Cristianesimo e Ebraismo
Il tempo, la memoria e la Presenza
Una lettura cristiana innestata nelle "Nostre Radici"
Maria Guarini

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N
ella lingua e quindi nell'esperienza culturale e nella vita spirituale ebraica il Tempo - la Memoria - la Presenza di Dio nella storia hanno una connotazione particolarissima.

B en lontano dalle categorie greche della circolare ciclicità dell' «Eterno ritorno», il tempo = zmn.gif (1131 byte) (zman), ha un'inizio: bereshit, la parola con cui si apre la S. Scrittura, e non tanto una fine, quanto un fine che risiede nel progetto di Dio, che si realizza attraverso un percorso storico non ciclico, ma lineare che, partendo da quell'inizio, ha per orizzonte l'Infinito e per protagonista Dio-con-noi, che è come dire noi-con-Dio.

E così la Memoria = zkr.gif (1035 byte) (zècher), che ha in comune con il Tempo l'iniziale zàyin.

Il tempo e la memoria sono due componenti fondamentali della vita spirituale. Il buon esito della crescita sia spirituale che psicologica, che non possono che andare di pari passo nel crescente processo di "integrazione" della persona umana, è molto legato al nostro rapporto con il tempo.

Ne possiamo trovare le tracce ed il fondamento anche nel Nome di Dio, che ci ha creati a Sua immagine e somiglianza.

Il Tetragramma sacro, infatti, allude alla unione di passato - presente - futuro

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    era       è      sarà

Usando in diverso ordine le lettere del Tetragramma sacro, si ottengono le forme verbali
era - è - sarà

Ma come appare statico e non ci trasmette la vera rivelazione che il Signore fa a Mosè, il significato della nostra traduzione del Nome nella secca espressione  verbale del verbo essere ! Il testo ebraico, invece, ci introduce in uno spessore e in un dinamismo e anche in un particolare rapporto con il Signore, che - espresso in una traduzione più fedele - si rivela a Mosè dicendo: "Io mi rendo presente come mi rendo presente". È la affermazione di un coinvolgimento che non può lasciarci indifferenti, attraverso una Presenza sempre nuova e mai revocata, in ogni momento della storia del popolo dell'alleanza  e di ogni persona. Essa ci introduce anche nel Mistero inafferrabile, non scrutabile ma soltanto venerabile e da attendere con fiducia, nella consapevolezza di entrare sempre di più nella comprensione della nostra vocazione man mano che si dipana la nostra risposta e si sviluppa il nostro cammino-insieme, la nostra storia personale e di popolo con Lui, nei modi imperscrutabili che solo Lui conosce.

La memoria è intesa nel senso di riattualizzare e far rivivere la stessa realtà, la stessa energia - e gli stati di coscienza ad essa collegati - di eventi passati fondamentali nella «Storia della Salvezza» che si dipana su due versanti: quello individuale e quello collettivo.

A questo servono le feste ebraiche, a questo serve la liturgia che noi viviamo e celebriamo.

Uno dei tempi e «luoghi» liturgici fondamentali, anzi quello fondamentale in questo senso per noi cristiani è l'Eucaristia: «fate questo in memoria di me», dice il Signore quando, durante la Consacrazione ci fa rivivere il momento in cui, nel Cenacolo, dopo la preghiera di benedizione, ha offerto il Suo Corpo ed il Suo Sangue per noi.

Di questo noi ci nutriamo come «Pane vivo disceso dal cielo». Si tratta del «Panem nostrum» - non solo «quotidiano» come nella traduzione corrente - ma «supersubstantialem» (Mt 6,11) come nella versione del Padre nostro tramandataci dalla Vulgata. Esso è anche quotidiano perché lo chiediamo al Padre ogni giorno: «da nobis hodie - dacci oggi - panem nostrum supersubstantialem», perché ogni giorno la nostra umanità, per fare la volontà del Padre, ha bisogno di questo Pane che ci nutre di vita eterna, perché è la Vita del Risorto.

Il Cenacolo profezia e preludio della Croce. Essa pure si riattualizza per-noi-oggi, Passaggio - ritorna il senso della Pasqua ebraica - per la Resurrezione, perenne Presenza del Signore risorto nella nostra vita, quando siamo, in Lui con Lui e per Lui, Eucaristia vivente o, con le parole dell'Apostolo Paolo, «un sacrificio perenne, santo, gradito a Dio».

Lui che, come dice Giovanni, è Colui che era, che è, che viene. Sì, che viene, perché come abbiamo visto non è tanto il significato statico del nostro verbo essere che è veicolato dalla Parola ebraica del Tetragramma sacro, quanto quello dinamico del "farsi presente" del Signore nel nostro oggi, di esserlo stato nel nostro ieri e di non cessar mai di venire, di farsi Presente continuamente, sia pure in maniera del tutto diversa da come ce lo aspettiamo, in ogni momento ed in ogni evento della nostra vita e della nostra storia, che è una storia di salvezza.

Ogni giorno, nel ricordare = ridare-il-cuore al Signore, nella preghiera, nell'adorazione, nell'ascolto attraverso la voce del nostro (leb - profondità, cuore, coscienza illuminata dallo Spirito, luogo d'incontro col Signore) ricordiamo le meraviglie che Egli ha operato nella nostra vita, la liberazione dai vari tipi di "Egitto" da cui ci ha redento, per attingere da ciò energia e fortezza per continuare a camminare in Lui, con Lui, per Lui, da viventi nel Vivente.

Tornano ad illuminarci le parole del Salmo "ogni vivente loda il Signore"

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