Dopo l'ultima distruzione del Tempio e la diaspora,
rimase agli Ebrei soltanto la Sinagoga, se non consideriamo le comunità
cristiano-giudaiche, che a poco a poco sparirono. La diaspora fu allora
organizzata in un culto in cui sacerdoti e leviti non potevano effettuare il loro servizio perché i sacrifici rituali non
potevano essere più compiuti. Gli Ebrei si sottoposero a questa nuova
prova, come avevano già fatto durante la loro deportazione in
Babilonia, mediante uno straordinario atto di fede paziente e
implorante, fiduciosa, che Dio avrebbe manifestato la Sua gloria
e mantenuto le Sue promesse. E così l'intera esistenza delle comunità
Ebraiche fu completamente consacrata alle preghiere e a manifestazioni
di fedeltà, mediante il compimento della vocazione divina. E se è
permessa una citazione cristiana, si potrebbe dire che questa vita
divenne "monastica", come era già accaduto con le comunità
Esseniche.
Per secoli gli Ebrei hanno preso parte alla storia umana solo in
maniera marginale, limitandosi ad esistere e a sopravvivere. In un
certo qual modo essi permisero li si seppellisse nella storia per
essere i testimoni della loro fede e delle loro profezie. Rimasero
nascosti nella storia e assenti da essa, tranne che per
pagarne le disgrazie e le persecuzioni. Senza una terra, senza
cittadinanza, essi usavano il linguaggio di quelle nazioni che
accettavano la loro diversità, serbando nelle preghiere il
linguaggio della Rivelazione. Erano ovunque presenti ed assenti da
qualsiasi cosa. E poiché erano stati privati delle reali, storiche
fondamenta della loro esistenza, a causa della distruzione del Tempio e
della dispersione della loro gente attraverso gli Stati, Israele
concentrò tutti i suoi sforzi attendendo il compimento della storia.
Fino all'epoca dell' Illuminismo, l'esistenza ebraica era stata volutamente
concentrata sull'obbedienza ai Comandamenti e lo studio della Legge.
Questa vita indipendente era finalizzata a creare le condizioni per
affrettare la gloriosa finale venuta del Messia. E l'esistenza ebraica
fu completamente basata sulla ricerca del cammino che avrebbe portato
alla fine della storia.
I cristiani delle nazioni avrebbero dovuto essere coscienti di ciò che veniva
offerto loro gratuitamente - una grazia che loro non avevano meritato
- di prender parte a ciò che Dio aveva garantito a Israele. Ma, nel
corso di questi ultimi due millenni, essi fecero di tutto per
ridurre al minimo nella loro storia il compimento finale del
disegno divino, di cui rimaniamo tuttora in attesa.
Gesù descrisse ai suoi discepoli il tempo della
storia come una sera nella notte, come un pesante, duro lavoro
eseguito dal domestico in attesa del ritorno del suo padrone. Troppo
spesso i Cristiani sono caduti in errore al sentire la parola
"pazienza" (Luca 815; 21,19 Cf. anche Lettera ai Romani 2,7;
5,3; 8,25). È questa pazienza "attraverso la quale ci si
approprierà della propria anima", che permette di sperare nella fede,
contro tutte le contrarietà, per il giorno del Signore.
I regni cristiani ebbero l'ambizione di diventare nella storia la
realizzazione temporale del regno di Dio. La stessa Chiesa si è
impadronita del potere secolare, rappresentandosi come la
realizzazione sulla terra del regno di Dio. Tutto era come se la
speranza per il futuro fosse assimilata nella storia e nella sua
incompletezza, e ristretta al temporale presente. Una tale religiosità,
costretta ad essere oppressiva e intollerante era incomprensibile o,
comunque, inaccettabile per gli Ebrei il cui unico re era Dio e che
sapevano che nessun regno potesse reclamare di essere il regno di Dio,
a meno che esso non fosse guidato dallo stesso Dio nella pace e nella
giustizia. (Si rilevi inoltre che tale religiosità temporale fu
riscontrata per l'appunto insostenibile da grandi figure spirituali
sempre illuminate dallo Spirito Santo nella loro opera di dedizione
alla Chiesa).
Nell'ambito dell'esistenza della dottrina cristiana, e ripetutamente
nel corso dei secoli, abbiamo assistito a movimenti di risveglio
religioso come quello monastico il quale ha ispirato a numerosi
uomini e donne una vita di santità e perfezione attraverso
l'obbedienza ai comandamenti e alle norme divine. E quantunque tempi e
culture diversi richiedano l'uso di diversi metodi, questo cammino
verso la perfezione si può rapportare al cammino che contrassegnò
l'esistenza di ogni ebreo. Naturalmente una vita consacrata da queste
molteplici condizioni aspira ad una vita, nel suo temporale divenire,
che sia interamente plasmata dall'attesa del Messia. Questo
orientamento spirituale, per la maggior parte degli Ebrei, non
risultava più così comprensibile, specialmente nel momento in cui
esso assunse le forme dell'Inquisizione spagnola durante la
Reconquista.
L'immagine dell'innocente in tribolazione,
specialmente com'è descritto nel Cap.53 di Isaia, rimane un punto in
comune tra Ebrei e Cristiani, anche se da questo punto parte il loro
più grande conflitto.
In primo luogo, la fede di ogni credente, sia esso
Ebreo o Cristiano, inciampa nell'incomprensibile ingiustizia divina.
Il Nuovo Testamento riprenderà questa prova di fede dal vocabolo
greco skandalon. Come vi si può cogliere il suo valore di
Redenzione?
In secondo luogo, l'esatta dicitura della Scrittura
la rappresenta come un simbolo israelitico, ma anche come una
caratteristica messianica. Gli accecanti tormenti della storia hanno
oscurato la visione a Cristiani ed Ebrei, così che noi ci inganniamo
nel riconoscere Israele nel suo Messia o il Messia nascosto in
Israele. E il tempo della storia era stato tempo delle nazioni
unicamente per permettere al seme di Israele di germogliare in loro?
Giudei e Cristiani non si sono integrati e si disprezzano
vicendevolmente nelle incomprensioni della storia. Hanno anche
represso le loro speranze per una riunificazione finale. E così come sono separati nella cognizione della stessa elezione
e dell' attesa, essi nutrono diverse prospettive future circa la promessa
unificazione dell'umanità
Il Professor Ady Steg, presidente dell'Alleanza
Israelitica Universale, ha recentemente cominciato uno studio biblico
di Isaia 53, [7]
cui Ebrei e Cristiani sono invitati a partecipare. Questo lavoro
congiunto nello scambievole rispetto è, a mio avviso, un segno certo
di inizio di una nuova era.