In occasione di Tu Bishvat, il “Capodanno degli alberi” che cade il
prossimo Lunedì 13 Febbraio 2006, pubblichiamo questa lezione del Rav Riccardo Di
Segni, Rabbino Capo di Roma.
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Spiegazione
1:
Ricordiamo che Hillel e i suoi discepoli dichiaravano
Chamishá Assar Bi-Shevat
un giorno semi-festivo e lo chiamano Rosh Hashaná La-Ilanot
(Capodanno degli Álberi), perché in Israele era in questo giorno che
terminavano le piogge annuali e quindi iniziava un
nuovo ciclo di crescita degli alberi. |
Spiegazione 2
Anticamente, la "decima" dei frutti colti durante l'anno
doveva
essere portata come offerta al Tempio. Per effetto del suo calcolo, il 15° giorno del mese di Shevat veniva stabilito come
inizio dell'anno fiscale. È da questo che deriva l'usanza della commemorazione del Tu (15)
(*) B'shevat
come "Il Capodanno degli alberi" |
L’origine di Tu-bishvat
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Anche quest’anno, all’inizio dell’estate, dovremo,
nostro malgrado, fare la nostra dichiarazione dei redditi. E lo faremo
raccogliendo tutta la documentazione di quanto abbiamo guadagnato e speso
nell’anno precedente, dal 1 gennaio al 31 dicembre. Ciò che sta prima e
dopo queste date non conta. Conta solo l’anno fiscale, che comincia e
finisce in momenti precisi.
Per quanto possa sembrare strano, la ricorrenza del
Tu-bishvat, 15 del mese di Shevat, è strettamente legata al concetto di
anno fiscale. Anche nell’antica società ebraica si pagavano le tasse, e
questo certo non sorprende. Il calendario era diviso in cicli di sette anni,
e in ogni anno bisognava prelevare una “decima” sul prodotto agricolo.
La “prima decima” spettava ogni anno ai Leviti. Sul prodotto che
rimaneva dopo il prelievo si applica una seconda decima; nel primo, secondo,
quarto e quinto anno questa decima rimaneva al produttore, ma con l’obbligo
di consumarla (direttamente o nel suo equivalente valore economico) a
Gerusalemme; nel terzo e sesto anno veniva invece versata ai poveri. Si noti
per inciso come l’entità di queste tasse fosse molto più modesta di
quelle che ci impone uno stato moderno.
Era quindi importante stabilire a quale anno appartenesse
un certo prodotto; se ad esempio era del secondo anno, rimaneva al
produttore con l’obbligo di portarlo a Gerusalemme, se era dell’anno
dopo doveva essere dato ai poveri. Ma come si faceva a valutare se un
prodotto era di un certo anno? E ancora: la Torà proibisce di mangiare i
frutti prodotti nei primi tre anni di vita di un albero (‘orlà):
ma come si calcola l’età di un albero e di un frutto? È necessario
stabilire delle date di inizio dell’anno, che sono strettamente legate al
ciclo agricolo. Come capodanno per la frutta prodotta dall’albero viene
considerato il momento d’inizio della formazione di gemme, dopo la pausa
invernale. Ogni frutto che è nato (o che ha iniziato a maturare, secondo
alcune opinioni) prima della data stabilita come capodanno, appartiene all’anno
precedente, se è nato dopo è dell’anno in corso.
Nel clima della terra d’Israele il capodanno (fiscale)
degli alberi è strettamente legato al momento in cui la maggior parte delle
precipitazioni piovose (che avvengono quasi totalmente in autunno e in
inverno) sono passate. La Mishnà (la prima del trattato di Rosh
haShanà) indica quali sono i diversi capi d’anno del calendario
ebraico e riferisce, a proposito degli alberi, una divergenza tra la scuola
di Shammai e quella di Hillel; i primi fissano il capodanno al 1 di Shevat,
i secondi al 15. La regola, come sappiamo , segue l’opinione di Hillel,
quindi si inizia il 15. Ma se si tratta di una data legata al flusso delle
piogge, è difficile capire i motivi del dissenso tra le due scuole. Uno
studio recente, basato sui dati attuali di piovosità - che si presume non si
discostino molto da quelli di duemila anni fa -, spiega che in Eretz Israel
esistono fasce climatiche molto differenti; in tutta la pianura costiera le
piogge maggiori terminano alla data fissata da Shammai, mentre nelle colline
della Giudea e a Gerusalemme in particolare la data è spostata avanti di 15
giorni. Questo significa in pratica che noi fissiamo il calendario fiscale
degli alberi in base al clima di Gerusalemme.
Quando si parla di tasse e ancora di più quando si
pagano non si è molto allegri e in linea di principio non si capisce
perché, dopo tutto, Tu-bishvat sia diventata una piccola festa. Per questo
ci sono diverse spiegazioni. Intanto le tasse non si pagano a Tu-bishvat, ma
a raccolto avvenuto; quando si celebra un capodanno, quale che sia, si sta
in allegria e non si pensa che è l’inizio e la fine di un anno fiscale,
piuttosto ci si augura che il raccolto o il guadagno dell’anno che inizia
sia migliore di quello dell’anno precedente.
A parte questo, la storia della celebrazione del
Tu-bishvat mostra una certa evoluzione e indica che c’è voluto molto
tempo prima che si creassero modi speciali di ricordare e festeggiare questo
giorno. Come festa minore è sempre stato un giorno in cui il lavoro è
permesso, ma sono proibite alcune manifestazioni di tristezza, come le
orazioni funebri o la lettura del tachannun. Ma c’è voluto molto
tempo per arrivare a forme di celebrazione attiva, e in questo è stato
determinante il contributo dei cabalisti di Safed, nel XVI secolo. L’uso
più semplice e antico, probabilmente risalente all’alto medioevo, e ormai
diffuso in tutto il mondo, è quello di mangiare in questo giorno frutta di
tipi diversi, in particolare i prodotti dell’albero per cui nella Torà è
celebrata la Terra d’Israele: uva, fichi, melograni, olive, datteri; oltre
a questi altri frutti menzionati nella Bibbia, come mandorle, pistacchi,
noci, tappuchim (che nella Bibbia non sono le mele, come si ritiene
comunemente e come oggi si indica nell’ebraico moderno, ma sono agrumi), e
poi ogni altro tipo di frutto dell’albero.
Un rito vero e proprio, risalente almeno agli inizi del
XVIII secolo è documentato per la prima volta nell’opera cabalistica Chemdat
Yamim, e consiste in una specie di Seder (o Tikkùn) in
cui si alterna il consumo di frutta diversa, in un ordine speciale, e di
vino (bianco e rosso), alla lettura e al commento di brani biblici,
rabbinici e della letteratura mistica. Questo rito, da tempo dimenticato in
Italia, è stato reintrodotto di recente da Rav Shalom Bahbout che ha anche
curato la stampa del testo con traduzione italiana e commenti: ne sono
uscite già due edizioni, la prima nel 5746 (1986): Seder Tu Bishvat per
il Capodanno degli alberi, la seconda (edizioni Lamed) nel 5760 (2000);
il nostro pubblico ha accolto con piacere questa reintroduzione e ormai il
Seder si fa in molte famiglie.
Altri modi di ricordare questo giorno sono cerimonie di
piantagione di alberi; sono iniziate in Eretz Israel nei primi decenni del
secolo scorso, come testimonianza di attaccamento alla terra e all’importanza
della ripresa della vita agricola, e della riforestazione in particolare.
Forse non è stato estraneo un influsso di cultura americana (arbor day),
ma in ogni caso hanno avuto la prevalenza nella società ebraica i valori
positivi specificamente interni, collegati al rapporto con Eretz Israel, la
sua ricostruzione, e l’importanza tradizionale degli alberi, specialmente
quelli da frutta. Per educare a questi valori si usa in molti luoghi anche
fuori da Eretz Israel di piantare simbolicamente un albero a Tu-bishvat.
I significati simbolici:
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Ricordando il Tu-bishvat vengono richiamate e
sottolineate alcune idee molto importanti nella coscienza ebraica.
Il rispetto della creazione e del Creatore: La natura
che ci circonda viene vista come un’opera buona e utile, da rispettare, da
coltivare, da mantenere e non distruggere; viene esaltata l’opera del
Creatore, nei cui confronti viene espressa la gratitudine per i doni
molteplici e diversi che ci elargisce.
Il rapporto speciale con la Terra d’Israele e della sua
capitale Gerusalemme: Il legame del nostro popolo con la sua terra non
è mai venuto meno, e per noi ha un significato sacro, anche dopo millenni
di distacco traumatico, ricordare quando piove e quando finisce di piovere
in quella terra, quando gli alberi fioriscono e quale frutta producono. Si
rivendica il diritto a quella terra anche mantenendo un rapporto speciale
con il suo ciclo agricolo e i suoi prodotti. Ed è una rivendicazione
pacifica e costruttiva, portatrice di bene ed esemplare per tutto il mondo.
La tradizione ci insegna che quella terra può fiorire solo nelle nostre
mani, e di questo siamo testimoni nella nostra epoca.
La solidarietà sociale: il ricordo delle antiche
forme di tassazione non è quello delle asprezze fiscali, ma quello di un
sistema in cui devono esistere compensi e ridistribuzione della ricchezza.
La riflessione sulla natura dell’uomo: l’uomo
come creatura è una specie di albero rovesciato (con le radici in alto).
Questa identità simbolica propone una riflessione sulle origini dell’uomo,
sulla sua dipendenza dall’alto nelle risorse naturali e spirituali, sulla
sua potenzialità produttiva di frutti buoni e utili, sulla sua forza e
sulla sua debolezza, sul suo destino.
La responsabilità: la storia dell’umanità in
questo mondo comincia dalla colpa di Adamo ed Eva, che mangiano un frutto
proibito. Mangiare ritualmente della frutta fa parte di un processo di presa
di coscienza di responsabilità e di riparazione.
Il rapporto con le realtà nascoste: la mistica
ebraica parla delle realtà a noi invisibili, che spesso paragona ad un
albero, come paragona le diverse forme di frutta (buccia commestibile o no,
nucleo duro o morbido ecc.) ai simboli dei mondi diversi. La “buccia” (qelippà)
è anche simbolo del male. Per questo i cabalisti propongono un percorso
simbolico tra le diverse specie di frutta e i colori del vino, suggerendo un
viaggio tra i mondi diversi, tra la Giustizia e la Misericordia, con l’intenzione
di contribuire a riparare (tikkùn) il mondo visibile dove viviamo.
Sono messaggi e insegnamenti che per essere compresi richiedono conoscenze e
sensibilità speciali, ma che non possono essere trascurati nella ricchezza
di simboli che questo giorno propone alla comunità ebraica.
Come ricordare Tu-bishvat:
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- chi lo desidera cerchi il testo del Seder,
reperibile in libreria, e lo segua procurandosi tutti gli ingredienti
necessari (vini e frutta), o si unisca ad amici che già sono organizzati
per farlo.
- In ogni caso non si trascuri la tradizione di mangiare
frutta di specie diverse, almeno in un pasto della giornata. È importante
mangiare e benedire. Quando si mangia frutta, prima si recita la benedizione
borè perì ha’etz, (Creatore del frutto dell’albero) che in
questo momento assume un significato speciale. La benedizione si recita
anche se si mangia frutta durante il pasto, e si è già detto l’hamotzì.
Dopo aver mangiato, se il pasto comprendeva il pane, con la birkat
hamazon si esce d’obbligo. Chi invece ha mangiato solo frutta recita
alla fine una benedizione speciale: ‘al ha’etz we’al perì ha’etz
ecc. per uva, fichi, melograno, olive datteri; borè nefashòt
per tutte le altre (i testi sono stampati nelle tefillot e nei comuni
birkhonim).
Riccardo Di Segni
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Fonte: www.torah.it
Nota della Redazione LnR:
(*) Richiamiamo l'attenzione sulla
costruzione ebraica del numero 15, ricavato secondo il valore numerico
posseduto dalle lettere. Esso dovrebbe essere composto dalla lettera iod
(valore numerico = 10) e dalla lettera he (valore numerico = 5) che,
insieme:
rappresentano l'abbreviazione del Nome, così com'è indicato nel
Tetragramma
;
è per questo che, per rispetto al Nome, il numero 15 viene composto da 9 +
6, e quindi teth e vav
(tu). La lettura, da
destra verso sinistra.