Un albero d'ulivo piantato su una collina che unisce il villaggio
arabo di Abu Gosh, abitato da musulmani e cristiani, e quello
ebraico di Ma'alé Hamisha. Italiani, israeliani e palestinesi
sono qui, visibilmente commossi, circondati da un silenzio carico
di secoli, in una coreografia naturale di grande suggestione nel
segno della pace, alle porte di Gerusalemme, in una terra dove il
terrorismo continua a colpire e la spirale della violenza non
sembra avere mai fine.
Non è l'occasione per brevi e intense emozioni, ma la
testimonianza di un'amicizia tra cristiani ed ebrei in Italia e in
Medio Oriente che sta generando possibilità di lavoro e di
sviluppo e che potrebbe diventare un piccolo-grande antidoto
all'instabilità della regione. Questa amicizia si è espressa
ieri nella cerimonia della piantagione di un ulivo per la pace che
ha aperto la giornata di inaugurazione della sede della Compagnia
delle opere a Gerusalemme.
L'albero è dedicato "a monsignor Luigi Giussani, comune
maestro di fede e, perciò, di umanità": il fondatore di
Comunione e liberazione e la persona che è all'origine
dell'intuizione da cui è nata la Compagnia delle opere, a cui sono oggi associate
trentamila imprese profit e no profit.
In questi giorni una
missione guidata dal presidente Raffaello Vignali - attraverso una
fitta serie di incontri con esponenti delle istituzioni,
dell'economia e della società civile israeliane e palestinesi -
sta gettando le basi per una collaborazione in numerosi settori:
educazione, ricerca e innovazione tecnologica, hi-tech,
agroalimentare, gestione fieristica. «Non è un progetto
elaborato a tavolino - sottolinea Vignali - ma la forma
istituzionale che vogliamo dare a una trama di rapporti e di
lavoro in atto da tempo, qui e in Italia. Per testimoniare nei
fatti che tra persone di culture e religioni differenti è
possibile un cammino comune. Lo spirito della Cdo, del 'fare con',
alimenta la cooperazione economica e l'educazione che sono i due
grandi motori per costruire la pace».
Soby Makhoul, uno dei soci fondatori, segretario del
Patriarcato maronita e responsabile di un consorzio di artigiani
arabi a Betlemme, impegnato da anni per rilanciare i pellegrinaggi
e la devastata economia della città dove è nato Gesù e da dove
i cristiani continuano a emigrare, dice che «la pace è il frutto
di una faticosa costruzione, che si raggiunge solo educando al
senso del lavoro e alla libertà, e che deve vedere fianco a
fianco i popoli che abitano questa terra: noi ci stiamo provando,
smentendo con i fatti chi continua a evocare il conflitto di
civiltà come unica strada che l'umanità si trova davanti». La
cerimonia della piantagione dell'ulivo è promossa da Keren
Kayemet Le Israel, il Fondo permanente per la terra d'Israele che
cura queste inziative come segno di continua rinascita.
Tra i pionieri dell'iniziativa di fondazione della Cdo a
Gerusalemme c'è anche Claudio Morpurgo, vicepresidente
dell'Unione delle comunità israelitiche d'Italia: «È un atto di
onore nei confronti di un grande maestro come Giussani, che lega
anche fisicamente il suo insegnamento e la sua testimonianza a
questa terra così centrale per la riconciliazione tra i popoli.
Si realizza nei fatti la possibilità di costruire insieme lavoro
e sviluppo, a partire da gente che non rinnega la tradizione a cui
appartiene, ma ne fa motivo di incontro con l'altro e di
edificazione comune».