Pemessa
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Nell’arco di due mesi sono
usciti in Italia due libri importanti su Chiesa ed ebraismo. L’uno
e l’altro decisamente anticonformisti: contrari, cioè, ai giudizi
che corrono in larga parte dell’opinione pubblica italiana e
internazionale.
Il giudizio contraddetto dal primo libro è che vi sia rottura
insanabile tra fede ebraica e fede cristiana. E che il passaggio
dall’una all’altra sia tradimento ed abiura.
Il giudizio contrastato dal secondo libro è che la Chiesa e il
papato siano stati cedevoli, se non complici, con Hitler e lo
sterminio degli ebrei.
* * *
Eugenio
Zolli : «Prima dell'alba»
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Il primo libro è l’autobiografia di Eugenio Zolli, che fu rabbino
capo degli ebrei di Roma tra il 1939 e il 1945.
Il suo nome originario era Israel Zoller. Nacque nel 1881 a Brodj,
villaggio della Galizia austro-ungarica che oggi è dentro i confini
della Polonia. A 6 anni emigrò con la famiglia a Stanislavia, l’attuale
Ivano-Frankovsk, in Ucraina. Studiò a Leopoli e poi a Firenze.
Stabilitosi in Italia, il suo cognome fu mutato in Zolli. Fu rabbino
capo a Trieste e insegnò letteratura ebraica all’università di
Padova. Passato a Roma, fu eletto rabbino capo e direttore del
collegio rabbinico. All’inizio del 1945 si dimise e nel febbraio
chiese d’essere battezzato nella Chiesa cattolica. Assunse il nome
di Eugenio, lo stesso del papa di allora, Pio XII. Morì nel 1956.
Questa sua autobiografia la scrisse nel 1947 e nel 1954 uscì in
inglese, negli Stati Uniti. Ma l’originale – con importanti
differenze – era in italiano, in un dattiloscritto scoperto
successivamente e pubblicato per la prima volta quest’anno, con la
prefazione del nipote Enrico de Bernart.
Le recensioni al libro si sono concentrate su un episodio
controverso della vita dell’autore, nel settembre 1943 quand’era
rabbino capo di Roma. Per salvare la comunità ebraica dalla
minaccia nazista, egli propose di chiudere i luoghi di culto,
distruggere i registri dei nomi e rifugiarsi in clandestinità. Non
fu ascoltato e arrivò il disastro. Zolli si salvò con la famiglia,
nascosto dall’organizzazione “Giustizia e Libertà”.
Reintegrato dagli alleati, dopo la liberazione di Roma, nella carica
di rabbino capo, e poi fattosi cristiano, l’accompagnò sino ai
giorni nostri l’accusa, da parte di molti suoi correligionari, d’essere
stato un rinnegato.
Ma le pagine più rilevanti e toccanti dell’autobiografia sono
altre. Sono quelle che raccontano l’infanzia e la giovinezza.
Leggerle è come veder apparire davanti a sé dei quadri di Chagall
(vedi foto), il pittore ebreo nato e vissuto in quelle stesse terre
orientali tra l’Europa e la Russia: col villaggio, la sinagoga, il
granturco sulla neve, la scuola ebraica col maestro severo, l’inchiostro
rovesciato, la mela “calda e abbronzata con due chicchi di
zucchero sopra”, il galletto sui tetti... E tante figure volanti,
nel cielo stellato: i personaggi della Bibbia.
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Ma c’è anche Gesù, da subito. C’è il crocefisso nella casa
del compagno di scuola:
“Perché fu crocefisso, Lui? Perché noi ragazzi diventiamo così
diversi al cospetto di Lui? No, no, Lui non può essere stato
cattivo. Forse era e forse non era – chi lo sa – il Servo di Dio
i cui canti abbiamo letto a scuola. Io non so nulla, ma d’una cosa
sono certo: Lui era buono, e allora... E allora, perché lo hanno
crocefisso?”.
Ci sono da subito i Vangeli e il Nuovo Testamento:
“Solo soletto, leggevo il Vangelo e provavo un piacere infinito.
Che sorpresa ebbi in mezzo al prato verde: ‘Ma io vi dico: amate i
vostri nemici’. E dall’alto della croce: ‘Padre, perdona loro’.
Il Nuovo Testamento è davvero un testamento... nuovo! Tutto ciò mi
appariva d’una importanza straordinaria. Insegnamenti sul tipo:
‘Beati i puri di cuore’ e la preghiera sulla croce segnano una
linea di demarcazione tra il mondo di idee antiche e un cosmo morale
nuovo. Eh sì! Qui sorge un mondo nuovo. Si delineano le forme
sublimi del Regno dei Cieli, dei perseguitati che non hanno
perseguitato, ma che hanno amato”.
Il battesimo arriverà molti, molti anni dopo. E appare come
naturale fioritura messianica di un ceppo ebraico sempre vivo, già
dall’inizio carico di destino.
Il titolo del libro è “Prima dell’alba”. Eugenio Zolli ha
prefigurato nella sua vita il sorgere di un rapporto fraterno tra
cristianesimo ed ebraismo che oggi è divenuto programma del vertice
stesso della Chiesa.
* * *
Giovanni Sale, “Hitler, la Santa Sede e gli ebrei”
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Il secondo libro, fresco di stampa, è un grosso volume di 558
pagine, per metà documenti, dal titolo: “Hitler, la Santa Sede e
gli ebrei”.
L’autore, lo storico Giovanni Sale, è gesuita della “Civiltà
Cattolica”, la rivista stampata col controllo e l’autorizzazione
della segreteria di stato vaticana. E questo fa pensare, a ragione,
che anche il libro sia stato voluto dalla Santa Sede: con l’obiettivo
di contrastare – con documenti inediti e accurate ricostruzioni
– le ricorrenti accuse di filonazismo e di antiebraismo scagliate
contro la Chiesa degli anni di Hitler.
Basta scorrere l’indice del volume per cogliere l’interesse dei
temi trattati.
C’è la vicenda del “Zentrum”, il partito cattolico che
collaborò col nazismo nascente e poi fu sciolto da Hitler col
consenso del Vaticano.
C’è la genesi e la diffusione segreta in Germania dell’enciclica
di Pio XI “Mit Brennender Sorge” contro l’ideologia del Reich.
C’è la ricostruzione della visita di Hitler a Roma ma non in
Vaticano, col papa che ostentatamente lascia la città.
C’è il capitolo intitolato: “Il ‘silenzio’ di Pio XII e l’olocausto”.
C’è un altro capitolo dal titolo: “L’attentato a Hitler, la
Santa Sede e i gesuiti”.
E molto altro ancora. Ecco qui di seguito la presentazione del
volume apparsa il 14 aprile sul quotidiano della conferenza
episcopale italiana, “Avvenire”. L’autore, Gian Maria Vian, è
storico della Chiesa e ordinario di filologia patristica all’università
di Roma “La Sapienza”. Il suo ultimo saggio, in libreria in
questi giorni per i tipi del Mulino, ha per titolo “La donazione
di Costantino” e ha per oggetto l’intricata vicenda, nei secoli,
dei rapporti tra il papato e i poteri politici.
Nuovi documenti
sulla Chiesa e il Terzo Reich
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di Gian Maria Vian
Le ricorrenti accuse di filonazismo e di passività nei confronti
alla Shoah rivolte alla Santa Sede e alla Chiesa cattolica non hanno
fondamento, ma sono frutto di polemiche strumentali: questo
sostengono da tempo gli storici più attendibili, ma a confermarlo
sono ora i documenti che stanno venendo alla luce. Anche dagli
archivi vaticani, che sui rapporti tra Santa Sede e Germania da più
di un anno sono finalmente accessibili agli studiosi.
Lo dimostra un nuovo importante libro dello storico gesuita e
scrittore della “Civiltà cattolica” Giovanni Sale, che
ricostruisce la tragica vicenda del Terzo Reich, dall'ascesa al
potere di Adolf Hitler sino alla fine della guerra. Pubblicando
integralmente quasi trecento pagine di documenti inediti relativi
agli anni 1930-1938, in massima parte provenienti dalla nunziatura
apostolica a Berlino.
In Germania rappresentava la Santa Sede l'arcivescovo Cesare
Orsenigo. Suo principale interlocutore a Roma era il cardinale
Eugenio Pacelli – grande conoscitore del paese in quanto suo
immediato predecessore nella nunziatura berlinese –, che nel
febbraio del 1930 era divenuto segretario di Stato di Pio XI e
seguì sempre con grande attenzione il preoccupante evolversi degli
eventi in Germania.
Nei confronti del nazismo in rapida crescita la Santa Sede e la
maggioranza dei vescovi tedeschi – a differenza di molti cattolici
e della stragrande maggioranza dei protestanti – tennero un
atteggiamento negativo, anche se l'iniziale opposizione dei vescovi
dovette fare i conti con l'ascesa al potere di Hitler e la crescita
del consenso nei confronti del nuovo regime. Questo, già il 20
luglio 1933, arrivò a un Concordato con la Santa Sede, che ebbe tra
le sue conseguenze l'eliminazione dalla scena politica del partito
cattolico denominato “Zentrum”.
I contrasti tra la Chiesa cattolica e il nazismo si acuirono poco
più tardi – nonostante le crescenti preoccupazioni per
l'affermarsi del totalitarismo comunista e nonostante il
tradizionale antigiudaismo cattolico – con l'avvio della
legislazione antisemita e l'emanazione delle disposizioni sulla
sterilizzazione obbligatoria, contro le quali si pronunciò con
fermezza, già il 29 gennaio 1934 sulla base dell'enciclica di
quattro anni prima “Casti Connubii”, soprattutto il vescovo di
Münster, Clemens von Galen.
Successivamente l'opposizione al nazismo si fece sempre più chiara
e nell'estate del 1936 i vescovi tedeschi, con una lettera
collettiva, chiesero al papa di pronunciarsi con un'enciclica.
A questo scopo Pio XI convocò a Roma i cardinali tedeschi Bertram,
von Faulhaber e Schulte e i due vescovi più avversi al regime, von
Galen appunto, e von Preysing. Con la collaborazione del cardinale
Pacelli fu così scritta la “Mit Brennender Sorge” (“Con
ardente preoccupazione”), del 14 marzo 1937, l'enciclica che
condannò l'ideologia razzista e pagana ormai affermatasi nel Reich
tedesco, seguita nello stesso mese da altre due encicliche papali
contro il comunismo ateo (“Divini Redemptoris”) e le sanguinose
persecuzioni dei cattolici messicani da parte del laicismo massonico
(“Nos Es Muy Conocida”).
Un anno più tardi, nel maggio del 1938, Hitler in visita a Roma non
chiese udienza al papa e Pio XI lasciò la città, dov'era stata
innalzata, disse, “un'altra croce che non è la croce di Cristo”.
L'opposizione della Santa Sede al nazismo non mutò con Pio XII.
Anzi, nel 1939 e nel 1940 questo papa si mostrò riservatamente
disponibile a sostenere un rovesciamento del regime hitleriano,
condannando gli orrori bellici e le persecuzioni antiebraiche sino
alla conclusione del conflitto.
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___________
I libri:
Eugenio Zolli, “Prima dell’alba”, Edizioni San Paolo,
Cinisello Balsamo, 2004, pp. 290, euro 16,00.
Giovanni Sale, “Hitler, la Santa Sede e gli ebrei”, Jaca Book,
Milano, 2004, pp. 558, euro 29,00.