Pubblichiamo
questo intervento della nostra Presidente, perché i nostri visitatori
possano cogliere una voce che non usa due pesi e due misure nel
doloroso dramma che divide i popoli Palestinese e Israeliano.
Aggiungiamo un particolare a nostro avviso non secondario. In
quell'occasione la Basilica della Natività fu ridotta un
immondezzaio: il complesso offriva altri spazi; non era necessario
bivaccare nel luogo sacro. Di questo nessuna grancassa mediatica ha
parlato. Ci chiediamo: e se fosse successo in una Moschea....? [La
Redazione LnR]
A Padre Luciano Bertazzo
Direttore editoriale “Messaggero di S. Antonio” - Padova
Reverendo fra Luciano,
nel suo Editoriale di fine anno, Lei ci ricorda che
“dicembre è, soprattutto per i cristiani, Natale. Il tempo
della tenerezza di Dio…”. Subito dopo, Lei parla del libro “L’assedio
della natività” e fa una riflessione sul luogo sacro dove è
nato Gesù dicendo che lì “oggi non potrebbero presentarsi né
i pastori, né gli angeli, senza il rischio di essere presi a
mitragliate”. Ma presi a mitragliate da chi, scusi? Dagli
israeliani, forse!? Sono loro quelli che a Natale hanno l’abitudine
di circondare la Natività con i carri armati e le mitragliatrici, non
è così?
Sempre nel suo Editoriale, Lei cita padre Ibrahim,
noto agli italiani per i suoi interventi televisivi e i suoi ripetuti
appelli in favore dei poveri palestinesi come lui. Questo padre
francescano, davanti alle telecamere di mezzo mondo, aveva caldamente
abbracciato un terrorista palestinese che lasciava la Basilica della
Natività dopo che, in compagnia di decine di altri terroristi armati,
aveva tenuto i frati in ostaggio per alcune settimane ed aveva messo a
repentaglio l’incolumità di molte persone. Bel gesto, il suo! Un
gesto davvero evangelico! Ma sa dirmi Lei se almeno uno di quei
soldati israeliani che hanno liberato la Basilica (e i frati!) dai
terroristi palestinesi, abbia poi ricevuto da padre Ibrahim Faltas lo
stesso fraterno abbraccio?
La verità, caro fra Luciano, è che in Terra
santa, anche chi davvero non dovrebbe, usa due pesi e due misure.
Tutto ciò è chiaro e lampante e fa male al cuore di chi non è di
parte. Molti cristiani come me sono sconcertati e delusi da certi
uomini di Chiesa che, potendo fare molto per la pace, hanno imboccato
la strada del compromesso e del senso unico.
Nel suo Editoriale di novembre del 2000,
intitolato: “Ancora sangue nella terra di Gesù”, Lei giustamente
dice che “Ogni popolo ha il diritto di avere una patria certa
entro confini sicuri”.
Questo però non è mai accaduto per lo stato di
Israele che, a partire dalla sua costituzione, ha dovuto difendersi
prima dai suoi agguerriti vicini arabi e poi dai terroristi
palestinesi. L’Intifada di due anni fa non è stata causata, come
Lei dice, dalla famosa passeggiata di Sharon, perché era già stata
programmata, come hanno affermato più tardi alcune fonti vicine ad
Arafat.
Finché ci saranno persone decise a distruggere
Israele con ogni mezzo, ed altre che approvano il loro operato, non
potrà esserci quello stato palestinese che tutti vorremmo. E finché
certi uomini di Chiesa, approfittando delle cariche che ricoprono,
faranno del Natale di Betlemme un evento mediatico che inculchi odio
verso Israele, non potrà esserci pace. Quest’anno, proprio nel
luogo in cui il “Principe della pace” si è fatto carne, sono state
pronunciate parole troppo violente, parole che generano ostilità e
rancore. Per il secondo anno consecutivo, abbiamo anche assistito alla
patetica messinscena della sedia vuota… quasi fosse riservata al
Messia! Certi gesti plateali, uniti a frasi infuocate, non possono che
provocare reazioni violente, in contrasto con l’evento spirituale,
con la dignità del luogo sacro e con la figura della persona che li
compie.
E’ forse giunto il tempo che certi leaders, ecclesiastici
e non, lascino finalmente il loro posto ad altri uomini di buona
volontà, liberi da pregiudizi e odi atavici. Lascino il posto a
uomini che sappiano costruire la pace senza dover ricorrere a marce
ambigue e a proclami televisivi eclatanti.
Dopo tanta distruzione e tanto dolore, è giunta l’ora
di rimettere il Bambino di Betlemme al suo giusto posto: nel cuore
degli uomini! Solo allora sarà Natale e verrà per tutti “il tempo
della tenerezza di Dio”, come lei dice.
Auguri di pace.
Vittoria Scanu
nostreradici@fastwebnet.it
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