cattolica nel dialogo interreligioso.
La più prominente tra tutte le eloquenti e significative iniziative prese dal Papa Giovanni Paolo II nel suo apostolato è stata nel 1986 la Giornata mondiale di preghiera per la Pace. Il Papa ha invitato i rappresentanti di molte delle religioni del mondo ad Assisi a far digiuno e a pregare per la pace. Questa iniziativa senza precedenti ne ha ispirate molte altre in varie parti del mondo, specialmente il summit delle religioni organizzato dalle religioni giapponesi a Kioto fin dal 1987 e l’annuale raduno "Popoli e religioni" organizzato dall’associazione denominata Comunità S. Egidio.
Papa Giovanni Paolo II ha ricevuto i rappresentanti di altre religioni a Roma e durante i suoi viaggi apostolici più che ogni altro pontefice nella storia.
Nella sua lettera enciclica Redemptoris Missio afferma che il dialogo interreligioso è parte della missione evangelizzatrice della Chiesa e a volte è l’unica strada su cui i missionari possono testimoniare Cristo (cfr. RM 55-57). Di certo, egli vede religioni e culture in una visione cristologica: "Tutto ciò che lo Spirito compie nel cuore dell’uomo e nella storia dei popoli, nelle culture e religioni serve di preparazione al Vangelo e può essere compreso soltanto in riferimento a Cristo" (RM, 29).

Per concludere, quali sono le prospettive e le speranze di NA al fine di una sua piena attuazione?

NA è un’espressione dell’avvicinamento a braccia aperte che Papa Giovanni XXIII desiderava per il Concilio Vaticano Secondo. Passeranno decenni prima che la Chiesa esaurisca il potenziale che ha suscitato NA in campo pastorale, teologico, religioso, sociale, educativo e culturale. E chi di noi vorrà rifiutarsi di adoperarsi per la riuscita di questo apostolato?

Giovedì, 03 ottobre 2002

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