Elezione e gelosia
Probabilmente fu l'Assemblea Jamnia che, nell'anno
90, allontanò dalla Sinagoga gli Ebrei che erano diventati discepoli di
Cristo. Molto tempo prima, nel 50 o 60 A.D., Paolo
di Tarso cercò di suscitare "gelosia" nei suoi fratelli
Farisei contro i pagani che invece erano seguaci del Messia. Come egli
scrisse ai Romani (11,14) "egli sperava di eccitare quelli della
sua razza alla gelosia" Con i suoi scritti egli ci suggerisce di emulare
gli ebrei nella
fedeltà alla elezione operata dal Dio vivente. La "gelosia" che Paolo esige non
è l'invidia arrogante
ed omicida, non si tratta dell'invidia assassina che si impadronì dei figli di Giacobbe nei
confronti del loro fratello Giuseppe (Genesi 37), ma la divina gelosia
che costituisce l'aspetto ardente della predilezione d'amore. Per
l'apostolo Paolo, essa costituisce addirittura la chiave di lettura per
la storia, per l'elezione, per il Patto, per la salvezza:
"riserbare l'eletto" come "resto" per la
"riconciliazione del mondo". In questo "resto" e nel
"mettere da parte" le Scritture, specialmente i Profeti Isaia
(11,1; 60,21) e Daniele (11,7) ci rivelano l'azione di Dio del tagliare e prendere un
germoglio proveniente dalla santa radice, per riconciliare il mondo e
guidarlo dalla morte alla vita (cf. Romani 11,15)
Il duplice significato del termine gelosia nella
Bibbia dove si descrive e l'umana presunzione e la premura divina nei
confronti dell'uomo, ci induce ad una doppia lettura della Scrittura e
ad un doppio comportamento nei confronti della Storia.
Tra gli uomini la gelosia è la parodia dell'amore,
che ha lo scopo di legare e, alla fine, allontana. La gelosia di Dio è
testimonianza dell'assolutezza nell'amore, di preferenza nella scelta,
di intransigenza nella fedeltà, persino qualora si fosse abbandonati.
L'umana gelosia vuole distruggere l'oggetto dell'amore; la gelosia di
Dio supera la punizione e alla fine ristabilisce la vita eterna.
Quello che accadde tra Ebrei e Cristiani durante i
passati 20 secoli è tragedia di umana gelosia che assunse l'aspetto di
divina gelosia. Questo fervore geloso, che era troppo umano, assunse
diversi aspetti a seconda che le parti in causa fossero Ebrei o Cristiani.
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La gelosia Cristiana nei confronti di Israele
prese molto rapidamente la forma di una rivendicazione di una eredità:
liberandosi semplicemente dell'altro che è così vicino eppure così
diverso. La sostituzione di Giacobbe con Esaù - il figlio più
giovane con il più vecchio - fu usata come giustificazione. Ma
allora cosa dire di Giuseppe, che i suoi fratelli pretendono di
assassinare? Essi volevano far sparire il più giovane così da
trattenere per sé il privilegio dell'amore del proprio padre. E così
chi si identifica in queste figure bibliche?
Parecchie parabole di Gesù trattano dell'eredità
e della sua appropriazione. Una di queste storie è particolarmente
sinistra. È il caso dell'assassinio del diletto Figlio, il più
grande ed unico, giacché il primogenito è per definizione
l'unico. Questa parabola (Marco 12, 1-12) si riferisce all'omicidio
di questo Figlio ad opera di coloro ai quali era stato chiesto
soltanto di prendersi cura della vigna. Il punto è che loro
vogliono impadronirsene. A chiunque ascolti questa storia oggi, il
suo significato appare sorprendentemente ambivalente, in quanto può
essere interpretato come premonitore dell'assassinio di Gesù o di
Israele, l'unico Figlio.
I pagani diventati Cristiani ebbero accesso alle Sacre Scritture ed
alle celebrazioni ebraiche. Ma l'invidia, atteggiamento troppo
umano, li indusse ad escludere ed estromettere gli Ebrei. Nei loro
primi tentativi di evangelizzazione, gli apostoli Pietro e Paolo
intesero dividere con i pagani la grazia ricevuta dalla gente
ebraica. Con la celebrazione dell'adempimento delle promesse del
Messia, i primi apostoli generosamente avevano concesso ai pagani di
mantenere una diversa condizione (Atti 15, 5-35) insieme con gli
Ebrei. Ma il numero e la potenza dei pagani ammessi alla Chiesa del
Messia sconvolse l'ordine rovesciato di distribuzione della
salvezza. Questo movimento mirava a privare l'esistenza giudaica dei
suoi concreti, carnali e storici contenuti, arrivando a considerare la
vita della Chiesa fino alla storia più recente, come il compimento
ultimo della speranza e della vita ebrea. Così fu sviluppata la
teoria della sostituzione.
Quando si parla di Ebrei e non-Ebrei, Paolo ha affermato: "Non
esistono Ebrei e Greci, schiavi e liberi, maschi e
femmine" (Lettera ai Galati 3,28 - Cf. anche 1Corinzi 12,13).
Egli non ignorava l'oneroso tempo storico e l'attesa. Ma in questa
abbagliante prospettiva egli annunciava il compimento del disegno di
Dio e l'assunzione di tutti alla gloria della benedizione. "Gli
Ebrei" e "le Nazioni" sono categorie bibliche. E
allora dove sono i Cristiani? L'antica eloquenza distingueva tra Cristiani
Ebrei e Cristiani Gentili. Possiamo reperire tracce di ciò
nel vecchio mosaico romano di S. Sabina (422-430 A.D.).
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Roma
- S. Sabina
particolare mosaico V Sec.
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Si possono vedere due figure su entrambi i lati
della consacrazione: sono anziane donne velate con in mano un libro
e sotto, rispettivamente, questa didascalia: "Ecclesia ex
circumcisione - la Chiesa della circoncisione" e "Ecclesia
ex gentibus - la Chiesa dei gentili".
La Chiesa della circoncisione sopravvisse come poté. Ma allorché
Costantino garantì ai Cristiani una tolleranza che equivaleva ad un
riconoscimento della cristianità nella vita dello stato ed il
cristianesimo divenne la religione dell'Impero, gli Ebrei furono brutalmente
respinti. Questa era una maniera semplicistica e brutale per negare
alla redenzione il tempo e il travaglio del parto che essa richiede,
tenendo conto del tempo necessario al suo completamento "un'ora o un giorno nessuno lo
sa" (Matteo 24,36). La mitologia della sostituzione del popolo
Cristiano al posto del popolo Ebreo favorì una segreta,
inestinguibile invidia legittimando la captazione dell'eredità
d'Israele, di cui possono essere offerti innumerevoli esempi [4]
Questa rivalità tra fratelli costituì una particolare svolta nei
rapporti tra Ebrei e Cristiani durante il Medioevo e persino in
tempi moderni [5].
I dotti sapevano che le Sacre Scritture furono ricevute dagli ebrei,
ed anche la Rivelazione e, persino in maniera più essenziale, la
fonte di salvezza. Nell'antichità parecchi teologi cristiani
appresero la lingua ebraica in modo da leggere la Bibbia nella sua
lingua originale e raccogliere dai rabbini l'insegnamento delle
tradizioni più antiche.
Ma contemporaneamente, l'invidia aggiunse agli scontri con gli
Ebrei, che non accettavano Gesù come Messia, ulteriori pregiudizi. Questa invidia indusse molti cristiani a partecipare a
polemiche appassionate, che alla fine alimentarono
l'anti-semitismo, preparando le sue sanguinarie, tragiche
manifestazioni con le infami calunnie di assassini rituali come con
parecchie altre orribili menzogne che hanno contraddistinto il
nostro secolo, come "il protocollo dei savi di Sion"
e la letteratura antisemita
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Si può dire che molti Ebrei ricambiarono e
risposero con uguale ostilità. [6]
Quei Cristiani erano solo gentili! Le loro rivendicazioni senza
fondamento! Tutto quello che li riguardava e li sfiorava rientrava
nella categoria dell'impurità. Comportamento sensato, a quel
tempo e nella situazione di esilio in cui si trovavano, sarebbe stato di ignorarli e di
rigettarli nello stesso vuoto spirituale degli altri pagani: perché,
pensavano gli Ebrei, la cristianità più di ogni altra religione
non-ebrea avrebbe diritto a qualche speciale considerazione?
Tutto ciò che peculiarmente rappresentava la fede
cristiana poteva solo essere compreso come foriero di violenza e
morte, le cui vittime erano gli Ebrei. I relativi simboli non avrebbero potuto più significare in
alcun modo misericordia, perdono o amore.
Essi erano soltanto orribili disegni che era meglio non guardare,
nemmeno degni di essere pensati o menzionati, in quanto
presentimenti di morte e di suprema empietà!
Tuttavia questo parallelismo circa gli atteggiamenti spirituali
cristiani ed ebrei non potrebbe essere sviluppato oltre, poiché
l'equilibrio politico era vistosamente impari. La reciprocità
per ciò che attiene la mancanza di comprensione e disprezzo è
eloquente. Ciò che è significativo sono le affinità e le
contraddizioni che possono essere scorte nel rapporto sia degli
Ebrei che dei Cristiani con la storia universale.
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