La memoria della shoah per
comprendere Israele
David M. Jaeger (*)
Nel giorno dedicato dalla comunità internazionale alla memoria
dell’Olocausto, occorre ricordare i nazisti e le connivenze silenziose
dell’occidente. Qualunque critica ad Israele non deve negare la sua
legittimità. Una testimonianza.
Il 27 gennaio è il giorno scelto da più
paesi, e ora dall'Onu, per commemorare i sei milioni di ebrei - un terzo
dell'intero popolo ebraico - durante la Seconda Guerra Mondiale. Ieri il
parlamento e il governo di Israele hanno dedicato una seduta al Giorno
della Memoria dell'Olocausto. Di per sé, Israele commemora le vittime
dell'Olocausto e i caduti della resistenza nei ghetti e nei campi di
sterminio in un altra data, il 27 del mese ebraico di Nissan, circa due
settimane dopo la Pasqua ebraica, anniversario della rivolta del Ghetto
di Varsavia. Nonostante ciò lo Stato ebraico ha voluto riconoscere il
gesto della Comunità internazionale che tanta importanza riveste per
questo popolo, a suo tempo abbandonato da tutti al suo destino nelle
mani dei carnefici. Il riconoscimento mondiale della Shoah è senz'altro
ritenuto tardivo, ma non per questo meno apprezzato. Infatti per la
generazione che fece quell'esperienza, per i superstiti, molto ha sempre
pesato – oltre all'orrenda criminalità degli uccisori – la percezione
dell’assoluta indifferenza delle nazioni civili, persino degli stessi
Alleati. In particolare, non si riesce a dimenticare che anche quando
gli stessi nazisti consentivano ancora la fuga, le nazioni civili si
rifiutavano in genere di concedere i visti. Questa è stata anche
l'esperienza anche di mio padre. Stava studiando per il dottorato di
ricerca in storia europea all'Università di Praga quando le forze
hitleriana occuparono la pacifica democrazia mitteleuropea di cui essa
era capitale. Con qualche stratagemma egli riuscì poi a salvarsi, ma
non ha mai capito perché proprio la civiltà che era anche sua,
sembrava, per commissione o per omissione, desiderare solo di vedere lui
e il suo popolo perire.
Questa esperienza, questa percezione, non ha potuto non determinare
il modo di rapportarsi del Popolo così duramente provato al resto del
mondo. Se talvolta la politica di Israele sembra dura, se talvolta
sembra che lo Stato ebraico non si fidi tanto degli altri, e neppure delle
stesse istituzioni internazionali, ecco qui la radice. Anche se per
educazione, o per prudenza, non sempre viene esplicitato, il sentimento
diffuso è questo: "il mondo" è tutto insorto contro di noi,
"il mondo" diviso soltanto tra chi voleva ucciderci e chi
stava tranquillamente a guardare. Ora - continua questa linea di
pensiero - non permetteremo mai più di trovarci in questa
condizione. Ci salveremo da soli, e ci assicureremo tutti i mezzi per
farlo, sempre e contro chiunque!
Chi non capisce questo, non capirà mai il mio popolo.
L'istituzione del Giorno della Memoria è stato un gesto, piccolo ma
significativo, con il quale la comunità internazionale avrebbe voluto
invitare il Popolo Ebraico a cominciare a credere che quel mondo è
passato, che il Popolo Ebraico non dovrà mai più sentirsi solo e da
tutti abbandonato. Certamente non basta. La sincerità e
l'efficacia di questa commemorazione universale dovranno essere soggette
a verifica e a conferma. Anzitutto, per cominciare a recuperare la
fiducia, bisogna che vi sia sempre e ovunque la più ferma, la più
decisa reazione a qualsiasi segnale di recrudescenza dell'antisemitismo,
dell'odio per gli ebrei perchè ebrei. E purtroppo le occasioni anche
oggi non mancano.
E bisogna pure che vi sia la più decisa e definitiva accoglienza
dello Stato ebraico - nel quale sono confluiti i superstiti
dell'Olocausto - nella Comunità delle nazioni, per non vedersi mai
più abbandonati ed indifesi. Bisogna che vi sia ogni cura perchè le
critiche, anche le più legittime e doverose, a questa o quella politica
dello Stato di Israele, non diventino mai negazione della sua legittimità,
non si trasformino mai in un attacco contro il diritto del Popolo
ebraico alla sovranità e alla sicurezza nella propria patria storica,
pur nel pieno rispetto dei diritti altrui.
É in quest’ottica che l'osservanza del Giorno della Memoria sarà
valutata in Israele e dal suo Popolo.
(*) David M. Jaeger, francescano, ebreo israeliano, esperto nei
rapporti fra Israele e Santa Sede.
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[Fonte: AsiaNews 27 gennaio 2006]