Una ragazza ha scritto alla nostra redazione per inviarci queste
righe e il testo che più oltre vi presentiamo. Con questo non
intendiamo esaurire così semplicisticamente un tema tanto complesso e
doloroso; ma non vogliamo lasciar cadere su un terreno sterile quello
che consideriamo un seme di pace che, per quanto piccolo sia, ha diritto
di cittadinanza nel "mondo a venire"
" Ho un'amica palestinese:
si chiama Sofi e a Novembre ha discusso la tesi in scienze
dell'educazione con una tesi sull'educazione alla pace in Palestina,
queste sue riflessioni sono una
breve spiegazione del motivo che l'ha portata a
scegliere questa tesi: mi piace condividerle con voi, anche per ricordare
Sofi che da un paio di mesi è tornata nella sua terra e qualche volta
riesce anche a rispondere alle mie mail. Elena "
A conclusione del mio ciclo di studi in Scienze dell'Educazione,
ho pensato ad una tesi di dottorato che rispecchiasse in
maniera molto forte i miei studi ed i miei interessi nel
campo dell'Educazione.
L'argomento scelto è l'Educazione alla pace nella scuola
palestinese.
La creazione della pace è uno dei grandi problemi umani
irrisolti, soprattutto in Palestina.
Molti si armano per la paura dell'altro, per proteggere se
stessi da potenziali nemici, credendo che solo con l'uso della
forza si possano proteggere i propri diritti, la propria libertà
ed i propri beni.
La violenza è una fonte costante di terrore e paura, una
minaccia al benessere fisico, psicologico ed educativo dei
nostri bambini e dei nostri ragazzi.
L'educazione aiuta però i giovani a comprendere e desiderare la
pace, a lottare per ottenerla nelle maniere più opportune.
Il nostro metodo educativo sottolinea lo sviluppo armonico e
globale del
ragazzo.
È importante porre una maggiore attenzione alle questioni che
riguardano l'ambito scolastico, costruendo scuole, strutture
educative accoglienti e funzionali, che incoraggino, alimentino
e sostengano valori e comportamenti positivi, rispettando le
differenze e le affinità individuali e di gruppo.
In Palestina persistono gli episodi di violenza, lo sappiamo
bene, ma la
scuola ha la necessità di continuare il suo cammino di
preparazione e di formazione degli studenti.
Le strutture scolastiche desiderano trasmettere atteggiamenti di
dialogo e di pace in tutti gli aspetti del processo educativo.
La pace che noi come educatori vogliamo promuovere non è solo
assenza di conflitto o di violenza, ma essenzialmente la pratica
dell'armonia sociale, del dialogo, della cooperazione, della
tolleranza e del rispetto reciproco.
(...) Il primo motivo che mi ha spinto alla scelta di questa
tesi è il mio essere palestinese, e la mia appartenenza a
questo popolo, che vive in una situazione di guerra e di
violenza permanente.
L'idea di prendere la strada dell'educazione alla pace cominciò
nel 1993, quando frequentavo la facoltà di psicologia ad Amman,
in Giordania.
Quei semi di pace piantati da Arafat e da Rabin, ancora oggi
stentano a crescere, soffocati dalle spine e dalle erbacce
dell'odio, dell'incomprensione, del fanatismo,
dell'integralismo, della violenza.
Allora, come oggi, sono convinta che l'educazione costituisce
l'elemento determinante per realizzare una convivenza sociale
basata sul rispetto, sul dialogo, sulla giustizia e sulla pace
per tutti.
La speranza è quella di tornare nella mia terra, lavorando
nell'ambito del sistema scolastico palestinese, per
contribuire alla creazione di un contesto scolastico in grado di
favorire l'assimilazione di conoscenze ed abilità che
sostengano il processo di educazione alla pace.
(...) Seminiamo ma forse saranno altri a vedere i risultati del
nostro lavoro.
(...) Per educare alla pace, in una società lacerata dall'odio
e dalla violenza, non è certamente sufficiente concentrare i
propri sforzi solo nell'ambito scolastico.
L'educazione per la pace dovrebbe raggiungere tutti i giovani e
tutte le agenzie educative, coinvolgendo in questo sforzo tutta
la società.
Chi educa alla pace è un pioniere, che imbocca sentieri nuovi,
difficili, sconosciuti, inesplorati, affrontando con
determinazione difficoltà di ogni tipo, per realizzare nella
terra della Palestina e nella terra del popolo israeliano un
antico sogno di pace. (...)
Diceva il Santo Padre: "Ci vuole più coraggio a scegliere
la pace, che a scegliere la guerra". Noi vogliamo avere
questo coraggio, vogliamo continuare a sperare nonostante tutto.
È un lavoro che comporta efficienza e lucidità, una fede
"forte" nei valori dell'uomo.
Nei momenti di difficoltà ho pensato ai tanti bambini della
Palestina, ai tanti bambini che non possono correre felici
giocando tra i prati, che non possono studiare in un ambiente
scolastico sereno.
Ho ricordato le lacrime delle mamme israeliane e palestinesi, il
grido di dolore della nostra gente.
Non bisogna perdere mai la speranza.
La pace è una realtà possibile oggi, è l'unica alternativa
positiva alla violenza ed alla guerra.
La speranza è ottimismo, certezza, quasi irrazionale, della
realizzazione di tutto quanto amiamo e accarezziamo con
l'immaginazione.
La speranza presuppone coraggio, fiducia nelle proprie capacità,
possibilità di riprendere ogni volta il cammino dopo la sosta
imposta dalla disperazione.
Il sogno di ogni uomo, di ogni palestinese e di ogni israeliano
è quello di vivere in pace.
Questo sogno è anche mio.
È un sogno fattibile perché è fondato sulla fiducia
nell'uomo, nella sua capacità di cambiare.
Anche questo modesto lavoro è un piccolo tassello che si
aggiunge a tanti altri, al lavoro silenzioso di tanta gente
sconosciuta, che desidera "costruire" un mondo
migliore, quella che Paolo VI chiamava "la civiltà
dell'amore."
Per realizzare il sogno della pace non basta educare, bisogna
avere la capacità di perdonare, chiedo la vostra preghiera
perché il popolo palestinese e quello israeliano abbiano il
coraggio di dare e ricevere il perdono.
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