“Se sono arrivato troppo
presto, ditelo; vado in cappella a pregare. Quando venne da noi,
all'appuntamento per raccontare la sua esperienza in Turchia, don Andrea
Santoro aveva esordito così”. Sono le prime parole di un articolo
dedicato da “Roma Sette”, settimanale della diocesi di Roma, a don
Andrea Santoro, il prete romano ucciso ieri in Turchia. “Era arrivato qui,
al secondo piano del palazzo del Vicariato – si legge ancora nell’articolo
- per il colloquio con il nostro Claudio Tanturri in vista dell'articolo che
“Roma Sette” avrebbe poi proposto domenica 29 gennaio. Era venuto a
trovarci qualche giorno prima, esprimendo il desiderio di far conoscere alla
comunità ecclesiale della diocesi la sua presenza a Trabzon (Trebisonda),
sul Mar Nero, come segno di testimonianza della Chiesa di Roma in Turchia”.
“Parlava con entusiasmo e passione, passione per l'uomo e per Cristo”,
si legge su “Roma Sette”: “La passione che lo portò prima in Terra
Santa e, poi sei anni fa in Turchia: la definiva “finestra per il Medio
Oriente” per quella che riteneva fosse la sua “vocazione” originaria
in un'area così delicata. Tanto che intitolò così il gruppo che intendeva
favorire il rispetto, la comunione e la pace tra le Chiese sorelle cristiane
e l'ebraismo, il cristianesimo e l'islamismo”. Nei locali della piccola
chiesa a lui affidata – ricorda il settimanale della diocesi di Roma - si
recavano anche ortodossi e musulmani; e persone di ogni condizione sociale,
anche i più emarginati dalla società.
«Un altro desiderio occorre: quello di fare da
"finestra" tra mondi lontani: medio oriente ed occidente, islam,
ebraismo e chiese cristiane. Essere "finestra" cioè luogo di
comunicazione e di incontro. "Finestra", cioè passaggio di luce
per comunicare ciò che abbiamo di più prezioso e accogliere ciò che gli
altri hanno di più prezioso.» (Da una delle lettere di don Andrea, del 15
settembre 2004)