L’elezione del metropolita Teofilo a Patriarca greco-ortodosso “era
prevedibile”, essendo "un uomo capace di ristabilire l’ordine in
seno al patriarcato dopo la destituzione di Ireneos I, oltre ad essere un
uomo di Dio”. È quanto ha dichiarato l’archimandrita
di rito greco-melkita mons. Joseph Saliba, che ha voluto anche
sottolineare l’importanza dell’elezione con voto unanime, una prima
assoluta nella storia del patriarcato.
Raouf Abou Jaber,
presidente del consiglio supremo Ortodosso in Giordania e Palestina, ha
definito l’elezione di Teofilo “l’inizio di un nuovo cammino e un
cambiamento veramente desiderato”. “Questa elezione – dice inoltre
– è un segno della benevolenza di Dio per gli oltre 200 mila fedeli
della Chiesa greco-ortodossa. Adesso auspico la formazione di un consiglio
che abbia larghezza di vedute e che impedisca la dittatura alla quale
eravamo sottoposti con Ireneos”. (1)
Attallah Hanna, portavoce
del patriarcato, ha rilasciato una dichiarazione contenente le promesse
fatte dal neo-patriarca ai padri sinodali subito dopo l’elezione:
restituire i beni ecclesiastici al patriarcato e riportare la pace e la
cooperazione nel Sinodo stesso.
Per quanto riguarda il
riconoscimento di Israele, che ancora non si è pronunciata neanche sulla
destituzione di Ireneos I, il patriarca Teofilo ha detto di essere
“indifferente al riguardo”. Alcuni analisti in Terra Santa precisano
che il riconoscimento di Israele non ha alcun rilievo giuridico in quanto
non esistono accordi fra il governo ed il patriarcato. La richiesta di
riconoscere gli atti dell’organo religioso avviene per una forma di
consuetudine e, in un certo senso, di “quieto vivere”.
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(1) Il patriarca Ireneos è stato rimosso dal suo
incarico dopo la rivelazione, data dalla stampa, di una sua associazione
con un noto criminale internazionale, che aveva promosso la sua elezione a
patriarca. A questa accusa si è aggiunta quella di aver venduto beni
immobili di proprietà del patriarcato nei pressi della Porta di Jaffa a
dei coloni israeliani. Ireneos ha negato con forza la sua associazione al
criminale – anche se a Gerusalemme ricordano che è stato proprio l’ex
patriarca a presentare l’uomo come un “suo stretto collaboratore”
– ed ha negato con veemenza ogni coinvolgimento nella vendita degli
immobili. Qualunque documento con sopra la sua firma riguardo questa
questione, ha dichiarato, è un falso. Questa situazione sembra insostenibile
per i governi israeliano e palestinese. Se infatti Israele insiste nel non
riconoscere la rimozione di Ireneos, significa che crede alla sua
innocenza nella vendita degli immobili. In questo caso, però, deve
riconoscere anche che i documenti che provano l’avvenuta vendita sono
dei falsi e, così, rinunciare ad una delle più grandi conquiste mai
avvenute nel campo degli incessanti sforzi di non concedere proprietà ai
non ebrei nella Città vecchia e, in generale, in tutta Gerusalemme Est.
D’altro canto, se Israele dovesse riconoscere la rimozione di Ireneos
– decisione presa in quanto ha venduto immobili a degli ebrei –
diverrebbe complice in una decisione “politica anti-semita”.
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[Fonte: AsiaNews.it 23 agosto 2005]