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La letteratura rabbinica si divide
in due grandi rami: uno a carattere più spiccatamente
precettistico (halachico ), e l'altro di carattere narrativo
(haggadico) e interpretativo del testo sacro e in
particolare della Legge, della Torah. Al primo
appartiene la Mishnah, Corpus di norme, redatto alla
fine del II sec., contenente materiale giuridico ma
soprattutto religioso; preziosa fonte per conosce re la vita
del pio israelita nell'epoca intorno al sorgere del l'era
cristiana, la sua vita liturgica, privata e pubblica, i suoi
principi morali, ecc.
Si divide in sei « ordini » : Semente, Festività, Donne (
diritto matrimoniale), Danni ( diritto civile e penale),
Cose sacre, Cose pure. Ciascun « ordine » è risuddiviso
in « trattati ».
È la Mishnah che costituisce
la base su cui si sviluppano le due redazioni del Talmud; le
singole parti di essa vennero fatte oggetto di discussione
approfondita da parte dei dottori (Rabbini) nelle accademie
apposite, in Palestina e in Babilonia, dove era sempre
rimasta una comunità ebraica fin dal tempo dell'esilio nel
586 a.C., comunità che dal III sec. in poi venne ad
assumere una importanza preponderante nell'ebraismo.
Possiamo considerare il Talmud babilonese e il Talmud gerosolomitano
come la raccolta dei verbali delle discussioni intorno al
testo della Mishnah.
La
discussione tende soprattutto a riallacciare la prassi
codificata nella Mishnah al testo biblico e a giustificarla in
base ad esso, per mezzo di determinate regole ermeneutiche.
Naturalmente nel corso della discussione si introducono gli
argomenti più diversi, così che il Talmud è una fonte
inesauribile per la conoscenza di tutta la vita degli ebrei
nei primi secoli dell'era cristiana; vi troviamo materiale
storico, mitico, aneddotico, geografico; in base ad esso
possiamo ricostruire il credo degli ebrei intorno a Dio, la
Sua attività creatrice, la Sua provvidenza, la Sua giustizia,
gli angeli e i demoni, la vita futura, l'escatologia, il
messianesimo, l'elezione d'Israele, ecc.; vi troviamo la
saggezza di antichi maestri, e la spiritualità e la pietà
d'Israele risuona profonda in numerose preghiere.
Il Talmud palestinese si
ritiene concluso nel V sec.; quello babilonese fu invece
sottoposto alla revisione dei dottori detti « saborei », che
ne vagliarono minuziosamente il materiale, dandogli anche una
forma non scevra di artifici letterari; la redazione di esso
si conchiude nel VI secolo (1).
Inseriti nel Talmud si
trovano alcuni trattati di origine probabilmente posteriore
alla Mishnah, fra cui famoso è Aboth de-Rabbi Nathan, che
è un'esposizione a carattere moraleggiante del trattato
mishnico « Sentenze dei Padri », e Sopherim, fonte di
grande interesse per la conoscenza dell'antica liturgia
giudaica.
Il materiale normativo (halachico)
che non aveva trovato posto nella Mishnah venne anch'esso
riunito, al principio del III sec., in un'altra raccolta,
detta Tosephta « Aggiunta ».
La halakhah mirava a
regolare le azioni secondo le norme del giure religioso, ma la
funzione della Torah non si esaurisce in questo; essa deve
anche consolare ed edificare. Questo compito viene assolto
dalla haggadah, cioè dalla letteratura interpretativa
e narrativa (haggadica), che viene indicata con il termine
generico di midrash ( dalla radice darash, «
ricercare » e « indagare » ).
Forse più
ancora della letteratura halachica, quella haggadica è un
mondo, e possiamo indicarne solo le raccolte più importanti;
bisogna distinguere in essa i midrashim di carattere
più direttamente esegetico, da quelli prevalentemente
narrativi o a sfondo etico; alcuni rispecchiano la
predicazione nella Sinagoga, ecc.
Raccolte haggadiche esistevano a
partire dall'inizio del III sec., ma nelle più antiche fra di
esse sono raccolti elementi anteriori, così che possiamo
asserire di cogliervi, almeno qua e là, l'eco del mondo in
cui ha vissuto Gesù. Il periodo veramente produttivo del midrash
corrisponde all'epoca talmudica e si esaurisce più o meno
intorno al VI sec. Comincia allora l'epoca della raccolta e
della redazione definitiva del materiale, periodo che arriva
fino circa al XII sec.
I più antichi midrashim dovuti
ai maestri del periodo della Mishnah si attribuiscono
parte alla scuola di Rabbi Aqiba (m. 135), e parte alla scuola
del suo contemporaneo Rabbi Jishmael; li divide una certa
differenza nell'uso delle regole ermeneutiche, e l'interesse
giuridico che, nelle opere dovute alla scuola di Rabbi Aqiba,
si mescola a quello haggadico, mentre nelle opere della scuola
di Rabbi Jishmael l'intento narrativo è prevalente.
Al primo
gruppo appartiene il Sifrà, detto anche Torath
Kohanim, che prende in considerazione il Levitico; il Sifrè
a Numeri e a Deuteronomio. Ci sono poi due commenti a
Esodo, detti ambedue Mekhilta: quello che prende il
nome di Rabbi Shimon ben Johaj è della Scuola di Rabbi Aqiba,
mentre l'altro appartiene alla Scuola di Rabbi Jishmael,
insieme con un altro Sifrè a Deuteronomio; tuttavia
l'attribuzione a una scuola o all'altra non va intesa in
maniera assoluta. Si tratta di commenti parziali e non
sistematici ai libri biblici.
Carattere di commento sistematico al
Genesi ha il più antico midrash esegetico, detto Genesi
rabba (be-reshit rabba); esso contiene materiale assai
antico, anche se il periodo della redazione di esso è
incerto. Non vi mancano interpretazioni a carattere normativo,
ma vi si rispecchia soprattutto la tradizione haggadica
palestinese, come nel midrash a Lamentazioni (Ekhah
Rabbathi), che appartiene anch'esso ai più antichi midrashim
esegetici. Fra i più recenti ricordiamo invece il midrash
ai Salmi e ai Proverbi.
Quanto ai midrashim omiletici, si
discute se il più antico sia la raccolta Pesiqta de Rab
Kahana (detta anche Pesiqta semplicemente) o il Levitico
rabba (wa-jiqra rabba). C'è chi ritiene addirittura Pesiqta
come la più antica raccolta midrashica; alcuni la
ritengono contemporanea di Genesi rabba, altri vedono
invece in Lamentazioni rabbati e in Levitico rabba una
fonte di Pesiqta.
Si
tratta comunque di testi antichi, contenenti materiale assai
antico. Pesiqta contiene le omelie alle letture del
Pentateuco prescritte per i sabati distinti e le feste, e le
omelie ad alcune letture profetiche. Omelie alle stesse
letture e ad altre letture della Torah e dei profeti
sono raccolte in Pesiqta rabbati, così detta per
distinguerla dalla più antica raccolta dello stesso nome.
Alla letteratura haggadica del primo
periodo appartiene anche la Megillath Taanit, «
Rotolo del digiuno », dove sono indicati i giorni in cui si
è prodotto qualche fausto evento della storia d'Israele e nei
quali quindi è proibito digiunare. È un'opera a carattere
storico, nella quale tuttavia la storia è abbellita da
elementi popolari. Dello stesso genere ma posteriori sono il Seder
Olam e i Pirqè Rahhi Eliezer, databili forse all 'VIII
sec.
Nel V sec. vive in Palestina il famoso
haggadista Rabbi Tanhuma bar Abba, che iniziò la raccolta
sistematica e la presentazione letteraria della haggadah. Sotto
il suo nome è nota la grande collezione omiletica che copre
tutto il Pentateuco, seguendo le divisioni in pericopi della
lettura liturgica settimanale. Esiste un midrash Tanhuma A (edito
da Salomone Buber), e un midrash Tanhuma B, conosciuto
anche come Jelammedenu (« Insegnaci »), dalla frase
con cui si introducono le domande su questioni halachiche.
Sono caratteristiche di queste omelie le conclusioni
consolatorie a carattere messianico.
Dipendono dal midrash Tanhuma le
raccolte omiletiche di Esodo rabba (shemoth rabba), Numeri
rabba (be-midbar rabba); mentre Deuteronomio rabba (debharim
rabba) dipende piuttosto dal Talmud palestinese, da Genesi
rabba e da Lamentazioni rabbati; secondo Zunz
andrebbe datato al 900.
Si collega invece ancora al midrash
Tanhuma la Aggadath Eereshith, la cui
particolarità consiste nella triplice divisione di ogni
omelia: la prima parte si collega a un passo di Genesi, la
seconda a un brano profetico e la terza a un testo degli
agiografi. Si può forse trarre da qui l'indicazione di quale
fosse la lettura profetica (haftarah} che seguiva
ciascuna pericope di Genesi. I midrashim omiletici sono
comunque preziosa fonte per la conoscenza dell'anno liturgico
giudaico e in genere della vita liturgica della Sinagoga.
I midrashim ai « Cinque Rotoli »
(Esther, Cantico dei Cantici, Lamentazioni, Ruth ed
Ecclesiaste) si trovano riuniti a partire dalla editio
princeps di Pesaro nel 1519; si tratta tuttavia di opere
indipendenti l'una dall'altra. Di Lamentazioni rabbati abbiamo
già detto. Cantico rabba (shir ha-shirim rabba) è
un'opera di compilazione che raccoglie, seguendo verso per
verso il testo biblico, materiale tratto in gran parte dal
Talmud palestinese, da Genesi rabba, da Pesiqta e
Levitico rabba. Il testo biblico viene interpretato per
lo più in senso allegorico, ricercandovi allusioni di
carattere mistico all'incontro tra Dio e il Suo popolo.
Anche Ruth rabba è un commento
verso per verso al libro biblico, preceduto da un lungo
proemio. Le fonti sono le stesse del midrash al Cantico.
Opera di compilazione è anche il midrash
a Ecclesiaste (Qoheleth rabba); il compilatore attinge a Genesi
rabba al midrash a Lamentazioni e a Cantico, e anche a
fonti omiletiche, come Pesiqta e Levitico rabba.
Il midrash Megillath Esther, contiene
anch'esso materiale attinto a fonti antiche (Talmud
palestinese, Genesi rabba, Levitico rabba), com'è
naturale, dato che il Libro di Esther fu fatto oggetto di
studio nelle scuole rabbini - che già in tempi assai remoti;
inoltre vi si trovano dei brani interpolati, che si ritengono
tratti dal Josippon, opera composta in Italia nel IX
sec. che tratta, alla maniera haggadica, la storia d'Israele
dalla caduta di Babilonia alla distruzione del Tempio. Le
interpolazioni riguardano il sogno di Mardocheo e la sua
preghiera, la preghiera di Esther e la sua comparsa davanti al
re, passi che non fanno parte del testo ebraico di Esther, ma
ci sono pervenuti in greco.
Le grandi raccolte midrashiche ci
riportano infine a tempi più tardi. Leqah tobh sarebbe
dovuto a Tobia ben Eliezer (sec. XI-XIl) e copre tutto il
Pentateuco e i Cinque Rotoli. Il Midrash ha-gadol è
posteriore a Maimonide, ma conserva alcuni midrashim del
primo periodo che non ci sono altrimenti noti. Il grande
Thesaurus a tutto l' Antico Testamento porta il nome di Jalqut
Shimoni; contiene materiale halachico e haggadico. Di un
secolo più tardo è il Jalqut ha-Makhiri.
L
'enumerazione dei midrashim è ben lungi dall'essere
completa, ma per amore di chiarezza preferiamo limitarci alle
opere di importanza fondamentale (2).
Va aggiunta ancora una parola a
proposito delle traduzioni aramaiche della Bibbia, il Targum (3).
L'origine del Targum è sinagogale; sorse presto -
forse addirittura dall'epoca del ritorno dall'esilio - il
bisogno di tradurre il testo biblico per quelle comunità che
non capivano la lingua ebraica. Anche la traduzione greca,
detta dei settanta, è dovuta a un'esigenza dello stesso
genere. Il Trattato Sopherim (10, 1) stabilisce le
regole per tali traduzioni: il traduttore (meturgeman) deve
tradurre la Torah un versetto alla volta; i profeti tre
versetti alla volta. Si sono venute formando così varie
raccolte targumiche.
Ogni traduzione, anche letterale, è sempre un po'
un'interpretazione del testo; nel Targum poi molto
spesso il meturgeman si allontana dal testo, lo
abbellisce, vi aggiunge materiale haggadico. In tal modo il Targum
diventa una importantissima fonte per la conoscenza del
giudaismo tanto più importante in quanto gli studiosi sono
oggi per lo più d'accordo nel riconoscere un'origine
precristiana al materiale targumico, anche se redatto più
tardi.
La scoperta sensazionale avvenuta nel 1956
di un manoscritto di un Targum completo - meno pochi
versetti tralasciati per errore di scriba - al Pentateuco,
chiamato dall'indicazione del frontespizio Codice Neofiti, ha
destato nuovo interesse per questi studi, e si è visto che
gli argomenti che il Kahle aveva portato per rivendicare una
data assai antica ad alcuni frammenti targumici d'origine
palestinese rinvenuti al Cairo, valevano anche per questo
testo.
Il Codice Neofiti contiene un Targum per lo più -
sopratutto per Levitico e Deuteronomio - sobrio e fedele al
testo biblico, tanto che si pensa a una redazione più o meno
ufficiale. I lunghi passi haggadici, che malgrado tutto si
sono conservati, sarebbero dovuti probabilmente alla veneranda
antichità di talune tradizioni o anche a particolari usi
liturgici.
Sta di fatto che la situazione degli
studi targumici si è venuta capovolgendo: il Targum detto
Onqelos, traduzione quasi letterale dei cinque Libri di
Mosè, era ritenuto come il più antico e di origine
babilonese; ora si pensa invece che esso sia un'abbreviazione
del Targum palestinese, detto pseudo Jonatham e che
contenga haggadah palestinese. L 'Onqelos è
redatto in un aramaico di scuole, detto « aramaico imperiale
», idioma in cui sono redatte anche le parti aramaiche della
Bibbia.
Il Targum pseudo-Jonathan, detto
anche Jerushalmi, copre anch'esso tutto il Pentateuco,
ma è più perifrastico dell' Onqelos, incorporando
materiale haggadico, che diventa assai abbondante nella
seconda recensione di esso, nota come « Targum frammentario
», perché conservato solo per un numero complessivo di 800
versetti. È stato constatato che l'antico midrash Genesi
rabba si riferisce sempre - meno una o due volte - al Targum
palestinese, e non all'Onqelos, cosa che viene a
confermare la datazione antica del primo.
Esiste ancora un Targum ai
profeti detto di Jonathan ben Uzziel, scritto nella
lingua del Targum Onqelos. Anche in esso sono state conservate
tradizioni assai antiche: è spiegabile ad es. che
l'interpretazione in chiave messianica che esso dà del passo
di Michea 5,2 «Da Te, Betlemme, uscirà il Messia » ) sia
stata conservata dopo la nascita del cristianesimo, ma non si
può supporre che vi sia stata inserita dopo.
Mentre il Targum al
Pentateuco e ai profeti era la traduzione ufficiale della
Sinagoga palestinese, il Targum agli agiografi non ha
mai raggiunto l'importanza degli altri; la cosa ha il suo lato
positivo, perché esso ha così goduto di una maggiore
libertà nell'uso delle parafrasi, conservando quindi
tradizioni haggadiche interessanti. Le constatazioni di una
parentela tra il Targum di Proverbi e la traduzione
siriaca dello stesso testo, anzi la supposizione Che la
seconda dipenda dal primo, fanno pensare anche in questo caso
a una datazione antica.
L'attribuzione del Targum al
Pentateuco a Onqelos e di quello dei profeti a Jonathan
è una finzione, con la quale si voleva affermare che
quello che Aquila e Teodozione avevano fatto per gli ebrei di
lingua greca era stato fatto anche per quelli fra loro che
parlavano aramaico. I Targumim non sono opera
personale, fatta a tavolino, ma rispecchiano la catechesi
viva.
In quanto all'importanza del Targum
per la conoscenza dell'ambiente in cui è sorto il
Vangelo, ci limitiamo a riportare le parole del noto studioso
francese, Roger Le Deaut:
«
...le ricchezze contenute nelle fonti targumiche fanno parte
di quella 'tradizione' del popolo di Dio, in Cui gli autori
ispirati hanno attinto per esprimere il messaggio di Cristo.
Noi cattolici che insistiamo tanto, a ragione, sul valore
della Tradizione dovremmo essere pronti a considerare con
molta simpatia tutte queste ricchezze religiose che
costituivano una parte della religione di coloro per
mezzo dei quali ci è venuta la luce del Vangelo » (La
Nuit Pascal, Rome, 1963, p. 58).
Ci
siamo talvolta riferiti anche a testi liturgici; aggiungiamo
quindi qualche notizia sommaria anche intorno ad essi.
Il grande riformatore della liturgia
giudaica fu Rabban Gamlièl Il, che visse al tempo della
distruzione del Tempio (70 d. C.). Come il suo contemporaneo
Rabbi Johannan ben Zakkaj riconobbe la necessità di alcuni
cambiamenti nella Legge (abolì per esempio la prova delle «
acque amare » per la donna sospetta di adulterio), così
Rabban Gamlièl sentì un bisogno analogo per quel che
riguarda la liturgia e affrontò con decisione la situazione
cambiata, in conseguenza della caduta del Tempio. Come Rabbi
Johannan ben Zakkaj cercò in qualche modo di sostituire
Gerusalemme, organizzando l'accademia di Jabne, così Rabban
Gamlièl compensò con l' organizzazione della preghiera -
considerata « sacrificio delle labbra » - il culto
sacrificale, caduto con il Tempio.
Le più antiche indicazioni liturgiche
si trovano nella Mishnah e nella Tosefta, dove
troviamo però per lo più indicazioni di carattere rubristico
( v. in particolare i trattati dell'ordine « Festività » ),
e solo raramente il testo vero e proprio di preghiere.
Si incomincia evidentemente ad andare
verso una fissazione della struttura liturgica, rimasta fino
ad allora piuttosto fluida; tale fissazione riguarda però
ancora piuttosto il quadro esteriore e non le formule. Mishnah
e Tosefta sono tuttavia preziose per ricostruire
almeno la struttura di gran parte dell'antica liturgia
ebraica, e ci permettono di constatare il perdurare fino ad
oggi di antichi elementi liturgici. Le notizie contenute
nelle due antiche raccolte rabbiniche vengono naturalmente
riprese e ampliate più tardi nella discussione talmudica.
Carattere ancora più o meno
rubristico ha Massekheth Sopherim (il trattato degli «
Scribi » ), che fornisce fra l'altro importanti notizie
intorno alle letture liturgiche sinagogali (benedizioni che le
accompagnano, spiegazione e traduzione di esse, numero dei
lettori, ecc.), e rispecchia gli usi gerosolomitani. Si
discute se far risalire la sua redazione al VI o all'VIII
sec.; comunque contiene materiale, che risale all'epoca della Mishnah.
Non sappiamo se la terribile
proibizione contenuta in Tosefta Shab. 14, 4:
« Chiunque redige in iscritto una preghiera, commette un
peccato, come se bruciasse la Torah » sia stata realmente
ritenuta valida e per quanto tempo. Comunque la grande epoca
di redazione delle raccolte di preghiere (siddurim) inizia
nell'VIII-IX sec., con il siddur di Amram gaonita (4);
è un documento ufficiale dell'accademia di Sura, la cui fonte
principale è il Talmud babilonese e rispecchia la
tradizione liturgica babilonese.
Nel X sec. il gaonista Saadjah redige
egli pure un siddur, che rispecchia la prassi liturgica
palestinese.
Una specie di Thesaurus
liturgico è il Mahsor Vitry, compilato da Simha ben
Shemuel, talmudista francese del XII sec. alunno di Rashj, con
aggiunte di altri; vi troviamo raccolte di rubriche,
preghiere, commenti a testi liturgici ecc. Altra inesauribile
fonte di notizie liturgiche è Mishneh Torah di
Maimonide.
(1)
Il Talmud babilonese è tradotto in tedesco da Goldschmidt,
Berlin 1929-36 e in inglese da J. Epstein, London
1936-48; quello palestinese è tradotto in francese da M.
Schwab, Paris 1871-89; ristampato a Parigi. La Mishnah è
tradotta in italiano da V. Castiglioni, Mishnaioth, Sabatini
1962, di cui sono usciti per ora quattro ordini. Non ci
dilunghiamo su questa letteratura, rimandando a: E. Zolli, Il
Talmud Babilonese, Trattato delle Benedizioni, con Introd.
alla Letteratura talmudica di S. Cavalletti, Bari 1958; Strack
u. Billerbeck, Einleitung in Talmud u. Midrash, Munchen 1921.
(2) Un certo numero di
midrashim è stato tradotto da A. Wünsche in « Biblioteca
Rabbinica »; per notizie su di essi v. Str ack u.. Billerbeck,
o. c.; il Midrash rabba è tradotto in inglese, ed.
Soncino, Londra 1939, ristampato nel 1951 e 1961.
(3) V. A. DlEZ MACHO, Targum
y Nuevo Testamento, Melan E. Tisserant, Città del
Vaticano 1964, I, 153 ss.
(4)
Di una parte del siddur
di AMRAM esiste una traduzione inglese con testo e
commento: Hedegard D., Lund 1951.
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