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Olocausto: Padre Sievers (Centro
Card. Bea), "Le parole servono a non chiudere gli occhi"
"L'Olocausto rischia sempre
di diventare un argomento retorico e di essere strumentalizzato. Ma rimane una
realtà che a volte richiede il silenzio, perché le parole sono inadeguate,
altre volte invece servono le parole, perché tanto è stato scritto ma molto
c'è ancora da dire e molti documenti devono essere studiati". Così padre
Joseph Sievers, direttore del Centro "Cardinal Bea" per gli studi
giudaici, della pontificia università Gregoriana introduce la conferenza di
Deborah Esther Lipstadt, direttrice dell'Istituto di studi giudaici "Rabbi
Donald A. Tam" dell'Università Usa di Emore, che si terrà questa sera
nell’ateneo pontificio in Roma sul tema "Olocausto: memoria e documenti.
Un modo per conoscere e comprendere cosa è accaduto". La relatrice è nota
per avere promosso l'azione legale contro David Irving che espresse
pubblicamente l'opinione che l'olocausto fosse "una leggenda". Il
Centro "Cardinal Bea" è nato nel 1979, per volontà del cardinale
Carlo Maria Martini, che lo ha intitolato al già presidente dell'Ufficio per i
Rapporti con l'Ebraismo della Santa Sede, con la finalità di "approfondire
il patrimonio religioso e culturale comune" tra cristiani ed ebrei e
promuovere la reciproca conoscenza e "un fraterno dialogo", per
"contribuire allo sviluppo di un'appropriata teologia cristiana
dell'ebraismo". "Non bisogna rinunciare ad indagare la terribile
esperienza storica dell'Olocausto, che resta unico nella sua atrocità",
dice padre Sievers, "altrimenti, corriamo il pericolo di chiudere gli occhi
di fronte ad altre atrocità".
Conferenza all'Università
Gregoriana; "Un silenzio assordante e doloroso"
Gli ebrei "hanno cercato
aiuto ovunque, ma hanno trovato un silenzio assordante, doloroso quanto la
crudeltà dei carnefici" ed io "ho cercato soltanto di rompere"
questo silenzio. "Non ho scelto di combattere questa battaglia. Ma, adesso
sono onorata di averla combattuta". Così Deborah Esther Lipstadt,
direttrice dell'Istituto di studi giudaici "Rabbi Donald A. Tam"
dell'Università Usa di Emore, ha concluso la conferenza tenuta ieri sera a Roma
presso la Pontificia Università Gregoriana su "Olocausto: memoria e
documenti. Un modo per conoscere e comprendere cosa è accaduto". La
studiosa, nota per avere promosso l'azione legale contro David Irving che
espresse pubblicamente l'opinione che l'olocausto fosse "una
leggenda", ha ripercorso la vicenda giuridica che l'ha eletta protagonista
nella difesa della verità storica e, quindi, di tutte le vittime
dell'Olocausto. La "verità" dei lager, "non può essere espressa
a parole", ha detto, né può essere compresa fino in fondo, "ma vale
la pena di indagarla e ricordare". Le prove non mancano: testimonianze
dirette, diari, verbali, studi. Benché i nazisti abbiano tentato di eliminarne
ogni traccia, anche umana, "è il genocidio più documentato della
storia". "Ma questo - ha concluso Lipstadt - non è stato l'unico
ostacolo all'evidenza storica della Shoah. Ce n'è uno ancora più
grande: la resistenza che abbiamo ad ammettere che sia potuto avvenire un
crimine così efferato e che sia potuto accadere in un paese civile come la
Germania".
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[Fonte: S.I.R. 21 - 22 marzo 2006
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