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La Shoah: evento unico, centro del Novecento
Senza Memoria non c'è civiltà della democrazia
La storia ha bisogno della memoria, anche in Italia
Non si dimentichi: il fascismo fu pure odio razziale
Torna la Giornata della Memoria. Sappiamo benissimo a cosa ci
riferiamo: alla memoria dell' Olocausto; alla memoria di un evento
che ha investito il destino di un popolo, ma che riguarda anche chi non
appartiene al popolo ebraico perché esso occupa una posizione
centrale nella vicenda storica dell'umanità. Giornata della Memoria
per comprendere il senso di eventi che hanno segnato il secolo
scorso; per comprenderli fino in fondo in uno sforzo continuo della
Ragione di penetrare il perché ciò che è accaduto sia potuto
accadere. La memoria, infatti, implica una sfida della Ragione per renderci
conto di ciò che la capacità di raziocinio dell'uomo fatica a comprendere.
La Shoah è il fatto centrale del Novecento ed essa non è riconducibile
ad un semplice sterminio; ad uno dei tanti drammatici stermini che
la Storia ha registrato. È un evento senza paragoni. Ecco l'obbligo
della memoria.
Quella della Shoah non va, infatti, affidata alla categoria del
ricordo, raccolta nei confini di sviluppo che la riguardano, ma essa va
collocata all' interno di un più ampio discorso, di riflessione e
di approfondimento, della nostra civiltà contemporanea; di una
civiltà che, pur con tutte le sue conquiste, non ha cancellato il
concetto di alterità, ossia della diversità intesa sotto vari
aspetti: religioso, etnico, sociale, sessuale per cui i diversi
sono, sempre e comunque, gli altri.
La crisi del liberalismo europeo, la nascita e l' affermazione dei
nazionalismi, hanno prodotto una concezione aberrante dell'idea e
della pratica della sovranità nel senso di interpretarla come un dato che
si realizza solo nel momento in cui qualcuno annienta l'altro. Così,
la distruzione totale di un qualcuno non è solo un fatto teorico:
il diritto alla vita, la libertà politica, quella di essere se
stessi possono concretamente, in un certo momento - o forse,
per meglio dire, in un qualsiasi momento - essere sottratte all'
uomo da parte di un altro uomo. Credo che Auschwitz, tra le tante
cose che insegna, insegni soprattutto questa. Ecco un'altra conferma
del valore della sua unicità e centralità: il ricordo di Auschwitz,
la memoria cioè, costituisce il momento di legame con il dovere di testimoniare
la civiltà della democrazia e della pace. La memoria, quindi, diviene
fattore operante che riguarda tutti: rispetto ad essa chi fa pratica di
libertà e di democrazia ha sempre un dovere: quello di oggi diviene
testimonianza per il dovere di domani. Da questo dovere, dalla sua
esplicazione, nasce il modo di essere del mondo perché la libertà
non è un dato astratto, ma vive solo se si realizza concretamente;
da questo dovere nasce il mondo, quello di oggi e quello di domani.
La storia ha, quindi, bisogno della memoria. Elie Wiesel ha detto
che l'oblio è il contrario della storia. Aggiungiamo noi che lo è pure
la sua falsificazione; parlando delle ragioni della memoria
abbiamo il dovere di ricordarlo. Oggi, infatti, nel nome di una non meglio
precisata pacificazione e di una ridefinizione del concetto di
patria, si assiste all'evolversi di un progetto che, forzando
proprio la storia, tende a mettere in equilibrio di valore l'Italia
fascista con quella che non lo era e che, anzi, la combatteva;
l'Italia della dittatura e delle discriminazioni razziali con quella
della libertà; la parità sostanziale dei valori patriottici
rappresentati da schieramenti contrapposti. Si tratta di
un'operazione che mira a delegittimare la Repubblica e ciò che essa
significa per la nostra democrazia le cui radici hanno precisi
luoghi storici di riferimento.
Ma sul punto va detto di più. Infatti, se nel dopoguerra, la
coscienza collettiva degli italiani non si sentì implicata in una
questione quale quella che si verificò in Germania - il famoso
dibattito sul cosiddetto passato che non passa - lo si è dovuto
proprio all' antifascismo, alla Resistenza, alla Guerra di
Liberazione. Se in Italia il passato è passato è perché la
coscienza collettiva del Paese è stata riscattata; perché l'
antifascismo aveva già fatto i conti con un periodo storico le cui
conseguenze vedevano già assegnati i ruoli e ciò non può essere
oggetto di revisione.
Circolano false letture del nostro passato. Una di queste è che in
Italia, sostanzialmente, la questione razziale fu blanda. Quasi tutti
i memorialisti della scelta di Salò hanno tenuto a precisare che hanno
saputo delle camere a gas dopo la fine del conflitto e ciò è
sicuramente vero; ma sia quelli che hanno abiurato alle ragioni
della loro scelta giovanile, sia coloro che invece ancora le
difendono, non potevano non sapere come, con le leggi razziali del 1938,
il fascismo avesse imboccato ufficialmente la ripugnante via della
discriminazione antisemita. E fu grazie a quelle leggi che in
Italia, a differenza per esempio di quanto avvenne in Francia, i
tedeschi non ebbero bisogno di alcuna fase preparatoria per attuare
le deportazione del 1943 e 1944.
Giornata della Memoria, perciò, anche come giornata della
conoscenza: di ciò che ha prodotto l' odio razziale, del significato
della lotta antifascista, della natura dell' occupazione tedesca e
di come i fascisti vi collaborarono. Fare memoria vuol dire, infine,
schierarsi con decisione contro ogni razzismo. Il premio Nobel
polacco Isaac Bashevis Singer, forse il più grande scrittore
yiddish del Novecento, ha scritto: "Quando tutte le nazioni si renderanno
conto che sono in esilio, l'esilio cesserà di essere; quando le maggioranze
scopriranno che anch' esse sono minoranze, la minoranza sarà la regola
e non l'eccezione". Sembra quasi una profezia sulla nostra difficile
attualità.
[*] Professore Ordinario di Storia delle dottrine politiche a Siena,
già direttore del Gabinetto Vieusseux di Firenze
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