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È un tema importante della teologia biblica che viene costantemente ripreso ed elaborato nel corso della storia e che davanti a fenomeni di particolare gravità, come la Shoà, esplode travolgendo le coscienze. Esaminando le pagine bibliche si può vedere come l'interrogativo sulla presenza divina accompagni la storia ebraica dal momento stesso in cui nasce come popolo. La Bibbia cerca di dare qualche risposta, anche molto precisa a questa domanda terribile, ma la questione evidentemente non è semplice da risolvere per le coscienze turbate. Il tema trova espressione in una grande metafora antropomorfica, quella del panim, del volto divino. Nel rapporto tra esseri umani guardarsi in faccia è un modo di comunicare, anche se non necessariamente benevolo, mentre volgersi la faccia, rivoltarsi, è segno di chiusura, di interruzione, di comunicazione, di rifiuto. Sono pertanto sinonimo di speciale benedizione, simpatia, protezione, benevolenza le espressioni iaer haShem panaw elekha e issà haShem panaw elekha, "che il Signore illumini e volga te il suo volto", che compaiono nella benedizione sacerdotale di Numeri 6:25-26, che quotidianamente ripetiamo nella nostra liturgia. Al contrario è il celarsi, il nascondersi del volto divino il segno di allontanamento. Leggiamo in proposito un brano fondamentale:
In questo brano c'è la prefigurazione dell'evento (l'abbattersi delle sciagure nazionali, il diventare preda dei nemici), la sua rappresentazione teologica (Dio che si nasconde all'uomo), la constatazione umana dell'abbandono (Dio non è in mezzo a me) e l'interpretazione teologica (il volto si nasconde perché l'uomo si è ri-volto altrove). Che non si vadano a cercare responsabilità divine primarie nel male; questo dipende in primo luogo dall'uomo e dal dono che gli è stato fatto di poter scegliere tra bene e male, tra premio e punizione. E all'uomo viene quindi chiesto di fidarsi e scommettere. Non a
caso, in un brano che per molti versi è l'anticipazione di
quest'interpretazione del Deuteronomio, la domanda su dove è Dio nasce in
un contesto storico preciso: usciti dall'Egitto, dopo tutti i miracoli cui
hanno assistito, gli ebrei si trovano nel deserto senza acqua; e allora,
immemori e ingrati dei beni precedenti, protestano, fino a minacciare Mosè
di lapidazione. Prima ancora di un volto che si
nasconde c'è l'incapacità umana di vederlo quando c'è. L'importanza di
questa storia supera il caso isolato, diventa emblematica. Non a caso
nella Torà uno dei comandi più importanti che si riferiscono all'uso
della memoria, riguarda proprio la storia di Amaleq: "ricorda cosa ti
ha fatto Amaleq" (Deuteronomio 25:17). Ricorda cosa ti ha fatto, ma
anche che cosa può averlo provocato. Giocando sulla lingua, la radice satar che indica il celarsi (da cui forse anche il mistero) viene riscontrata dai Maestri nel nome dell'eroina biblica Ester: un nome che in realtà dovrebbe essere collegato a Astarte e Aster-Astro, ma che per i Maestri non indica il fulgore ma il buio. Con una consolazione: perché la regina Ester opera in un periodo storico in cui il Volto non è più visibile e accessibile, e per questo può sempre sorgere qualcuno che decide di distruggere l'intero popolo ebraico; ma anche se la presenza diretta, la visione luminosa del volto non c'è più, la presenza divina, la sua provvidenza, la sua assistenza non mancano mai e al momento giusto intervengono nella storia e liberano. Per questo
motivo consolatorio e di speranza gli ebrei celebrano ancora oggi (e
continueranno a farlo anche quando tutte le altre feste saranno abolite),
per una volta all'anno, con gioia fisica quasi sfrenata, la festa del
Purim, per segnalare che anche in un regime di volto nascosto la
protezione non viene mai meno. È sul filo di questa speranza che si gioca
un'esperienza drammatica, una domanda con tante risposte sempre
insufficienti, una provocazione alla fede che coinvolge quasi
quotidianamente la vita di ogni ebreo, che sia religioso o no. [Fonte: ucei.it/giornodellamemoria] | home | | inizio pagina | |