Insieme israeliani e palestinesi, attraverso
i loro ministri per il Turismo. Documento comune del ministro del Turismo
israeliano e di quello dell’Anp: «Prenderemo tutte le misure per
assicurare il transito dei visitatori in condizioni di tranquillità»
Riconoscenza al Papa per l’invito fatto alla Cei a tornare in Palestina
Insieme israeliani e
palestinesi, attraverso i loro ministri per il Turismo,
nell'approssimarsi di questo Natale chiamano pellegrini e turisti di tutto
il mondo a venire in Terra Santa garantendo loro «sicurezza e
tranquillità».
Un appello caldo e responsabile che testimonia la
consapevolezza del bene prezioso di cui i due popoli si sentono custodi e
che potrebbe anticipare, nel ripristinato clima di attese della comunità
internazionale, un dialogo politico a più alto livello. Non per nulla
l'ambasciatore d'Israele presso la Santa Sede Oded Ben Hur, ha definito
all'agenzia Asia News la dichiarazione congiunta dei ministri Gideon Ezra
e Mitri Abu Aita, «una pietra miliare di grande importanza nel cammino
della pace in Medio Oriente».
E anticipa che al primo loro incontro di
mercoledì scorso, quello in cui hanno firmato la dichiarazione, dovrebbe
seguire un altro, stavolta a Roma, alla cui organizzazione sta lavorando.
Nella dichiarazione si afferma che i due ministeri «coopereranno per la
promozione del turismo in Terra Santa sui mercati internazionali» e
«prenderanno tutte le misure necessarie per assicurare il transito in
condizioni di sicurezza e tranquillità dei pellegrini e dei turisti che
visteranno le zone israeliane e palestinesi.
Verranno create le condizioni
appropriate per i privati in entrambe le parti, in termini di traffico,
per garantire i migliori servizi possibili ai turisti e ai pellegrini». I
ministri riconoscono certo l'importanza del turismo, «fondamentale
risorsa economica e importante strumento per il benessere delle nazioni»,
ma tengono anche a sottolinearne la sua valenza politica come «mezzo per
portare la pace e creare fiducia tra i popoli del Medio Oriente».
Affermano quindi di essere «molto riconoscenti» a Papa Giovani Paolo II
per il suo messaggio rivolto all'Assemblea generale dei vescovi italiani e
per l'esortazione a organizzare pellegrinaggi in Terra Santa». Da lui è
venuto quello stimolo che si è concretizzato in una mobilitazione di
tutte le diocesi e nel ripreso, incessante flusso di pellegrini, anche per
dare incoraggiamento spirituale e materiale alle comunità cristiane.
Una
ripresa dei pellegrinaggi, anche da altre nazioni d'Europa e delle
Americhe, costantemente sollecitata dall'assemblea degli ordinari
cattolici di Terra Santa e dal nunzio e delegato apostolico monsignor
Pietro Sambi: le proiezioni di quest'anno sul flusso generale turistico in
Israele si attestano per fine dicembre a un milione e mezzo di persone (è
stato di circa un milione nel primo semestre) con un incremento del 54 per
cento rispetto al 2003. Secondo le statistiche israeliane i pellegrini
cattolici sono stati 78 mila con un aumento del 114 per cento rispetto
all'anno scorso; 72mila i protestanti e 66mila i cristiani riformati,
352mila gli ebrei. Sono dati confortanti quando si riflette sul tracollo
del turismo con l'inizio dell'Intifada 4 anni orsono, nel pieno del Gran
Giubileo.
Quell'anno i soli pellegrinaggi cristiani rappresentavano il 70
per cento di tutto il movimento turistico israeliano; sono scesi al 48 per
cento nel 2001 e al 30 per cento nel 2002. I danni, già enormi per
l'economia israeliana, sono stati ancora peggiori per quella palestinese,
in termini di disoccupazione. Betlemme in particolare ha attraversato una
crisi che ha ridotto in povertà migliaia di famiglie.
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[Fonte:- Avvenire dicembre 2004]