In Piazza per Gerusalemme
Magdi Allam, sul "Corriere della Sera", 2 novembre 2005

L'invettiva iraniana e l'attacco dei kamikaze. Un nesso tra le atrocità del terrorismo di matrice islamica in Iraq e la condanna a morte annunciata dalla teocrazia islamica iraniana nei confronti di Israele.


C'è un nesso tra le atrocità del terrorismo di matrice islamica in Iraq e la condanna a morte annunciata dalla teocrazia islamica iraniana nei confronti di Israele.
Ma c'è anche un nesso con le minacce a «tutti i sionisti italiani» che domani manifesteranno a Roma contro il presidente Ahmadinejad. È l'ideologia dello scontro, della violenza, della morte. Ieri a Kirkuk, secondo le testimonianze, avrebbe fatto il suo esordio il baby-kamikaze, l'incarnazione del livello più infimo e abietto di una mostruosa strategia terroristica che non ha avuto remore nel plagiare l'innocenza di un bambino per trasformarlo in robot della morte.
Qualcuno avrà la scelleratezza di esaltarlo come «il più giovane martire dell'islam», di celebrare l'ascesa dei brandelli di corpo deflagrato nel Paradiso di Allah. Ma per gli iracheni vittime di una spietata carneficina, per tutti coloro che hanno a cuore il valore della sacralità della vita, suona come il monito più severo per riscattarsi dall'oscurantismo nichilista che disconosce il valore della vita propria e altrui.

«L'attacco terroristico che usa i bambini per sterminare la civiltà irachena viaggia sulla stessa linea di chi vuole distruggere Israele. Si tratta di un'ideologia nazista che tenta di soffocare il diritto alla vita di tutti», afferma lo scrittore italo-iracheno Younis Tawfik, autore di L'Iraq di Saddam e che sta per pubblicare il romanzo Il profugo. Anche Wadih Said, presidente dell'Associazione iracheni in Italia, è convinto del diritto di Israele all'esistenza «e sono certo che la maggioranza degli iracheni in Italia è d'accordo».
Il paragone con il nazismo riaffiora nella condanna di un gruppo di italo-iraniani che considera l'invettiva di Ahmadinejad contro Israele «del tutto estranea alla storia e alle tradizioni di un Paese che vanta secoli di convivenza con la sua popolazione di fede ebraica». «Sostenere il diritto dei palestinesi a un loro Stato indipendente», si sottolinea, «non può e non deve mettere in discussione il diritto all'esistenza dello Stato d'Israele. La strada del dialogo e della pace non passa per Auschwitz». Tra i firmatari della condanna, Ahmad Rafat (giornalista), Babak Payami (regista), Ghahreman Divanbeighi (presidente Centro culturale Iran-Italia), Farian Sabahi (giornalista). Un altro gruppo, il «Fronte degli studenti e dei laureati democratici iraniani d'Italia», annuncia che domani parteciperà alla manifestazione a Roma: «L'Iran non è quello di Ahmadinejad», sostiene il responsabile Ali Karbalai (agronomo), «Noi siamo pacifici, Israele ha il diritto di esistere, i problemi vanno risolti al tavolo delle trattative con i palestinesi, diciamo no al nuovo Hitler».

Denuncia netta anche da parte di Afifi Dessouki, italo-egiziano, consigliere comunale a San Mauro Torinese: «Questi leader iraniani sono degli esagitati, dei pazzi che nuocciono all' interesse dei palestinesi e dei musulmani. Aderisco alla manifestazione per il diritto all'esistenza di Israele ispirato dal buon senso e dal pragmatismo».
Un altro italo-egiziano, Abdel Aziz Tork, titolare di un ristorante a Milano, la pensa allo stesso modo: «Tra i miei clienti ci sono tanti ebrei e per me sono persone come le altre. Sono contrario al fanatismo. Come arabi e musulmani dobbiamo mostrare un volto civile e rispettare il diritto alla vita di tutti».
Bene. Nuove voci si elevano in seno alla maggioranza silenziosa dei musulmani d'Italia. Non solo per dire no al terrorismo e al fanatismo. Ma per sostanziare la condanna con la prova più veritiera che, oggi più che mai, è la denuncia di quanti disconoscono il diritto di Israele all'esistenza. Finalmente si comprende che la difesa del diritto alla vita di tutti è la sola garanzia affinché venga rispettata anche la propria vita. Per questo i musulmani che domani manifesteranno a Roma lo faranno per Israele, per se stessi, per tutti.
Nelle condanne riaffiora il paragone con il nazismo

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