Saluto del Rav Riccardo Di Segni a Giovanni Paolo II
     udienza del 13 febbraio 2003

 

In quasi duemila anni di convivenza delle nostre comunità in questa città, numerose sono state le occasioni di incontro del Vescovo di Roma con il Rabbino di Roma. Anche nei lunghi periodi di sottomissione e spesso di umiliazione non sono mancate forme di collaborazione, come quando i rabbini, che erano anche medici, salivano le scale dei palazzi pontifici per prestare la loro opera di archiatri. Sappiamo bene che il clima di questi ultimi decenni è notevolmente mutato e oggi come mai prima si aprono prospettive di confronto costruttivo in pari dignità. Questo è stato possibile grazie alla grande spinta propulsiva del Papa Giovanni XXIII, ma nessun Papa ha mai contribuito tanto come Giovanni Paolo II. E di questo siamo coscienti e riconoscenti.

Il cammino non è semplice e richiede pazienza e volontà costruttiva, che non si fermi davanti alle inevitabili difficoltà, che si profilano spesso sul piano teologico, nell’interpretazione storica e  nell’educazione. La nostra presenza ora in questo luogo vuole essere un gesto di continuità e disponibilità. Seguiamo con attenzione i grandi e i piccoli segni positivi, e in questo momento ad esempio ci confortano i segnali di riavvicinamento con lo Stato d’Israele come la recente visita del Presidente Moshè Katzav in Vaticano.

La testimonianza del Dio unico rivelato e il dovere di ricerca della santità ispirano le nostre azioni e ci impongono una responsabilità davanti a tutti. Per questo la collaborazione tra ebrei e cristiani è necessaria per noi e per il mondo, è un segno fecondo di pace e benedizione. Prima di tutto nella difesa della vita, della dignità umana e della pace, comunque minacciate e offese, perché secondo le nostre Scritture l’uomo è stato creato a immagine divina e in quanto tale va rispettato. È necessario vigilare e operare contro la xenofobia, il pregiudizio, l’antisemitismo e ogni altra forma di ostilità contro il diverso.

Le prospettive che si aprono per la collaborazione sono numerose. In questo quadro, anche nella nostra città, ci permettiamo di suggerire una  forma permanente di consultazione, che da una parte potrebbe operare per prevenire possibili incomprensioni  e dall’altra definire modalità di interventi concreti.

La Comunità Ebraica è memore della Vostra storica visita compiuta nella nostra Sinagoga nel 1986. La nostra Sinagoga compirà il prossimo anno il primo secolo dalla sua inaugurazione. Le porte di questo sacro edificio sono sempre aperte, con le parole di Isaia (56,7) “perché la mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutti i popoli”.

La benedizione che dovrebbe accompagnare ogni nostro incontro è prima di tutto un augurio personale di salute, forza e saggezza per ancora molti anni.

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