Daniele Zappalà, su "Avvenire" del 20 maggio 2004

In Marocco, dove rabbini e imam per la prima volta dialogheranno

«L'islam e l’ebraismo come strumenti di pace: riconoscimento e rispetto dell’altro». Sarà questo il filo conduttore del Primo congresso mondiale degli imam e rabbini per la pace: un evento che riunirà simbolicamente per quattro giorni in Marocco, dal 31 maggio al 3 giugno, cento autorità religiose del mondo ebraico e musulmano provenienti dai cinque continenti. Dialogheranno fra loro accanto ad esponenti del mondo cristiano, intellettuali e personalità note per il loro impegno a favore della pace.

L’obiettivo dichiarato dell’evento, che si svolgerà sotto gli auspici di Re Mohammed VI del Marocco, è quello di «dare la possibilità alla più ampia maggioranza dei responsabili ebraici e musulmani di esprimere al mondo intero una posizione d’unità per permettere alle popolazioni di affrontare un avvenire finalmente diverso».

I lavori si svolgeranno presso l’Università Al Akhawayn di Ifrane, la città imperiale situata a oltre 1600 metri di altitudine. Un luogo simbolico che domina dall’alto quel Marocco in cui storicamente un’importante comunità ebraica ha convissuto in armonia con la popolazione prevalentemente musulmana. A margine dei lavori, fra i diversi momenti comuni previsti, i partecipanti avranno anche l’occasione di visitare i luoghi sacri alle due religioni nella regione che circonda Fes.

L’incontro, senza precedenti, ha già ricevuto prestigiosi incoraggiamenti dal mondo intero ed è stato organizzato dalla fondazione indipendente franco-svizzera Hommes de parole. Alle sue attività partecipano già da tempo personalità di vari orizzonti quali ad esempio l’ex-Segretario generale dell’Onu Boutros Boutros-Ghali, il teologo ortodosso Olivier Clément, lo scrittore di origine libanese Amin Maalouf.

«Questo congresso potrebbe diventare una tappa storica e in ogni caso sarà qualcosa di nuovo, forte, importante, capitale», ha sostenuto ieri a Parigi l’ex-gran rabbino di Francia René-Samuel Sirat, in occasione della presentazione dell’evento alla stampa. «È importante penetrare nell’idea che la violenza non è ciò che spinge imam e rabbini nelle loro intenzioni e azioni».

Da parte sua, l’imam di Bordeaux Tareq Oubrou si è detto «molto ottimista, perché l’incontro dell’altro rappresenta sempre un arricchimento». Per lui, «ciò che ci minaccia non è lo scontro delle culture ma quello delle ignoranze».

Alain Michel, presidente di Hommes de Parole, ha auspicato che alla fine dell’incontro in Marocco vi sia «un appello diretto alle popolazioni e agli altri responsabili religiosi» ed assicurato che nelle ultime settimane decine di imam e rabbini hanno espresso il desiderio di unirsi ai partecipanti. Una richiesta disattesa solo per questioni organizzative.

All’evento assisteranno inoltre cinquanta giovani con un "diritto-obbligo di parola", fra cui anche numerosi israeliani e palestinesi provenienti da Gerusalemme, Tel-Aviv, Betlemme e Gaza.

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